Spariti 26 milioni di euro dalla Fondazione An confluiti nel patrimonio Pdl
Dopo la frattura tra Fini e Berlusconi il divieto di confusione del patrimonio dei due partiti saltò: immobili di Alleanza nazionale affidati in uso gratuito ai giovani del Popolo della Libertà, prestiti bizzarri tra le due fazioni divenute rivali. Il caso scoppiato dopo la denuncia dei finiani contro i" colonnelli" rimasti con il Cavaliere
Dalla Fondazione “Alleanza Nazionale“, nata in seguito allo scioglimento e alla confluenza del partito nel Pdl datata marzo 2009, sono spariti 26 milioni di euro. E allo stato, tra pezze d’appoggio mancanti, prestiti milionari al partito di Berlusconi e immobili dati in uso gratuito ai giovani del Pdl, non c’è certezza di dove siano finiti. Il retropalco dei partiti sopravvissuti alla Seconda Repubblica è uno spettacolo quotidiano. L’ultimo in ordine di tempo, dopo lo scandalo Lusi-Margherita, sventola i simboli di una delle grande aggregazioni del dopoguerra italiano. La casa di Giorgio Almirante e di Gianfranco Fini. Un patrimonio di difficile stima che tra liquidità e immobili non risultava inferiore ai 400 milioni. Una cifra troppo alta per non scatenare brame e appetiti regolarmente finiti in tribunale.
La storia parte da lontano. Nei giorni di marzo del 2009, in cui dopo il congresso nazionale, An decise per il 2011 di trasformare il partito in: “Fondazione che ne assuma l’emblema e la denominazione. Alla fondazione competono tutti i diritti propri di An e ad essa sono assegnate le risorse materiali (…) e segnatamente ogni bene mobile e immobile direttamente o indirettamente posseduto comprese le partecipazioni in società e tutti i crediti verso soggetti pubblici o privati”. Si optò per un comitato di gestione che avrebbe operato secondo le indicazioni di un altro organo, il comitato dei garanti. Vennero designati i nomi dei singoli individui deputati al controllo degli “obiettivi strategici, anche di periodo, da perseguire per la conservazione, la tutela e lo sviluppo delle risorse (…) l’impiego e la destinazione dei fondi”.
I comitati si insediarono il primo aprile del 2009 e in un amen, fu guerra tra gli ex colonnelli di An e i fedelissimi di Gianfranco Fini. Una guerra sporca, senza esclusione di colpi, durata per mesi e persa dai secondi costretti ad assistere a un “golpe” nelle mura di casa. Dal comitato di gestione, non a caso in piena bufera Montecarlo, venne estromesso Franco Pontone (espulso dal comitato dei garanti nel 2010) e al suo posto nominato il senatore Mugnai. Da allora e fino ad oggi, complice la frattura tra Fini e Berlusconi, quello che era stato definito “il divieto di confusione del patrimonio di An con quello del Popolo della Libertà” divenne un’autostrada senza caselli, controlli o pedaggi. Con gestioni allegre, rappresaglie ad hoc (la vicenda del Secolo d’Italia), purghe staliniane e campo libero a transazioni impensabili. Immobili di An affidati in uso gratuito ai giovani del Pdl (28), prestiti bizzarri come quello del 12 luglio 2011, in cui il comitato di gestione della Fondazione di An concesse su richiesta degli onorevoli Crimi e Bianconi del Pdl, la cifra di 3. 750. 000 a titolo di prestito infruttifero al partito rivale. Da aggiungere a un altro milione a fondo perduto per sostenere le elezioni regionali del Pdl e ad altri contributi di importo ancora incerto, a fronte “dell’impegno morale” di Bianconi di vigilare sul loro “puntuale utilizzo”.
E poi ancora altro denaro, dalla casa madre dei neo “nemici”. Forme di generosa erogazione “del tutto anomale” distribuite con fumose motivazioni definite “Iniziative promozionali in sede al Pdl”, senza rendiconti verificabili e con giustificazioni risibili ad accompagnare il salasso verso il feudo di B.: “Promuovere all’interno del partito la costituenda fondazione”. In mezzo, vennero bloccate le iscrizioni degli ex An alla fondazione (300 euro di versamento) e rese surrettiziamente invalide quelle giunte dopo il 30 aprile 2010. In una situazione simile, con l’uso disinvolto del denaro di un partito appannaggio di un altro (rivale e in costante battaglia) i finiani rimasti vicini al presidente della Camera e confluiti in Fli, hanno provato il contrattacco. Prima ha tentato l’avvocato di Fini, Giuseppe Consolo. Poi lo studio del deputato di Fli Antonio Buonfiglio si è messo al lavoro e ha presentato con l’omologo di cordata Enzo Raisi, un esposto al Tribunale di Roma a fine novembre. Quattro pagine fitte di date e cifre utili a chiedere alla magistratura di procedere “alla nomina di uno o più commissari liquidatori e comunque all’adozione di ogni e più opportuno atto affinché fossa data corretta e puntuale esecuzione alle determinazioni congressuali in ordine alla liquidazione e allo scioglimento formale di An”.
Liquidazione non avvenuta (comportandosi la fondazione, in compulsivo erogamento di fondi della comunità di An al Pdl, in regime di “continuità” e in direzione del tutto opposta) e determinazioni originarie tradite. Il tribunale si è mosso e ha prodotto una relazione sull’attivita di liquidazione: misteriosa e raggelante. Analizzati i documenti delle parti, i periti del tribunale hanno evidenziato come non solo non si sia verificata alcuna liquidazione né alcun passaggio formale sulla stessa, ma del denaro scomparso, non vi sia traccia. Dentro il buco nero si trova di tutto. Accensione di conti correnti intestati all’associazione senza riscontri per individuarli. Parcelle saldate per decine di migliaia di euro ad avvocati impegnati a difendere il Pdl. Il famoso prestito da quasi 4 milioni erogato al partito di Berlusconi, poi restituito a distanza di qualche mese, senza che ci sia foglio di carta che nel rendiconto chiuso a ottobre del 2010 che lo ratificasse. E poi altri milioni, sempre destinati al Pdl, a fondo perduto. Una situazione incredibile che relega l’affaire Margherita alle piccole cose di valore non quantificabile e lascia sul terreno una differenza di valori, tra la Fondazione gestita dai colonnelli e quella immaginata da Fini & C., di 26 milioni in meno di due anni (2009-2011). Una perdita di capitali e ideali di cui adesso qualcuno chiederà conto.
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Shame". Ovvero, 'vergogna'. E' il commento via social di Enrico Letta al post di Donald Trump in cui ha insultato Volodomyr Zelensky.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “'Con disciplina e onore' prevede la Costituzione. La condanna di oggi conferma invece che Delmastro ha usato informazioni riservate acquisite nel suo ruolo di Governo per colpire avversari politici, passandole al suo coinquilino. Chissà se almeno stavolta Giorgia Meloni ritroverà la coerenza con sé stessa, pretendendone le dimissioni". Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
non riesci a leggere ilfattoquotidiano.it perché hai negato i consensi relativi alla pubblicità. Per continuare a leggerci accetta i consensi o diventa nostro Sostenitore (in questo modo navigherai senza nessuna inserzione).
Ti ricordiamo che il nostro lavoro ha un costo ripagato dalla pubblicità e dai sostenitori. Il tuo aiuto è per noi indispensabile.
Se clicchi “Accetta i consensi” acconsenti in questo modo al trattamento dei tuoi dati personali mediante l'impiego di tutti i cookie presenti sul sito, fermo restando la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento. Navigherai in modo totalmente gratuito e potrai visualizzare fino ad un massimo di 5 articoli al mese, e vedrai la pubblicità. Che cosa sono i cookie?
Se clicchi su “Rifiuta e Sostienici” sottoscrivi un abbonamento Sostenitore a “ilfattoquotidiano.it”, al costo promozionale di 1€ al mese per 3 mesi. A decorrere dal quarto mese il costo dell'abbonamento diverrà di 5,99€ al mese, il tutto mantenendo le tue attuali impostazioni. Da abbonato potrai navigare senza alcun tipo di pubblicità.
Politica
Spariti 26 milioni di euro dalla Fondazione An confluiti nel patrimonio Pdl
Dopo la frattura tra Fini e Berlusconi il divieto di confusione del patrimonio dei due partiti saltò: immobili di Alleanza nazionale affidati in uso gratuito ai giovani del Popolo della Libertà, prestiti bizzarri tra le due fazioni divenute rivali. Il caso scoppiato dopo la denuncia dei finiani contro i" colonnelli" rimasti con il Cavaliere
La storia parte da lontano. Nei giorni di marzo del 2009, in cui dopo il congresso nazionale, An decise per il 2011 di trasformare il partito in: “Fondazione che ne assuma l’emblema e la denominazione. Alla fondazione competono tutti i diritti propri di An e ad essa sono assegnate le risorse materiali (…) e segnatamente ogni bene mobile e immobile direttamente o indirettamente posseduto comprese le partecipazioni in società e tutti i crediti verso soggetti pubblici o privati”. Si optò per un comitato di gestione che avrebbe operato secondo le indicazioni di un altro organo, il comitato dei garanti. Vennero designati i nomi dei singoli individui deputati al controllo degli “obiettivi strategici, anche di periodo, da perseguire per la conservazione, la tutela e lo sviluppo delle risorse (…) l’impiego e la destinazione dei fondi”.
I comitati si insediarono il primo aprile del 2009 e in un amen, fu guerra tra gli ex colonnelli di An e i fedelissimi di Gianfranco Fini. Una guerra sporca, senza esclusione di colpi, durata per mesi e persa dai secondi costretti ad assistere a un “golpe” nelle mura di casa. Dal comitato di gestione, non a caso in piena bufera Montecarlo, venne estromesso Franco Pontone (espulso dal comitato dei garanti nel 2010) e al suo posto nominato il senatore Mugnai. Da allora e fino ad oggi, complice la frattura tra Fini e Berlusconi, quello che era stato definito “il divieto di confusione del patrimonio di An con quello del Popolo della Libertà” divenne un’autostrada senza caselli, controlli o pedaggi. Con gestioni allegre, rappresaglie ad hoc (la vicenda del Secolo d’Italia), purghe staliniane e campo libero a transazioni impensabili. Immobili di An affidati in uso gratuito ai giovani del Pdl (28), prestiti bizzarri come quello del 12 luglio 2011, in cui il comitato di gestione della Fondazione di An concesse su richiesta degli onorevoli Crimi e Bianconi del Pdl, la cifra di 3. 750. 000 a titolo di prestito infruttifero al partito rivale. Da aggiungere a un altro milione a fondo perduto per sostenere le elezioni regionali del Pdl e ad altri contributi di importo ancora incerto, a fronte “dell’impegno morale” di Bianconi di vigilare sul loro “puntuale utilizzo”.
E poi ancora altro denaro, dalla casa madre dei neo “nemici”. Forme di generosa erogazione “del tutto anomale” distribuite con fumose motivazioni definite “Iniziative promozionali in sede al Pdl”, senza rendiconti verificabili e con giustificazioni risibili ad accompagnare il salasso verso il feudo di B.: “Promuovere all’interno del partito la costituenda fondazione”. In mezzo, vennero bloccate le iscrizioni degli ex An alla fondazione (300 euro di versamento) e rese surrettiziamente invalide quelle giunte dopo il 30 aprile 2010. In una situazione simile, con l’uso disinvolto del denaro di un partito appannaggio di un altro (rivale e in costante battaglia) i finiani rimasti vicini al presidente della Camera e confluiti in Fli, hanno provato il contrattacco. Prima ha tentato l’avvocato di Fini, Giuseppe Consolo. Poi lo studio del deputato di Fli Antonio Buonfiglio si è messo al lavoro e ha presentato con l’omologo di cordata Enzo Raisi, un esposto al Tribunale di Roma a fine novembre. Quattro pagine fitte di date e cifre utili a chiedere alla magistratura di procedere “alla nomina di uno o più commissari liquidatori e comunque all’adozione di ogni e più opportuno atto affinché fossa data corretta e puntuale esecuzione alle determinazioni congressuali in ordine alla liquidazione e allo scioglimento formale di An”.
Liquidazione non avvenuta (comportandosi la fondazione, in compulsivo erogamento di fondi della comunità di An al Pdl, in regime di “continuità” e in direzione del tutto opposta) e determinazioni originarie tradite. Il tribunale si è mosso e ha prodotto una relazione sull’attivita di liquidazione: misteriosa e raggelante. Analizzati i documenti delle parti, i periti del tribunale hanno evidenziato come non solo non si sia verificata alcuna liquidazione né alcun passaggio formale sulla stessa, ma del denaro scomparso, non vi sia traccia. Dentro il buco nero si trova di tutto. Accensione di conti correnti intestati all’associazione senza riscontri per individuarli. Parcelle saldate per decine di migliaia di euro ad avvocati impegnati a difendere il Pdl. Il famoso prestito da quasi 4 milioni erogato al partito di Berlusconi, poi restituito a distanza di qualche mese, senza che ci sia foglio di carta che nel rendiconto chiuso a ottobre del 2010 che lo ratificasse. E poi altri milioni, sempre destinati al Pdl, a fondo perduto. Una situazione incredibile che relega l’affaire Margherita alle piccole cose di valore non quantificabile e lascia sul terreno una differenza di valori, tra la Fondazione gestita dai colonnelli e quella immaginata da Fini & C., di 26 milioni in meno di due anni (2009-2011). Una perdita di capitali e ideali di cui adesso qualcuno chiederà conto.
di Alessandro Ferrucci e Malcom Pagani
da Il Fatto Quotidiano dell’8/2/2012
Il gesto di Almirante e Berlinguer
di Antonio Padellaro 8€ AcquistaArticolo Precedente
“Il disagio psicologico di Alemanno”
Articolo Successivo
I partiti e l’antipolitica conveniente
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Giustizia & Impunità
Delmastro condannato a otto mesi per il caso Cospito. Le opposizioni: “Meloni lo faccia dimettere”. Ma la premier lo blinda e critica la sentenza: “Sconcertata”
Mondo
‘No Usa a risoluzione Onu su Kiev’. Verso sanzioni più leggere a Mosca. Zelensky vede Kellog: ‘Pronto a un accordo con Trump’
Cronaca
Papa Francesco, il cardinale Ravasi: “Dimissioni? Sono verosimili”. Zuppi: “Verso il pieno recupero”
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Shame". Ovvero, 'vergogna'. E' il commento via social di Enrico Letta al post di Donald Trump in cui ha insultato Volodomyr Zelensky.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “'Con disciplina e onore' prevede la Costituzione. La condanna di oggi conferma invece che Delmastro ha usato informazioni riservate acquisite nel suo ruolo di Governo per colpire avversari politici, passandole al suo coinquilino. Chissà se almeno stavolta Giorgia Meloni ritroverà la coerenza con sé stessa, pretendendone le dimissioni". Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.