“Avevo bisogno di quel denaro di cui avevo la disponibilità e l’ho preso”: l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi non si nasconde. Davanti ai magistrati della Procura di Roma che lo accusano dell’appropriazione indebita di 13 milioni di euro di fondi appartenenti al suo partito, la mattina del 17 gennaio scorso l’attuale senatore del Pd si assume “le responsabilità di tutto e di tutti”. Ma lo fa con un obiettivo ben preciso: alleggerire la sua posizione in vista della possibilità di patteggiare la pena. Per raggiungere il suo scopo, l’ex responsabile delle casse del partito rutelliano garantisce l’immediata restituzione di una parte dei soldi di cui si è appropriato tramite novanta bonifici bancari. Una somma consistente: cinque milioni di euro da versare ai legittimi proprietari grazie a una fideiussione sul suo patrimonio personale. E il resto del ‘malloppo’? Altri cinque milioni di euro Luigi Lusi li avrebbe versati al Fisco come tasse (da chiarire in tal senso se sono imposte ‘personali’ o versate per conto del partito), mentre gli ultimi tre milioni di euro non si toccano.
L’ex tesoriere della Margherita, infatti, rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto Alberto Caperna e del sostituto Stefano Pesci fa intendere che quei soldi a lui quasi spettano di diritto. “Ho lavorato dieci anni come amministratore” ha detto il senatore democratico, che sembra far riferimento a una sorta di liquidazione mai avuta. La exit strategy, però, non è stata la prima mossa di Lusi, che all’inizio del suo interrogatorio aveva cercato di parare il colpo, giustificando gli spostamenti di denaro come “compenso per regolari consulenze pagate dal partito” alla sua società, la TTT. Il tentativo di rifugiarsi in calcio d’angolo tuttavia non va a buon fine: gli inquirenti infatti chiedono al senatore Pd i documenti per dimostrare la tesi delle “regolari consulenze”, ma lui quelle carte non le ha, dice di averle distrutte “per motivi di privacy”. Non gli credono. E Lusi cambia strategia: “Mi assumo per intero la responsabilità di quanto mi viene contestato” annuncia. E tenta la via del patteggiamento. Sa, del resto, che per i suoi ex dirigenti sarà assai difficile dimostrare che nessuno si è accorto di nulla, che neanche uno all’interno del partito si è reso conto che per due anni e mezzo venivano sottratti fior di quattrini dalle casse del partito. Soldi per acquistare case (a Roma in via di Monserrato), ville (a Genzano) e per rimpinguare i conti suoi e della sua srl, italiana ma controllata da una società canadese di cui lui stesso è proprietario.
Ecco la casa del senatore Lusi a Genzano (video di Andrea Palladino)
In tal senso, le parole pronunciate ieri da Arturo Parisi sono paradigmatiche di un quadro poco chiaro: l’ex ministro ha detto di aver denunciato “opacità di bilancio che imponevano risposte dettagliate”. Quelle risposte non sono mai arrivate. E questa mancanza oggi alimenta nuove domande (Lusi ha davvero speso tutti quei soldi o ne ha girato una parte ad altri?) e ulteriori sospetti (chi sono, se ci sono, i complici dell’ex tesoriere?) sulla gestione del bilancio della Margherita.