La notizia è una di quelle che nel nostro Paese rischia di passare sotto silenzio: Wikipedia e centinaia di altri fornitori di servizi online oggi chiudono i battenti in segno di sciopero contro un disegno di legge in discussione al Congresso degli Stati Uniti d’America.

Storie di oltreoceano e, per di più, cose di Internet, diranno in molti, voltando pagina sui giornali, cambiando canale in Tv o, magari, cliccando più in là su queste pagine. Comprensibile specie in un momento delicato come questo per la vita del Paese nel quale, tra l’altro, il Governo dei Professori è visibilmente in difficoltà a muoversi fuori dalla dimensione accademica, nel Paese reale.

Sbagliato, tuttavia, perché sui banchi del Congresso degli Stati Uniti d’America si sta giocando la misura della libertà di parola – e non solo – della quale disporranno, in futuro, tutti i cittadini del mondo.

Cominciamo dal principio.

Il Sopa è un disegno di legge attraverso il quale il Congresso Usa, in ossequio a una precisa commessa economico-politica dell’industria di Hollywood – intende stabilire due principi dirompenti per l’ecosistema Internet e, in buona misura, per le stesse regole dello Stato di diritto: (a) gli internet service, provider, i gestori dei motori di ricerca, i fornitori di servizi di pagamento online e quelli di pubblicità potranno essere destinatari di provvedimenti attraverso i quali si ordinerà loro di sospendere l’erogazione di ogni servizio nei confronti di siti e soggetti sospettati di violare le regole del copyright e dovranno dar seguito a tale ordine in cinque giorni; (b) queste stesse categorie di soggetti, ogni qualvolta procederanno volontariamente, e quindi in assenza di ogni ordine del giudice, alla rimozione di un contenuto veicolato per il loro tramite da un utente, o interromperanno l’erogazione di un servizio verso un utente, ritenendolo autonomanete colpevole di pirateria, non potranno essere chiamati a rispondere della loro decisione dinanzi a nessun giudice né autorità.

Se il contenuto del disegno di legge raccontato così non dovesse consentire di comprendere appieno il carico di dirompenti principi anti-giuridici e anti-libertari che esso porta con sé, proviamo a tradurlo in termini più concreti provando ad applicare – cosa che nessun Paese ha mai pensato di fare se non in stato di guerra o per combattere le più feroci forme di terrorismo internazionale – le medesime regole al mondo reale.

Il Congresso Usa vorrebbe far passare per “naturale” agli occhi dei propri elettori e della comunità internazionale ordinare al gestore di un’autostrada, di una ferrovia o di un aeroporto di bloccare tutti i passeggeri diretti verso certe destinazioni o che viaggiano con un Cd o un Dvdcontraffatto.

Vorrebbe trovassimo naturale – benché sin qui non sia mai accaduto in nessun Paese – ordinare ad una banca di chiudere il conto corrente di un negozio perché sospettato di vendere anche qualche Cd o Dvd protetto da diritto d’autore o magari imporre ad un giornale, una radio o una televisione di non parlare di un certo spettacolo teatrale perché, forse, l’impresario ha utilizzato anche un certo sottofondo senza pagare i diritti d’autore.

Loro vorrebbero che noi lo trovassimo naturale, ma naturale non è.

Ma c’è di più e si tratta, probabilmente, delle disposizioni più gravi contenute nel Sopa, anche se in pochi sin qui lo hanno scritto.

Il Congresso è intenzionato a riconoscere – quasi fossimo ancora ai tempi del Far West e delle taglie per chi cattura pericolosi fuori legge vivi o morti – a tutti i fornitori di servizi online (Internet Service Provider, motori di ricerca, gestori di servizi di pagamento e di pubblicità) una sorta di “licenza di uccidere”, assolutamente illimitata, in forza della quale tali soggetti potranno cancellare dal web ogni contenuto pubblicato dai propri utenti o impedire ad altri utenti di accedervi sul semplice ragionevole sospetto che si tratti di materiale pirata.

Tutto, naturalmente, senza correre neppure il rischio di essere trascinati davanti a un giudice dall’autore del contenuto per aver rimosso dallo spazio pubblico telematico un contenuto che, invece, aveva il sacrosanto diritto di rimanervi e di restare accessibile al mondo intero.

E’ un’autentica e anacronistica legittimazione di un’inaccettabile forma di giustizia privata.

Il Congresso Usa sta dicendo ai fornitori di servizi web che, purché agiscano a tutela della proprietà intellettuale americana, possono fare carne da macello dei diritti degli utenti e della libertà di parola di questi ultimi quasi fossero, appunto, giustizieri armati contro terribili criminali o crociati della Santa Alleanza schierati in una guerra di religione.

Il fine – peraltro, mai come in questo caso, dubbio – giustifica i mezzi. Esattamente lo stesso principio ispiratore del fanatismo e del terrorismo contro il quale gli Usa, ormai da anni, combattono in tutto il mondo.

E veniamo ora alla sillogistica ragione per la quale quanto sta accadendo negli Usa dovrebbe interessarci da vicino.

I più grandi fornitori di servizi web sono a stelle e strisce e le dinamiche della circolazione delle informazioni online, che ci piaccia o no, sono da sempre condizionate da regole, policy e principi provenienti da oltreoceano.

E’ pertanto ovvio che ciò che nei prossimi giorni accadrà in America è destinato a ripercuotersi nel nostro piccolo Paese, nello spazio di qualche mese, nella forma di un regolamento Agcom o di un disegno di legge parlamentare, varati con l’alibi che si tratta di un principio ormai entrato a far parte dell’ordinamento statunitense.

A quel punto, però, in un Paese come il nostro nel quale il cosiddetto “popolo della Rete” conta un pugno di anime, un politico come Barack Obama capace di dire di no al Congresso a difesa della libertà in Rete non appartiene neppure all’immaginario collettivo e si fa fatica a credere che Telecom Italia chiuda i battenti per protestare contro Governo e Parlamento: le regole cambieranno senza alcuna resistenza e ci risveglieremo, nel 2012, governati – almeno on line – da regole preistoriche che consegnano il controllo sui contenuti e sulle informazioni a una cabina di regia dove siederanno i soliti noti.

E’ per questo che lo sciopero della Rete delle prossime ore e quanto sta accadendo nel Congresso Usa è anche affar nostro.

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