Racconta Siena News che qualche giorno fa nella città toscana un signore si è presentato allo sportello della propria banca, chiedendo di poter disporre un bonifico. La risposta dell’impiegato è stata – racconta – agghiacciante: “Lei è finocchio, io non la servo“. Attonito, il signore è stato assistito da un altro impiegato e alla fine ha potuto fare il suo bonifico.
L’episodio è surreale. A molti sembrerà addirittura inverosimile. Ed è tale, mi vien da dire, proprio perché ormai sugli omosessuali (veri o presunti) siamo abituati a sentirne talmente tante, che anche quelle più banali (l’essere chiamato finocchio o con una delle tante espressioni disprezzabili se proveniente da adolescenti, peggio che andar di notte se da adulti…) ci sembra impossibile da credere. E invece, guarda un po’, l’omofobia non si manifesta solo in proclami solenni ma anche, anzi soprattutto, nella vita quotidiana.
E’ un peccato che non si sappia il nome della banca, perché sarebbe stato interessante domandare informazioni sulle azioni che la stessa intraprenderà, se lo farà, contro quel cassiere. Un dipendente che si rifiuta di servire un cliente adducendo una ragione tanto idiota forse non merita il posto che occupa.
Ieri, su altro fronte, è arrivata la dichiarazione del vescovo di Brindisi, Monsignor Rocco Talucci, che dal pulpito afferma di voler negare la comunione agli omosessuali. “Una cosa è l’umana comprensione alla quale tutti siamo chiamati – dice Mons. Talucci – ma elogiare l’apologia della omosessualità mi pare troppo“.
La Chiesa ha tutto il diritto di stabilire a chi si può dare la comunione e a chi no. Per carità, dovrebbe farlo solo in base a comportamenti e non a caratteristiche personali e, inoltre, dovrebbe farlo nei confronti di tutti i peccatori, anche qui veri o presunti, ma, si sa, la Chiesa è fatta di uomini e gli uomini sbagliano in continuazione. Senza voler entrare nel merito di una colpevole confusione che la Chiesa fa, e troppo spesso, tra essere omosessuali e peccare da omosessuali (che vuol dire poi avere rapporti sessuali in un certo modo), mi sfugge il significa dell’espressione “elogiare l’apologia dell’omosessualità“.
“Elogiare” ha una connotazione positiva, mentre “apologia” è termine che ricorda un delitto da codice penale (apologia di reato, apologia del fascismo ecc.), o comunque qualcosa di negativo. Ma chi, esattamente, fa apologia dell’omosessualità? Chi si mostra omosessuale, chi fa coming out, chi partecipa al Gay Pride fa dell’apologia? Mi ricorda Carlo Giovanardi, quando sosteneva che dichiararsi gay equivale a un manifesto politico.
In verità, chi riconosce le legittime aspettative delle persone omosessuali, chi valorizza la loro dignità in quanto tali, chi crede che essere gay, lesbiche o transessuali non abbia nulla a che vedere con la capacità di essere brave persone e contribuire, ciascuno con del suo, al progresso della società, non fa alcuna apologia né manifesto politico: semplicemente, dà atto della realtà o di come vorrebbe che fosse la società. O della condizione in cui si trovano paesi “civili” anche molto vicini al nostro.
Sono invece persone come il bancario senese o il prelato brindisino a proporre un manifesto politico. Un manifesto crudele, incostituzionale, che lede i diritti delle persone. Non servire un cliente perchè gay o dire che gli omosessuali non meritano la comunione rappresenta un messaggio preciso che incita alla discriminazione. Questa, sì, è apologia.
P.S. Approfitto per augurare a tutti uno splendido 2012. E ricordo che, anche se c’è la crisi economica, l’assenza di diritti continua a far sentire ugualmente il proprio peso. Il riconoscimento della dignità della persona, in tutte le sue sfaccettature e forme (dalla coppia al matrimonio, all’0mogenitorialità e così via), aumenta il benessere delle persone e quindi le aspettative di vita di tutti. Dove la dignità è di tutti, tutti sono più felici e l’economia funziona meglio. Un Paese non è solo un bilancio o un conto corrente. Un Paese è fatto di persone, che sono tali a prescindere dal loro orientamento sessuale. Che il 2012 non sia solo l’anno delle riforme urgenti e dell’emergenza economica, ma anche l’anno della dignità. Per tutti. Buon 2012.