La Commissione di garanzia sugli scioperi ha scritto ai prefetti chiedendo di valutare la precettazione dei taxi, dopo la serrata di oggi nelle principali città italiane, inscenata senza il preavviso previsto dalla legge. “In relazione all’astensione collettiva dal servizio taxi attualmente in corso in alcune città italiane – si legge in una nota della Commissione – con conseguente grave pregiudizio al diritto, costituzionalmente garantito agli utenti, di mobilità e di libertà di circolazione, il Presidente della Autorità di garanzia sugli scioperi, Roberto Alesse, ha scritto alle autorità competenti per avere informazioni in merito”.  L’Autorità ha invitato i prefetti interessati a valutare se sussistano le condizioni per la precettazione.

Intanto lo sciopero dei taxi non si ferma, anzi si allarga. E da Roma arriva a Napoli, Milano, Torino, Palermo. Servizi sospesi e caos nelle città, e nella capitale si registrano aggressioni alle auto dei colleghi che hanno scelto di lavorare. La categoria risponde così al progetto di liberalizzazioni del governo Monti, nonostante il recente richiamo proprio della Commissione di garanzia, che in vista dell’agitazione indetta per il 23 gennaio ha fatto sapere che il blocco del servizio “non potrebbe essere considerato legittimo” in mancanza del rispetto delle “regole sul preavviso, la durata dell’astensione, la garanzia delle prestazioni di un servizio minimo e delle fasce notturne”. Agitazione che, secondo il leader di Uri Taxi, Loreno Bittarelli, sta lentamente rientrando, mentre rimane confermata la serrata del 23. “Il servizio sta tornando alla regolarità in molte città italiane, da stamattina abbiamo più volte rinnovato l’invito a sciogliere le assemblee spontanee”. I blocchi spontanei, prosegue Bittarelli, “sono nati perché si temeva che il governo decidesse prima dell’assemblea nazionale convocata dalla categoria il 16 gennaio. Ma visto che il decreto sulle liberalizzazioni dovrebbe essere approvato il 19 abbiamo tutto il tempo per stabilire le forme di protesta in assemblea”. Il servizio “è tornato regolare a Torino, Bologna e Firenze, parzialmente a Milano e a Roma”, dice. “Spero che le autorità ci aiutino a stemperare il clima”, conclude.

Dello stesso tenore le dichiarazioni di Pietro Marinelli, segretario di Ugl taxi: “Sono costernato per i disagi, continuiamo a dire ai nostri colleghi di non tenere questo atteggiamento” – ha dichiarati – ma le liberalizzazioni allo studio del Governo Monti equivalgono “alla morte: non ci stanno chiedendo sacrifici, che saremmo anche disposti a fare, ma ci stanno chiedendo di morire”. Marinelli ha elencato i motivi di preoccupazione della categoria: “Se mi togli il tfr, mentre aumentano i carburanti e raddoppiano tutti i costi di manutenzione delle auto, la situazione diventa insostenibile. Rischiamo – aggiunge il segretario Ugl – di andare in pensione a 70 anni con 520 euro al mese; e senza tfr, visto che la licenza che oggi vale 100mila euro varrebbe tre marche da bollo da 20 euro”.

Tanto dalla Cgil che dall’Ugl nazionali sono arrivato inviti a sospendere le agitazioni spontanee, ma dal leader della Cisl Raffaele Bonanni arriva un commento di segno diverso: la vicenda dei taxi dimostra che “quando non c’è confronto si istiga la rivolta. Chi ha ragioni forti non deve avere paura di discutere”. Secondo il segretario della Cisl, “con gli aut aut i tassisti rischiano di avere ragione anche quando non ce l’hanno”.

I clienti, in ogni caso, raccontano ai cronisti storie poco edificanti. A Milano, ad esempio, il blocco veniva di fatto imposto dai tassisti duri e puri ai colleghi che volevano lavorare. Un cliente arrivaato all’aeroporto milanese di Linate ha trovato due blocchi: il primo di cinque sei persone che dettavanono la linea ai ‘crumiri’: “scaricare” i passeggeri, non farsi pagare la corsa, lasciare l’auto e unirsi a loro. Dopo cento metri l’altro blocco: 15-20 persone che controllavano se il cliente pagava o meno. Tra la rabbia di chi provava a chiedere i soldi della corsa (e magari veniva da Pavia) e chi sceglieva di adeguarsi, per evitare situazioni peggiori. A Roma, invece le tensioni maggiori sono state tra i tassisti stessi.

TAXI, IL CONFRONTO FRA LE CITTA’ EUROPEE. Dalla folla di taxi di Dublino, con quasi 10 veicoli ogni mille abitani, all’offerta più contenuta di Bruxelles, con un veicolo ogni mille abitanti. E’ la ‘mappa’ del servizio taxi nelle principali capitali europee secondo il centro Studi Uritaxi, sulla base di dati Cgia, Istat e altri istituti.

A Roma, epicentro delle liberalizzazioni volute dal governo, ci sono 2,8 taxi ogni mille abitanti, un dato vicino a quello di Londra. Il record di auto pubbliche spetta a Dublino, che dopo le liberalizzazioni conta complessivamente 11.299 taxi per 1.186.159 abitanti, quindi 9,5 mezzi ogni mille abitanti; Milano, con 1.336.879 abitanti e 4.900 taxi, ha 3,7 veicoli ogni mille abitanti; a Barcellona, dove il servizio è stato liberalizzato dopo le Olimpiadi del 1992, ci sono 10.482 taxi per un totale di 3.047.643 abitanti, quindi 3,4 taxi ogni mille; Madrid, con 4.961.732 abitanti e 15.646 taxi conta 3,1 vetture ogni mille abitanti. A seguire Londra che con i suoi 7.512.400 abitanti e 21.681 ‘cab’ ha 2,9 taxi ogni mille persone; Roma, 2.774.625 abitanti e 7.800 taxi conta 2,8 vetture ogni mille persone. Dopo la Capitale troviamo Parigi che con i suoi 6.164.238 di abitanti e 15.500 vetture conta 2,5 taxi ogni mille persone; Berlino con 3.406.780 abitanti e 6.587 taxi conta 5 tassisti ogni mille abitanti e, infine Bruxelles: 1.067.162 abitanti e 1248 vetture presenta un’offerta di 1,2 taxi ogni mille persone.

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