Più diritti alle coppie di fatto. Anche quelle omosessuali. Pisapia lo aveva promesso già in campagna elettorale. E ora un primo passo arriva con l’approvazione della giunta milanese di una delibera che distribuisce i fondi anticrisi del Comune non solo alle famiglie tradizionali, ma anche a tutti coloro che, sotto lo stesso tetto, sono legati da vincoli affettivi pur senza essere sposati. E subito si accende la polemica. Perché la decisione, annunciata venerdì, ha già ricevuto la reprimenda di Avvenire, che in un editoriale di Francesco Riccardi parla di provvedimento anticostituzionale. Ma con il sindaco si schierano costituzionalisti di rilievo, come Lorenza Carlassare e Valerio Onida.
“Ciò che sconcerta – scrive il quotidiano dei vescovi – è che Pisapia, che è avvocato e uomo di legge, scelga con questo atto di ribaltare le fonti del diritto, anteponendo una legge di regolazione amministrativa addirittura alla Costituzione”. Sotto accusa la parte della delibera che assegna oltre 4 milioni di euro a un fondo per soggetti in difficoltà occupazionale e per spese di affitto o acquisto della prima casa. Con la novità, rispetto a quanto stabilito dal bando della precedente amministrazione Moratti, che il contributo, fino a 5mila euro, potrà andare a persone sposate oppure “coabitanti nello stato di famiglia per sussistenza di vincolo affettivo al primo gennaio 2012”. Persone, quindi, che costituiscono una coppia di fatto. E che possono anche essere dello stesso sesso.
Secondo Avvenire, “porre sullo stesso piano coppie che – sposandosi civilmente o religiosamente – assumono un preciso impegno pubblico e persone che – per scelta, o per impossibilità – non rendono vincolanti i propri legami ‘affettivi’, significa violare la lettera e lo spirito della nostra Carta fondamentale”. Soprattutto negli articoli in cui riconosce “i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e impegna la Repubblica ad agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”.
“E’ necessario – continua Riccardi – evitare riconoscimenti impropri e dare chiara e incontestabile priorità alla famiglia fondata sul matrimonio”. Ma Lorenza Carlassare, docente emerito di Diritto costituzionale all’università di Padova, non è d’accordo con le argomentazioni usate dal quotidiano dei vescovi per motivare perché non debba ricevere i fondi comunali chi non è sposato: “La famiglia fondata sul matrimonio è la sola che ha diritti già riconosciuti dalla Costituzione – spiega Carlassare -. Ma questo non esclude che la legge o altre fonti possano attribuire diritti alle famiglie di fatto”.
Se poi Avvenire definisce la scelta della giunta Pisapia uno “scivolone ideologico”, il sindaco ribatte: “E’ un dovere da parte delle istituzioni aiutare tutte le coppie che si trovano in uno stato di difficoltà”. E aggiunge: “Sono contrario alle discriminazioni, lo sono stato nel passato, lo sono nel presente e lo sarò nel futuro”. Ma anche su questo punto la visione del quotidiano dei vescovi è opposta, in quanto non vede alcuna discriminazione nel favorire le coppie sposate rispetto a quelle di fatto. Nel suo articolo Riccardi afferma infatti che “nel ricordare le giuste priorità nell’utilizzo delle risorse pubbliche non c’è alcun intento discriminatorio. Perché qui non ci sono discriminazioni da sanare, ma condizioni e scelte oggettivamente diverse”. Per poi concludere con una citazione di don Lorenzo Milani: “La peggiore ingiustizia è trattare in maniera uguale situazioni differenti”.
Ma a contestare le ragioni di Avvenire ci pensa un altro costituzionalista, quel Valerio Onida che alle primarie cittadine del centrosinistra ha sfidato proprio Pisapia: “Quella della giunta è una misura che va incontro ai bisogni della persona – spiega Onida -. E quando si parla di bisogni materiali non c’è ragione per discriminare tra coppie sposate e coppie di fatto. Anche nel caso dell’edilizia popolare, per esempio, all’assegnatario di un appartamento può subentrare il convivente di fatto”.
Se a livello nazionale si è registrata la presa di posizione del quotidiano dei vescovi, a livello locale la decisione della giunta è stata subito attaccata dal consigliere del Pdl Riccardo De Corato, che ha parlato di “insulto” in una città che a giugno ospiterà il raduno mondiale delle famiglie a cui parteciperà anche il Papa. E anche all’interno della stessa maggioranza arancione non è mancato qualche mal di pancia: “Una decisione inopportuna”, l’hanno giudicata Carmela Rozza, capogruppo del Pd in Consiglio comunale, e la compagna di partito Marilisa D’Amico, presidente della commissione Affari istituzionali di Palazzo Marino. “Il provvedimento – hanno detto – costituisce una decisione inopportuna perché realizza una fuga in avanti che rischia di dividere e suscitare conflitti, mentre si tratta di un grande tema civile che va approfondito nella sede rappresentativa, quella del consiglio comunale, realizzando una larga convergenza fra le forze politiche”.
Un rischio di divisioni, quello intravisto da Rozza e D’Amico, che potrebbe cospargere di ostacoli la strada verso l’istituzione del registro delle unioni di fatto, promessa da Pisapia entro la fine del 2012. E presa di mira sabato da Vittorio Feltri su il Giornale. A Bologna e a Gubbio, sostiene l’editorialista del quotidiano della famiglia Berlusconi, sono stati creati analoghi registri, ma nessuno è mai andato ad iscriversi. A Bologna “gay e lesbische si sono ben guardati dal chiedere agli uffici municipali di rilasciare un certificato di avvenuta costituzione del nucleo familiare”. A Gubbio “neppure una sfigatissima coppia ha scelto di darsi i crismi dell’ufficialità”. Le coppie di fatto, secondo Feltri, interessano solo ai politicanti: “I partiti del nostro Paese hanno drammatizzato un falso problema, non sanno dove vivono né chi rappresentano”.