“C’è una censura dei media, della politica e del sindacato sulle ragioni della protesta che ha portato in strada il popolo siciliano”. Non usa mezze parole padre Giuseppe Di Rosa, 71 anni, parroco della chiesa madre di Avola (Siracusa), che ha visto nascere e appoggia il movimento dei forconi. Era con loro, un mese fa, nella piazza centrale del paese, proprio dove si affaccia la sua chiesa. “I telegiornali della Rai e la stampa non allenano ad una coscienza critica. Evidenziano solo i disagi ai distributori e nei supermercati dovuti ai blocchi stradali, ma non spiegano quali sono i motivi che spingono migliaia di persone a protestare: la miseria, i debiti, l’incertezza per il futuro. Gli stessi promotori dell’iniziativa non si aspettavano un’adesione così massiccia. In Sicilia l’agricoltura è alla base dell’economia. E da anni non fa più profitti. La maggior parte delle imprese agricole è indebitata. Ma sono in grave difficoltà anche i commercianti, i piccoli artigiani. Tutta la gente che era chiusa in casa, nella vergogna della sua miseria, è in strada a manifestare. I blocchi in tutta l’isola ormai non si contano. Oggi hanno manifestato anche gli studenti”.
C’è disinformazione anche sui leader del movimento dei forconi? “Sono agricoltori che hanno vissuto sempre con dignità, facendo bene il loro lavoro, ma che adesso non riescono più a vendere ad un giusto prezzo i loro prodotti. Si sono impoveriti. Non riescono più a pagare le tasse. La Serit ha ipotecato le loro abitazioni, i terreni, i mezzi con cui lavorano. Da anni chiedono ai rappresentanti politici, agli assessori all’agricoltura, al governo di Palermo, una soluzione per continuare a vivere. Non hanno avuto risposte. Né dai politici né dai sindacati, che ormai sono impiegatucci legati allo stipendio. Non vogliono rassegnarsi. Il forcone è il simbolo della ribellione contro i poteri che non ascoltano”.
Il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, e anche i sindacati, però hanno parlato di interessi mafiosi alla base della protesta. Di ‘padroncini’ legati alla mafia che partecipano ai blocchi e minacciano chi non partecipa allo sciopero. “Non posso escludere delle infiltrazioni, perché ormai i blocchi sono dappertutto, ma sarebbe meglio fare nomi e cognomi, se si conoscono. La verità è che il sistema non ammette critiche. La protesta spaventa i poteri consolidati. L’alleanza tra agricoltori e trasportatori è stata una necessità. Se non si caricano più ortaggi e frutta, perché venderli non conviene più, l’autotrasporto muore. Il caro diesel è un tema che accomuna. Il binomio ‘mafia-Sicilia’ è uno stereotipo facile da usare. Ma ormai anche il più stupido si è accorto che la mafia è dentro il Palazzo. Che la politica non gestisce più il bene comune ma è solo egoismo e affari. La politica è stata uccisa. Il movimento dei forconi risponde ad una esigenza di base. La dignità del lavoro, il pane e il futuro per le famiglie”.