“Una Maserati resta Maserati anche se è fabbricata a Detroit?” Se lo è chiesto il Wall Street Journal quando ancora la decisione di Marchionne di costruire fuori dall’Italia un suv col marchio del tridente era solo una voce di corridoio. Adesso che la notizia è ufficiale, la scelta del manager Fiat sta preoccupando molto di più, a cominciare dai sindacati, che denunciano “l’inesistenza di un piano di rilancio industriale che tuteli l’occupazione”. In gioco ci sono i 700 posti di lavoro legati allo storico marchio modenese di auto di lusso, già in bilico dopo la decisione di Fiat di produrre a Torino il cosiddetto Maseratino, semento meno costoso della casa. A Modena resterebbe praticamente lo stabilimento vuoto: solo la vecchia ammiraglia che è pur sempre eccellente, ma è uscita sette anni fa.
Ad attivarsi anche la politica emiliana-romagnola, che chiede alla Regione di incontrarsi col Ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera. “Vogliamo chiarire il futuro dello stabilimento di Modena e scongiurare problemi occupazioni”, spiegano i consiglieri regionali del Pd Stefano Bonaccini, Palma Costi.
Il suv col marchio Maserati – il nome provvisorio è Kubang – sarà infatti costruito a partire dal 2013 nello stabilimento Jefferson North di Detroit e venduto negli Usa nel secondo semestre di quell’anno, per poi piano piano essere esportato in tutto il mondo. Una decisione che Marchionne ha giustificato con “la necessità di utilizzare la capacità produttiva degli impianti del gruppo ovunque essi siano, e in base alle esigenze di mercato”.
E allora sembra proprio che queste esigenze portino la produzione fuori da Modena e dall’Italia. A restare made in Italy saranno i motori, prodotti nello stabilimento Ferrari di Maranello, così come la progettazione che sarà gestita in tutta la sua componentistica – sospensioni, freni, sterzo ed elettronica – da ingegneri italiani. A lasciare le catene di montaggio modenesi sarà l’assemblaggio. Un colpo pesantissimo per i 700 lavoratori della Maserati che arriva dopo un’altra decisione aziendale presa pochi mesi fa, quella di fabbricare la nuova quattro porte in provincia di Torino e non più in Emilia-Romagna.
“Di questa storia sappiamo tutto, cosa sarà costruito negli Usa, cosa a Torino. Quello che non sappiamo è cosa produrrà lo stabilimento di Modena”. A parlare è Ferdinando Siena della Fiom-Cgil. La preoccupazione del sindacato è che la “produzione si spenga pian piano, senza annunci clamorosi che forse Marchionne giudica ormai controproducenti”. Il riferimento è alla chiusura di Termini Imerese, che per settimane ha tenuto banco su giornali e tv. Che la situazione sia allarmante è confermato anche dal piano industriale, latitante da ormai due anni nonostante le ripetute richieste di istituzioni e sindacati. “Passano i mesi – spiega Siena – e nulla è cambiato, del piano industriale non sappiamo niente, così come non sappiamo niente di possibili strategie di rilancio dello stabilimento”. La paura, conclude il sindacalista, è che «il 2012 non passerà indenne come è successo col 2011».
di Felicia Buonomo e Giovanni Stinco