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Rating, crisi e banche (che ci guadagnano sempre)

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I declassamenti a ripetizione di Standard & Poor’s nell’Eurozona? Non hanno avuto effetti apparenti sui mercati. Che, anzi, hanno reagito in contro tendenza. Lo dimostrano diversi collocamenti di titoli di Stato di quei Paesi da venerdi’ scorso, il giorno delle bocciature, in poi. Si’, anche le aste dei bond spagnoli e francesi di ieri. A Parigi sono stati assegnati titoli a medio termine per quasi otto miliardi di euro. La domanda ha superato di oltre due volte l’offerta. I rendimenti sono calati: prova di una minore rischiosità di quegli investimenti. Insomma, una bella pernacchia alle agenzie di rating…

In realtà è una rivincita un po’ artificiosa. E’ dovuta a quella che gli operatori di Borsa di mezza Europa chiamano l’effetto «Sarko trade». Vi ricordate il regalo di Natale della Bce, lo scorso 21 dicembre? La Banca centrale europea inondò il sistema bancario di 489 miliardi di liquidità, il più grosso prestito mai realizzato dall’istituzione. Per l’occasione Nicolas Sarkozy disse: «Per finanziarsi ogni Stato potrà rivolgersi ora alle sue banche, che disporranno della liquidità necessaria». Quell’operazione venne appoggiata in maniera convinta da Parigi. Subita, diciamolo, da Berlino. Ormai le due capitali si ritrovano sempre meno sulla stessa lunghezza d’onda.

Le banche hanno ricevuto quei soldi pagando un tasso d’interesse dell’1%. Lo utilizzano in grossa parte, appunto, investendo in titoli di Stato della zona euro. Con rendimenti che vanno dal 2% circa verso l’alto, sempre più in alto, secondo la «pericolosità» supposta dei titoli. Per quelli italiani, i Btp, decennali, ad esempio, siamo ora al 6,4 percento. Insomma, crisi o no, volenti o nolenti, le banche ci guadagnano sempre. Con pernacchia inclusa alle agenzie di rating. O almeno: finché durano i soldi…

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