La scure di Standard & Poor’s si abbatte su Francia, Austria, Italia. E poi sulla Spagna e il Portogallo, rovinando in pieno la giornata degli operatori di Borsa e alimentando una svolta negativa che interessa l’intero Continente. Complessivamente sono 9 i paesi che hanno subito un peggioramento della valutazione, motivata “dalle insufficienti misure adottate dai governi europei”, mentre altri sette hanno conservato la valutazione precedente. La conferma del downgrade francese è arrivata dal ministro delle finanze Francois Baroin, che ha ricevuto per primo la nota del declassamento. Per questo all’Eliseo è stata convocata una riunione d’emergenza, all’uscita della quale il ministro ha dichiarato: “Non è una buona notizia, ma non è una catastrofe. Non sono le agenzie di rating che dettano la politica della Francia”. Intanto le piazze non hanno esitato a reagire male. A fine contrattazioni Milano ha ceduto l’1.20%, Parigi lo 0.35% e Francoforte lo 0.86%.
Il rating francese e quello austriaco perdono quindi la tripla A e calano di un livello; quello italiano scende di due gradini – altrettanto scendono Madrid e Lisbona – a BBB+, lo stesso di Perù e Colombia. Il rating ‘tripla B’ indica “un’adeguata capacità di rispettare gli impegni finanziari ma una certa suscettibilità alle condizioni economiche avverse e a mutamenti del quadro”. Nello specifico sull’Italia, S&P scrive che l’ambiente politico italiano e’“migliorato” sotto il Governo Monti e le riforme allo studio possono “migliorare la competitività italiana”. Tuttavia, “ci aspettiamo che ci sia un’opposizione alle attuali ambiziose riforme del governo e questo aumenta l’incertezza sull’outlook di crescita e quindi sui conti pubblici”. A questo si aggiunge “un incremento della vulnerabilità” del nostro Paese “ai rischi di rifinanziamento esterni e le implicazioni negative che questo può avere sulla crescita dell’economia e quindi sulle finanze pubbliche”.
Per parte sua, l’esecutivo ha risposto – ufficiosamente – sottolineando l’intenzione di proseguire sulla strada intrapresa: consolidamento della finanza pubblica e rilancio della competititività con misure di liberalizzazione e di riforme strutturali. Il Governo italiano chiederà anche di rendere più efficace la governance dell’eurozona affinché possano essere sostenuti gli sforzi dei singoli Stati.
E contro il declassamento, che di fatto colpisce l’Europa intera, l’Eurogruppo ha deciso di rispondere con un comunicato unitario, affidato al presidente Juncker: L’eurogruppo “riconferma la inflessibile determinazione a fare tutto il necessario per superare la crisi, assicurare finanze pubbliche solide e tornare sul sentiero della crescita e della creazione di posti di lavoro”. L’Eurogruppo – si legge nel comunicato – prende nota delle decisioni annunciate da Standard & Poor’s ma torna ad enfatizzare che i capi di Stato e di Governo della zona Euro hanno già preso misure importanti che, insieme a quelle della Bce, hanno portato ad una sostanziale riduzione delle pressioni sui titoli pubblici e sui mercati interbancari. Juncker ricorda anche che alla fine del mese il Consiglio europeo raggiungerà un accordo sul patto di bilancio destinato a rafforzare l’unione economica e la disciplina di bilancio, nonchè il coordinamento economico e la realizzazione di riforme strutturali.
Più duro il commento del commissario Olli Rehn: “La decisione di S&P è incoerente, l’eurozona ha agito. Siamo dispiaciuti – ha detto Rehn – della decisione senza fondamento presa oggi da S&P sul rating di diversi paesi dell’area euro” sottolineando che l’Ue ha adottato “azioni decisive” su tutti i fronti della crisi. “Queste iniziative – prosegue il commento del vicepresidente della Commissione, responsabile per la moneta unica – spingono in avanti il necessario consolidamento dei conti pubblici e le riforme strutturali nei nostri Stati, affrontano le fragilita’ del sistema bancario, rafforzano le nostre reti di protezione finanziarie e rendono piu’ forte la nostra governance economica. Le recenti decisioni Ue, combinate con l’azione della Bce, hanno avuto un ruolo importante nel diminuire le tensioni sui mercati dei titoli sovrani”. Secondo Rehn, “e’ ora importante finalizzare il prima possibile la fisionomia e gli aspetti pratici dell’Esm, l’European Stability Mechanism, e, come deciso dai Capi di Stato e di governo lo scorso 9 dicembre, anticipare la sua entrata in vigore al luglio 2012”. Rehn cita il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker per dire che “l’Esm avra’ il suo capitale di base e sara’ quindi meno vulnerabuke a cambiamenti dei rating dei suoi stati membri”. La Commissione, si ricorda nella dichiarazione di Rehn, ha piu’ volte chiesto un rafforzamento della “potenza di fuoco” del fondo salvastati. “L’adeguatezza di un tetto complessivo di 500 miliardi per l’Efsf/Esm sara’ rivalutata entro marzo 2012”, conclude Rehn.
All’annuncio dell’agenzia statunitense, si aggiungono poi le pessime notizie provenienti da Atene. L’Institute of international finance (Iif), rappresentante dei creditori privati della Grecia, ha annunciato in una nota la sospensione delle trattative sulle modalità di ristrutturazione del debito pubblico ellenico. Le banche, insomma, non sono riuscite a trovare un accordo e il rischio teorico, a questo punto, è che Atene vada incontro a un default disordinato. In altre parole la Grecia rischia di diventare insolvente senza un’intesa di haircut con gravi ripercussioni sull’intera area euro. Proprio quello scenario che l’Europa tenta da sempre di evitare a tutti i costi.
E dire che la giornata era iniziata abbastanza bene, soprattutto per l’Italia e la sua attesa asta dei Btp. Un’asta complessivamente positiva (pur a fronte di una certa delusione sul fronte della domanda) realizzata su un controvalore totale di 4,75 miliardi di euro. La buona notizia è che i rendimenti sono calati in modo deciso sul fronte del triennale, il vero osservato speciale di giornata, ribadendo, insomma, l’inversione di tendenza avviata in questi giorni nel contesto di un mese di gennaio particolarmente difficile per il mercato.
Questi, nel dettaglio, i dati definitivi del collocamento. L’Italia ha piazzato 3 miliardi di euro in Btp triennali a scadenza novembre 2014 con una richiesta non molto superiore all’offerta. La domanda complessiva è stata di circa 3,6 miliardi, con un bid to cover, quindi, di 1,2 contro l’1,36 dell’asta di dicembre. Rispetto all’ultimo collocamento, tuttavia, cala nettamente il rendimento che si colloca a quota 4,83% contro il 5,62% precedente. Grande richiesta per il Btp di luglio 2014, emesso per un controvalore di 750 milioni a fronte di una richiesta più che doppia (bid to cover a 2,27 contro il precedente 1,35) con un rendimento del 4,25%, in discesa rispetto all’asta precedente che aveva fatto segnare un 4,93%. Non bene invece il Btp ad agosto 2018, che segna un rendimento in lieve rialzo (5,75% rispetto al precedente 5,62%) con un rapporto domanda/offerta in discesa a 1,6 rispetto al precedente 1,98.
Lo spread tra il bund tedesco e il btp decennale italiano, dopo i 478 punti dell’apertura e dopo aver raggiunto anche un minimo di giornata di 462 punti, è tornato a salire nel pomeriggio per assestarsi quota 500 punti base. Poi la nuova discesa con il differenziale che a borse chiuse segnava circa 482 punti.
Sul fronte del mercato azionario, tutta l’attenzione è per le banche protagoniste di una giornata fatta di luci ed ombre. Male Mps che cede il 5,47% e Banca popolare di Milano (-4,08%). Bene Mediobanca (+3,73%) e positiva anche la seduta di Unicredit che risale ancora dello 0,48% senza riuscire, tuttavia, a sfondare nuovamente quota 3 euro sul valore unitario del titolo post accorpamento. La crescita di Piazza Cordusio segue ancora l’onda lunga del rimbalzo dopo il tracollo che aveva fatto seguito all’annuncio dell’aumento di capitale dei giorni scorsi. Un’esperienza che potrebbe aver ispirato le parole pronunciate ieri dal numero uno della Bce Mario Draghi, protagonista di una critica nei confronti dell’Eba, l’Autorità bancaria europea ispiratrice de facto delle operazioni di ricapitalizzazione. L’impressione, anche se l’ex governatore di Bankitalia non lo dice, è che alla Bce non gradiscano proprio la capacità delle ricapitalizzazioni stesse di favorire la speculazione e con essa la volatilità dei titoli.