Si sperava che la leggendaria sobrietà del governo tecnico comprendesse anche un’abitudine sconosciuta ai politici italiani: quella di evitare gli annunci con i verbi al futuro, limitandosi a quelli coi verbi al passato. Non se ne può più di ministri che vanno in tv o sui giornali a dire “faremo”: la vera sobrietà è tacere finché non si è fatto qualcosa e solo allora aprire bocca per comunicarlo e spiegarlo ai cittadini. Monti aveva cominciato bene, mantenendo il riserbo più assoluto sulla manovra e parlandone solo dopo averla varata. Purtroppo i suoi ministri fanno l’esatto contrario, sull’esempio dei predecessori, la cui logorrea era inversamente proporzionale alla concretezza.
Uno dei ministri più incontinenti è quello della Giustizia, Paola Severino che, a sentirla parlare, avrebbe già dovuto risolvere tutti i mali del settore: carceri affollate, processi lenti, sprechi di risorse, incertezza delle pene, certezza di impunità per i colletti bianchi. Nel breve volgere di un mese ha promesso braccialetti elettronici, via libera all’amnistia, norme svuota-carceri, pene più alte per tangenti, abuso d’ufficio e falso in bilancio, nuovi reati tipo traffico d’influenze e corruzione privata, ratifica delle convenzioni anticorruzione e chi più ne ha più ne metta. Ora, sarebbe assurdo pretendere che faccia in pochi giorni quel che gli altri non han fatto in 17 anni. Ma ci sono norme semplici semplici, poche righe e costo zero, che si potrebbero approvare subito. Nella sua ultima intervista quotidiana (venerdì al Corriere), la Severino auspica “una forte accelerazione e una specializzazione al processo civile”. Ecco: perché non favorire la specializzazione anche nel penale, che soprattutto su certi reati (mafia, corruzione, evasione fiscale, criminalità finanziaria, ambiente, sicurezza sul lavoro, colpe mediche, abusi sessuali, violenze su minori) richiede magistrati esperti e competenti su materie specifiche?
Una norma demenziale dell’ordinamento giudiziario Castelli-Mastella (un trust di cervelli mica da ridere) ha stabilito nel 2007 che ogni magistrato, dopo dieci anni di lavoro in un pool specializzato, deve uscirne e occuparsi d’altro. E purtroppo il Csm (complice la corrente di Md) non ha mosso un dito, anzi ha recepito con gioia, limitandosi a concedere sei mesi di proroga. Come se un’azienda che ha impiegato tempo e risorse per formare un dirigente lo spedisse a fare altre cose perché è diventato troppo bravo. Con questa folle regola già nel 1992, Cosa Nostra poteva risparmiarsi le stragi di Capaci e di via d’Amelio, visto che quando furono uccisi Falcone e Borsellino indagavano sulla mafia da ben più di dieci anni. Infatti, negli ultimi anni, il bollino di scadenza per i pm come per lo yogurt ha già falcidiato i pool antimafia di Palermo, Bari e Napoli, e dal 1 ° gennaio smembrerà (via sei pm su nove) il gruppo torinese di Raffaele Guariniello specializzato in sicurezza sul lavoro, salute e ambiente (processi Thyssen, Eternit, doping ecc.); idem per il pool milanese coordinato da Francesco Greco contro i reati finanziari (processi Parmalat, scalate bancarie, Enel, Eni, grandi evasori, San Raffaele, Lele Mora ecc.); e tanti altri.
“Nel 2012 – avverte Guariniello – dovremo affrontare processi delicatissimi su cui il ricambio di sostituti avrà conseguenze dirompenti. I nuovi colleghi, pur bravi, impiegheranno anni per acquisire esperienza e professionalità specifiche, mentre verranno meno quelle dei colleghi uscenti”. Aggiunge Greco: nel suo pool sulla criminalità economica “ci vorranno dai cinque ai dieci anni per ricreare lo stesso livello di professionalità. Con una perdita secca per lo Stato. È una norma di cui fatico a comprendere la ratio, specie quando tutti sostengono che occorre contrastare corruzione ed evasione fiscale”. Ministro Severino, che senso ha dichiarare guerra alla corruzione e all’evasione e cacciare i magistrati in grado di combatterla? Se ci risponde, smettiamo di scrivere che parla troppo.
Il Fatto Quotidiano, 31 Dicembre 2011