Zurigo. Una rete di multinazionali determina i nostri destini. E’ quanto emerge da un rigoroso studio del Politecnico federale di Zurigo. Il rapporto, pubblicato nella rivista ScienceNews, identifica per la prima volta la “cupola” delle multinazionali che regge le sorti economiche del pianeta. E’ interessante notare gli incroci che coinvolgono circa 43.060 multinazionali, che attraverso formule di presenza azionaria e partecipativa che sfugge a qualsiasi regola, condizionano le economie degli Stati e determinano i destini delle Comunità.
Il carattere sovranazionale permette loro di agire sui mercati con l’unico scopo di determinare vantaggi verso la centrale di comando. Si tratterebbe di 147 multinazionali che hanno il controllo totale delle finanze del pianeta. Il sistema di interconnessione tra le varie società analizzato con criteri scientifici ha consentito agli studiosi di Zurigo di individuare una Top list nella quale figurano i due gruppi bancari UBS AG e Credit Suisse, rispettivamente al 9° ed al 14° posto. Insomma lo studio descrive un sistema complesso nel quale il dominio di queste 147 multinazionali, fondandosi sulla loro interdipendenza allo stesso tempo ne garantisce la sopravvivenza al di sopra degli Stati e delle stesse regole. In questi giorni l’antitrust elvetico che vigila sulla concorrenza, ComCom, ha messo sotto accusa un cartello di banche e gruppi finanziari che avrebbero predeterminato i prezzi di scambio favorendo attività speculative. Ovviamente molti appartenenti a questo cartello fanno parte della lista di colossi finanziari. Sono solo i primi indizi, ma l’inchiesta si ripromette di mettere alla luce questi scambi informativi anomali.
La lista spiega meglio di ogni altra analisi quanto sia debole lo spazio di azione della politica rispetto alla forza nel mercato di gruppi finanziari coordinati. In cima alla lista spicca la presenza di Barclays, che ha avuto il premio Pubblic Eye Award nell’edizione 2012 per aver sfruttato al massimo i produttori di soia, mais e frumento “arricchendosi alle spalle dei poveri”. Il premio è organizzato da Greenpeace e “Dichiarazione di Berna” una organizzazione non governativa svizzera. Seguono le statunitensi Capital Companies degli Stati Uniti e FMR Corporation. Inoltre è indicativo che oltre 40 multinazionali sulle prime 50 siano tutte a carattere finanziario.
Il “cartello delle 147 multinazionali” non è detto, recita il rapporto, che sia frutto di “una cospirazione”, ma potrebbe trattarsi di un naturale sviluppo macroeconomico. Certo scorrendo la lista ci si accorge che la “mano invisibile del mercato”, apparirebbe un po’ troppo intuitiva. La lettura del rapporto, che per la prima volta individua i protagonisti di questo capitalismo finanziario sregolato, ha spinto diverse personalità nel mondo dell’economia a richiedere una adeguata regolazione transnazionale. Ma come osserviamo in questo periodo, appena si solleva qualche voce autorevole in questa direzione, immediatamente gli Stati ed i loro governi sono costretti a rincorrere emergenze finanziarie determinate da drammatiche cadute in borsa. Spesso anche in maniera dissonante rispetto all’evidenza dei fatti. Finora a mettere in chiaro queste strane interconnessioni multinazionali vi è un fronte, ancora non interconnesso, di qualche associazione coraggiosa come Greenpeace, qualche movimento indignato, una autorità di garanzia, ed anche un Procuratore a Trani che ha messo in luce alcune manovre finalizzate delle agenzie di rating, ed un filosofo che svela il bello della “decrescita”. Se, come affermano in molti, la crisi finanziaria è una “guerra moderna”, non è difficile immaginare chi sia destinato a vincerla.