Almeno settemila morti e altre decine di migliaia di persone in galera. Sono i numeri, difficilissimi da stimare, dell“Omocausto”, quella pagina ancora troppo nascosta dello sterminio nazista nei confronti degli omosessuali.
Contraddistinti da un triangolo rosa cucito sulla divisa a righe, i gay affollavano i campi di concentramento sparsi in tutta Europa, subivano umiliazioni e torture, venivano sottoposti a folli sperimentazioni pseudoscientifiche fino alla morte (la mortalità dei prigionieri omosessuali è stimata al 60%). Una pagina strappata della storia perché il pregiudizio omofobico, esaltato dal regime nazista fino a punire persino le “fantasie omoerotiche”, non era certo assente negli altri paesi, neppure in quelli che si opposero al Terzo Reich durante il secondo conflitto mondiale.
E allora, quando i cancelli di Auschwitz e degli altri lager vennero abbattuti dai blindati alleati, molti dei superstiti marchiati con il triangolo rosa preferirono tacere il vero motivo del loro internamento, diventando vittime senza voce e senza giustizia.
L’ossessione nazista per i gay si era palesata già con la “notte dai lunghi coltelli”, quando Hitler spazzò via le SA (truppe d’assalto, ndr) e il suo capo, l’omosessuale Ernst Rohm. Per il fuhrer esisteva una vera e propria “congiura omosessuale che minava la concezione normale di una nazione sana”. Deliri che non stupiscono nemmeno oggi, purtroppo, visto che ancora in troppi paesi al mondo l’omosessualità è considerata ancora una devianza, una malattia, quando non un reato punibile anche con la pena di morte.
Ma il dramma dei gay nei campi di concentramento fu duplice: da un lato le torture degli aguzzini nazisti, dall’altro l’isolamento operato dagli altri prigionieri. I gay erano ultimi tra gli ultimi, paria in quell’universo mostruoso che era il lager. Molti di loro vennero castrati, alcuni addirittura su propria richiesta, per dimostrare al regime l’intenzione di “guarire dalla malattia” e sperando così di tornare a casa. Molti altri vennero usati come cavie per esperimenti clinici, come l’impianto di una ghiandola artificiale di testosterone che, nelle intenzioni dei macellai del Reich, avrebbe dovuto sanare la devianza omoaffettiva. Centomila omosessuali furono coinvolti dalle purghe naziste: 60mila scontarono la pena (dai 5 ai 10 anni) in carcere, dai 10 ai 15mila furono internati nei campi di concentramento. Numeri importanti di un Olocausto dimenticato.
Lo sterminio dei triangoli rosa, così come quello di ebrei, rom, disabili e avversari politici, ha rappresentato lo scoperchiamento del vaso di Pandora, la valvola di sfogo di pensieri inconfessabili che non erano estranei alla società dell’epoca, in Germania come in Italia, in Inghilterra come in Francia o in Russia. E Berlino, che fino all’avvento del nazismo era stata la capitale delle libertà dell’epoca, si trasformò di colpo in base mondiale del rigurgito omofobico, inferno in terra di uomini e donne che pagavano con la vita la loro inclinazione sessuale.
Twitter: #Domenico Naso
Società
Omocausto, lo sterminio dimenticato dei gay
Contraddistinti da un triangolo rosa cucito sulla divisa a righe, gli omosessuali affollavano i campi di concentramento sparsi in tutta Europa, subivano umiliazioni e torture, venivano sottoposti a folli sperimentazioni pseudoscientifiche fino alla morte. Una pagina del nazismo troppo spesso tralasciata
Contraddistinti da un triangolo rosa cucito sulla divisa a righe, i gay affollavano i campi di concentramento sparsi in tutta Europa, subivano umiliazioni e torture, venivano sottoposti a folli sperimentazioni pseudoscientifiche fino alla morte (la mortalità dei prigionieri omosessuali è stimata al 60%). Una pagina strappata della storia perché il pregiudizio omofobico, esaltato dal regime nazista fino a punire persino le “fantasie omoerotiche”, non era certo assente negli altri paesi, neppure in quelli che si opposero al Terzo Reich durante il secondo conflitto mondiale.
E allora, quando i cancelli di Auschwitz e degli altri lager vennero abbattuti dai blindati alleati, molti dei superstiti marchiati con il triangolo rosa preferirono tacere il vero motivo del loro internamento, diventando vittime senza voce e senza giustizia.
L’ossessione nazista per i gay si era palesata già con la “notte dai lunghi coltelli”, quando Hitler spazzò via le SA (truppe d’assalto, ndr) e il suo capo, l’omosessuale Ernst Rohm. Per il fuhrer esisteva una vera e propria “congiura omosessuale che minava la concezione normale di una nazione sana”. Deliri che non stupiscono nemmeno oggi, purtroppo, visto che ancora in troppi paesi al mondo l’omosessualità è considerata ancora una devianza, una malattia, quando non un reato punibile anche con la pena di morte.
Ma il dramma dei gay nei campi di concentramento fu duplice: da un lato le torture degli aguzzini nazisti, dall’altro l’isolamento operato dagli altri prigionieri. I gay erano ultimi tra gli ultimi, paria in quell’universo mostruoso che era il lager. Molti di loro vennero castrati, alcuni addirittura su propria richiesta, per dimostrare al regime l’intenzione di “guarire dalla malattia” e sperando così di tornare a casa. Molti altri vennero usati come cavie per esperimenti clinici, come l’impianto di una ghiandola artificiale di testosterone che, nelle intenzioni dei macellai del Reich, avrebbe dovuto sanare la devianza omoaffettiva. Centomila omosessuali furono coinvolti dalle purghe naziste: 60mila scontarono la pena (dai 5 ai 10 anni) in carcere, dai 10 ai 15mila furono internati nei campi di concentramento. Numeri importanti di un Olocausto dimenticato.
Lo sterminio dei triangoli rosa, così come quello di ebrei, rom, disabili e avversari politici, ha rappresentato lo scoperchiamento del vaso di Pandora, la valvola di sfogo di pensieri inconfessabili che non erano estranei alla società dell’epoca, in Germania come in Italia, in Inghilterra come in Francia o in Russia. E Berlino, che fino all’avvento del nazismo era stata la capitale delle libertà dell’epoca, si trasformò di colpo in base mondiale del rigurgito omofobico, inferno in terra di uomini e donne che pagavano con la vita la loro inclinazione sessuale.
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Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Cristiani e socialisti si inseguono e si separano, si combattono si alleano, si contaminano da quasi due secoli. E’ l’ispirazione cristiana a suscitare le prime utopie socialiste, l'ambizione della scientificità del socialismo marxista ed il presidio di interessi sociali parzialmente diversi li ha spesso divisi, ma questo non ha impedito per esempio al socialismo del Nord Europa di continuare ad attingere largamente alla tradizione evangelica". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"Le fragili regole di un multilateralismo spesso a doppio standard e quelle ben più solide poste a presidio dell’integrazione dei mercati - ha aggiunto poi l'esponente dem - sono travolte dalla pressione di soggetti economici in grado di essere al contempo finanza, informazione, controllo dei dati ed in ultima analisi potere politico puro. Persino il mercato viene sostituito dalla mera logica dei rapporti di forza determinata dall’intreccio tra vecchi e nuovi Leviatani, tra poteri pubblici e smisurate potenze economiche".
"Il fatto che a tutto questo non paiano emergere forze antagoniste in grado di civilizzare questa assenza di misura non può essere un alibi per la politica. La politica deve interrogarsi invece - spiega Orlando - su quali possano essere le vie oltre i vecchi steccati, in grado di liberare energie e di offrire la possibilità del riscatto collegando esperienze e domande. E tutto ciò che resiste e che è stato pensato per resistere deve oggi essere riunito. Tutto ciò che si è sforzato, non senza limiti ed imperfezioni, di rendere più umana la vita economica e sociale, di democratizzare i processi produttivi non può ancora restare separato, talvolta contrapposto da dicotomie del secolo scorso. Di fronte al fatto che ciascuno, persino chi si sentiva al riparo da ogni pericolo, rischia di essere solo di fronte a tanta potenza è il tempo di mettere in campo l’insieme degli strumenti che i due filoni culturali di cui oggi parliamo hanno saputo elaborare. Per affermare un nuovo umanesimo che si fondi sulla centralità della comunità come luogo di sviluppo della persona , delle comunità nel loro pluralismo di cui lo Stato può essere l’antitesi, ma lo sviluppo delle comunità che si organizzano in modo migliore".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Io credo che affidare, come sino qui è avvenuto, alla sola logica delle armi non è solo pericoloso e folle, è oggi velleitario. L’Europa rischia di cercare nelle armi ciò che avrebbe potuto e può trovare politica. L’idea di una difesa comune è necessaria e condivisibile, ma non è quella la vera forza che l’Europa potrà mettere in campo nel breve periodo". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"L’Europa grazie alle sue radici costituisce un luogo di equilibri che garantisce una vita migliore più lunga, più piena di qualunque altro luogo della terra. L’Europa che poteva e può essere Ponte si è fatta risucchiare nella logica West and the rest, salvo poi scoprire che the West, qualunque cosa abbia voluto dire, non esiste più".
"La possibilità di recuperare il terreno perduto non credo passi per i decimali di bilancio in più - spiega l'ex ministro dem - che saprà mettere nel riarmo ma dalla capacità di concorrere a definire un nuovo ordine. Facendosi interprete di quell’enorme maggioranza di popoli che non ha alcun interesse dal prevalere della logica della forza e del dominio per il controllo sulle risorse strategiche. E’ un messaggio che deve essere rivolto a tutti persino ai nazionalisti che vanno cacciandosi in una insanabile contraddizione. La sconfitta e la marginalizzazione dell’Europa sarà inevitabilmente la sconfitta delle nazioni che la compongono. Per questo sarà fondamentale l’esito della vicenda Ucraina. Il tema non è come proseguire la guerra ma bensì come condizionare la pace impedendo che si consumi una spartizione tra potenze sulla testa degli ucraini e a discapito degli interessi europei. Nonostante le provocazioni di Trump tutti sappiamo che l’Europa ha carte da giocare. Nessun assetto futuro che assicuri un minimo di sicurezza e di stabilità nell’area può essere realizzato senza il concorso dei paesi europei. Su questo fronte possono andare in ordine sparso o come un soggetto che si fa promotore anche per chi non ne ha la forza di un nuovo e rifondato multilateralismo".
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Non chiediamo abiure ma un partito deve saper scegliere su un appuntamento così importante: supporteremo il referendum sul lavoro e sulla cittadinanza". Elly Schlein chiude formalmente la stagione del renzismo. Nel suo intervento in Direzione, la leader dem ha dato l'ultimo colpo di spugna alle impronte lasciate al Nazareno dall'ex segretario e premier, schierando il partito a favore del referendum abrogativo del JobsAct, una bandiera renziana.
"Rispetto per chi non ha firmato il referendum, ma un partito deve essere chiaro e lineare: sui diritti dei lavoratori non saremo mai alla finestra", ha sentenziato la leader dem. Nel 2014 il via libera alla riforma fortemente voluta da Renzi segnò uno degli strappi più profondi della storia dem. Alla Camera, al momento del voto, il Pd si ritrovò platealmente diviso con 29 deputati contrari al Jobs Act tra voti contrari e non partecipazioni al voto. Per non parlare degli assenti, come Enrico Letta.
I contrari (Cuperlo, Bindi, D'Attorre, Boccia tra questi) firmarono un documento per spiegare le ragioni dei dissenso. E a nulla valsero gli appelli all'unità dell'allora presidente Matteo Orfini e di Pier Luigi Bersani. Il sì arrivo dalla maggior parte del gruppo dem (allora forte di 307 deputati), alcuni dei quali ancora oggi tra i banchi del Parlamento. Tra i ministri del governo Renzi, in Direzione Andrea Orlando è stato netto: "Io non ho firmato il referendum" ma "fa bene la segretaria ad auspicare una convergenza massima". Non tutti, però, hanno battuto le mani sulla scelta della Schlein sul referendum. Dalle parti dei riformisti, qualche dubbio c'è stato.
(Adnkronos) - "Sul referendum serve pluralismo perché se raggiunge il quorum comunque è sostenuto solo dalla parte più estrema del sindacato, visto che la Cisl, fino a poco tempo fa non lontana dal Pd, non è d’accordo e la Uil non ha raccolto firme e sta ragionando se mobilitarsi", ha spiegato la deputata Lia Quartapelle.
Anche Piero Fassino ha messo in guardia: "Rischiamo di fare un dibattito sul lavoro di retrospettiva. In dieci anni tutto è cambiato compreso l’articolo oggetto di referendum modificato dalla Corte Costituzionale". Mentre la senatrice Simona Malpezzi ha sottolineato come "le sensibilità nel Pd sul tema sono diverse". Ma la relazione della segretaria, poi approvata all'unanimità, ha suscitato discussione anche a causa di un altro passaggio sull'Europa e la pace, un tema molto sentito in casa dem.
"Quando torneremo al governo per noi Trump non sarà niente di simile a un alleato. Noi non siamo con Trump e il finto pacifismo che cela una resa all'aggressore e non saremo con l'Europa per continuare la guerra", ha detto tra le altre cose Schlein. Un passaggio che ha fatto sobbalzare alcuni presenti, come la vice presidente del Parlamento Ue Pina Picierno, la senatrice Sandra Zampa e ancora Fassino. Così è stata la stessa segretaria, nelle repliche, a chiarire: "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare. Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso".
Palermo, 27 feb. (Adnkronos) - Aggredita nel mercato di Ballarò la troupe di Striscia la Notizia, il tg satirico di Mediaset. L'inviata Stefania Petyx e i suoi operatori sono stati aggrediti da alcune persone mentre stavano realizzando un'intervista con l'assessore alle Attività produttive, Giuliano Forzinetti. "Esprimo ferma condanna per la vile, ingiustificata e violenta aggressione subita dall’assessore alle Attività produttive Giuliano Forzinetti, dall’inviata di "Striscia la Notizia", Stefania Petyx e dalla sua troupe nel mercato di Ballarò- dice il sindaco Roberto Lagalla - Un episodio che conferma come certi soggetti tentano una inutile resistenza al lavoro di ripristino della legalità in quest’area della città voluta dall'Amministrazione. Al contrario, per me è doveroso sottolineare che in questo quartiere ci sia anche la presenza di una più ampia fetta di residenti e commercianti come coloro che intervenendo in difesa ed in soccorso delle persone aggredite hanno dimostrato di possedere la cultura della civiltà e della sensibilità. È da loro che bisogna ripartire ed è per loro che bisogna insistere nell’attività di repressione di ogni forma di illegalità. L’auspicio è che le forze dell’ordine riescano ad individuare al più presto tutti i responsabili di questa vicenda”.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Sui referendum, compreso quello sul Jobs Act, "ci saremo con le nostre proposte e senza chiedere abiure nè forzature, nel rispetto del passato e del presente. Io sono contenta di far parte dell'unico partito che fa dei congressi e può cambiare idea senza che un giorno si svegli il capo con un piede diverso o una tegola in testa". Lo dice Elly Schlein nella replica nella Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Qualcuno cerca di strumentalizzare le mie parole di prima, peraltro senza riportarle per intero: se c'è una leader italiana che si è schierata contro le parole e i falsi storici di Trump sono io, perché Meloni non ha ritenuto di farlo". Lo dice Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina, a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare". Così Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
"Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso. Non c'è stato nessuno in Europa che ha voluto questa guerra partita dall'aggressione di Putin" e Trump su questo ha detto "un falso storico".
"Ma è altrettanto vero che, anche se l'Europa non ha voluto questa guerra e ha sostenuto l'Ucraina, non possiamo dire di essere stati in grado come Europa di fare abbastanza per la pace. Noi lo chiediamo da due anni. Se questa iniziativa fosse stata presa prima, quando Biden sosteneva Kiev, forse avrebbe reso la discussione più facile rispetto a farla oggi dove quello che sta facendo Trump non è un negoziato equo ma di assumere il punto di vista dell'aggressore. Per questo, a maggior ragione, l'Europa deve starci dentro".