Alle 9.06 di questa mattina Reggio Emilia trema, e con lei non solo tutta l’Emilia Romagna, ma anche la Lombardia, il Veneto e la Liguria. Il sisma che ha agitato l’intero Nordest “è stato di magnitudo 4.9 – spiega Antonio Piersanti, direttore della sezione Sismologia e Tettonicofisica dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) – e ha avuto luogo a 30 km di profondità. Quest’ultimo è un dato molto importante perché quando i terremoti avvengono così in profondità, l‘area di risentimento è molto maggiore”. Da qui le ripercussioni nel resto d’Italia. “Si minimizza magari il danno diretto sull’area epicentrale – prosegue il direttore – che per un terremoto 4.9 non dovrebbe comunque esserci stato, se le case sono costruite bene. Però il risentimento è molto alto, ed è per questo – conferma – che la scossa è stata avvertita a Milano, fino ad arrivare addirittura a Genova”.
Quello che possono dirci per ora dall’istituto di geofisica, è che “l’area epicentrale è collocata nella provincia di Reggio Emilia e i comuni più vicine sono Poviglio, Bresciello e Castel di Sotto”.
Come sempre avviene per gli assestamenti sismici, sono seguite due repliche, più lievi, avvertite e confermate anche dall’INGV: “una alle 9.24, l’altra alle 10.02, entrambe di magnitudo 2.3”.
Non bisogna sorprendersi perché di fatto “l’Italia è esattamente al confine fra due placche tettoniche, quella africana e quella euroasiatica, e purtroppo questo la rende una regione ad altissima sismicità”. Nessun allarme per ora dal dipartimento scientifico, dunque. Ma come ben sappiamo, per quanto riguarda le ore successive “non è possibile fare previsioni con i terremoti”.
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Infatti, Antonio Piersanti ammonisce: “Per quanto nel corso della giornata non siano state registrate altre scosse tranne una piccola replica di magnitudo 2.4 alle 14:00 (che non è stata nemmeno avvertita, probabilmente), non mi sento di escludere che potremmo essere sorpresi da una scossa maggiore di quelle precedenti”.
Infatti, l’approssimazione nell’utilizzo dei termini, non consente di comprendere le dinamiche del fenomeno sismico, cin una conseguente sottovalutazione delle possibilità di complicazione: le scosse che vengono registrate nella fase che segue il terremoto, sarebbero denominate tecnicamente “aftershock”, mentre invece vengono normalmente inquadrate come “scosse di assestamento”: “la scelta della parola assestamento è fuorviante. Dà un’idea tranquillizzante, secondo la tendenza errata a credere che le scosse successive abbiano necessariamente una potenza inferiore”. Le scosse aftershock di oggi hanno in effetti avuto un’intensità minore, però “questa non è una verità assoluta – prosegue il sismologo – l’unica cosa certa è che avvengono dopo, come appunto suggerisce il termine. Semplificando troppo il fenomeno, non facciamo un buon servizio alla popolazione”.
La volta in cui si registra una scossa inaspettata, scatta nuovamente l’allarme come fosse un fenomeno nuovo, spiega Piersanti, che prosegue: “Il fatto è che in Italia c’è una memoria popolare davvero scarsissima per quanto riguarda i terremoti. La gente tende a dimenticare e a chiudere in una porticina del proprio inconscio il fenomeno terremoto. Oggi è stato detto e scritto che in questa zona i terremoti non ci sono: ma come – si domanda il direttore – ce n’è stato uno più forte di quello di oggi nemmeno 4 anni fa”.
Solo per citare alcuni esempi: nel 1996 a Correggio nell’Emilia c’è stato un 5.6 con epicentro a 20 chilometri da dove è avvenuto oggi, oppure c’è stato il terremoto di Monghidoro nel 2004. Poi certo, “rarissimamente i terremoti in quest’area eccedono i 5.5, e quelli inferiori difficilmente dovrebbero creare danni”. Poi se questo avviene è perché come sappiamo “l’Italia ha parecchi problemi per quanto riguarda la qualità del costruito”.
Per quanto riguarda i danni, per ora segnalate come “di minore entità, quali crepe e cornicioni crollati in palazzi antichi”, bisognerà attendere il vertice con la Protezione Civile, con cui l’istituto referente scientifico installa automaticamente dal minuto della scossa un collegamento “e noi siamo continuamente in contatto con loro. Questo avviene normalmente per ogni evento sismico, ma più l’evento sismico è significativo, più il processo diventa importante”.