“Addormentato? Silvio Berlusconi era sveglissimo e rideva, dopo aver ascoltato le voci di Fassino e Consorte”. Fabrizio Favata contraddice platealmente l’ex presidente del Consiglio, rinviato a giudizio il 7 febbraio per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio: per l’intercettazione della telefonata segreta tra Piero Fassino e Gianni Consorte (“Allora, abbiamo una banca?”), finita sulla prima pagina del Giornale di famiglia (qui la ricostruzione completa del “Watergate italiano”).
“Era il 24 dicembre 2005, vigilia di Natale”, racconta Favata a il Fatto Quotidiano. “Ad Arcore arrivammo alle 19. Eravamo io, che lavoravo con Paolo Berlusconi, e Roberto Raffaelli, amministratore delegato della Rcs, grande azienda che forniva a molte procure italiane le macchine per le intercettazioni telefoniche. Arrivò anche Paolo Berlusconi. Dopo aver atteso un quarto d’ora, venti minuti in un salottino, fummo ricevuti dal presidente. Presentazioni, convenevoli. Paolo aveva portato al fratello un tartufo bianco dentro un barattolo con il riso. Aprì il barattolo e in tutta la sala ci fu un profumo di tartufo entusiasmante. Silvio disse però che aveva mangiato tanto tartufo, quell’autunno, che non ne voleva più sentir parlare. Io pensai: quasi quasi me lo porto a casa io. Silvio si sedette accanto a un bellissimo albero di Natale tutto bianco, Paolo su una poltrona vicino al fratello, io e Raffaelli su un divanetto di fronte”.
Favata prosegue il suo racconto. “Raffaelli rappresentò i suoi progetti di espansione commerciale in Romania, dove doveva essere impiantata una rete di intercettazioni. Silvio disse che lui era come un commesso viaggiatore per le aziende italiane, perché voleva promuoverle all’estero. Poi Silvio e Paolo confabularono un attimo e Paolo disse: ‘L’ingegner Raffaelli ti ha portato da ascoltare qualcosa di molto interessante’. A quel punto Raffaelli aprì il suo computer e lo attivò. Non si ‘ impallò ’ assolutamente. Silvio ci disse che era molto stanco e che avrebbe ascoltato a palpebre chiuse perché gli bruciavano gli occhi. Così partì l’intercettazione con il dialogo tra Fassino e Consorte. Quando sentì le voci, il presidente spalancò gli occhi e fu molto presente. Ascoltò ‘abbiamo una banca’ e tutto il far di conto dei due. L’apoteosi fu quando sentì l’allora segretario dei Ds che raccomandava all’allora presidente di Unipol di ‘preparare un bel piano industriale, affinché non sembrasse un’operazione politica’. Ci fu una gran risata e il presidente uscì con un’espressione colorita: ‘ Caz…! ’.
VIDEO: IL RACCONTO DI FAVATA A ILFATTOQUOTIDIANO.IT
Riprese e montaggio di Francesca Martelli
Il racconto di Favata prosegue: “Ci ringraziò e poi, prima dei convenevoli finali, Raffaelli tolse la chiavetta dal computer e la diede a Silvio. Il presidente disse: ‘Ma cosa ci faccio, io non capisco molto di queste cose’. Risposta: ‘La dia a un suo collaboratore che sicuramente saprà come utilizzarla’. Prima di andarcene, Paolo chiese a me e a Raffaelli di uscire e di aspettarlo in un salottino, perché doveva parlare con il presidente. Aveva infatti intenzione di rilevare un marchio di motocicli, la Garelli, e voleva chiedere se il governo aveva in previsione di dare qualche facilitazione nel settore, tipo contributi per la rottamazione. Quindi è falsa la versione di Raffaelli, che dice che il computer si è ‘ impallato ’ e il presidente dopo dieci minuti si è appisolato. Io e Raffaelli saremmo usciti alla chetichella, in punta di piedi, quasi con le scarpe in mano. Ma ciò è smentito dallo stesso Raffaelli: se veramente Silvio si fosse addormentato, ce ne saremmo andati via tutti e Paolo non avrebbe potuto chiedere notizie su eventuali rottamazioni. Del resto poche ore dopo, alle dieci di sera, ci fu una telefonata tra Raffaelli e un suo collaboratore, Guido De Ambrosis, in cui Raffaelli riferì che l’incontro era stato ‘ proficuo’: non sarebbe stato ‘ proficuo’, se il presidente avesse schiacciato un pisolino”.
Continua Favata: “La gratitudine di Silvio mi fu riferita in un incontro successivo a casa di Paolo: di qualsiasi cosa avessimo avuto bisogno, non avremmo dovuto far altro che chiedere a loro, ai fratelli Berlusconi, famosi per la loro riconoscenza che va oltre ogni immaginazione. Infatti si è visto. Mi hanno abbandonato”. Favata è stato arrestato e poi condannato in primo grado per estorsione di una cifra vicina ai 300 mila euro. “Sì, e l’onorevole Fassino si è costituito parte civile contro di me e io sono stato condannato a pagargli 40 mila euro, come se fossi stato io l’estensore dell’articolo del Giornale che rivela il contenuto dell’intercettazione. Secondo la sentenza, ho estorto soldi a Raffaelli, minacciandolo di raccontare tutta la storia. Ma dove sono questi 300 mila euro? Raffaelli mi ha dato una mano, mi faceva il bancomat ogni tanto, è vero, perché io ero rimasto senza lavoro e senza un euro dopo il fallimento delle aziende di Paolo Berlusconi in cui lavoravo. Avevo due sfratti, acqua e gas tagliati, non avevo da dar da mangiare alla mia figlia di cinque anni: ma le pare che non avrei risolto ogni problema, se avessi davvero incassato quei soldi?”.
C’è una manina che ha indicato a Raffaelli proprio quella telefonata, tra le migliaia intercettate dalla procura di Milano nell’estate dei “furbetti”? Favata risponde di sì: “È come individuare una goccia d’acqua nel lago di Garda. Cito allora quello che racconta De Ambrosis: ‘Mi ha riferito Raffaelli che quella intercettazione è stata il regalo di Natale di un alto magistrato della procura di Milano al presidente Berlusconi’”. Si vedrà al processo, in cui ora anche Silvio è imputato.