Per chiunque abbia familiarità con la storia dell’Ovest degli Stati uniti, il nome Pine Ridge evoca alcuni degli eventi più drammatici delle guerre dei bianchi contro i nativi americani, fino al massacro di Wounded Knee (29 dicembre 1890) che simbolicamente chiude la cosiddetta “Conquista del West”. Oggi la riserva di Pine Ridge, quasi 9 mila chilometri quadrati, incastonati nell’angolo sud-occidentale dello stato del Sud Dakota, è una porzione del territorio abitato dai Lakota, noti anche con il nome dispregiativo di Sioux, una delle più numerose e potenti nazioni indigene nordamericane.
Le tre contee della riserva, abitata dagli Oglala Lakota, Bennett, Jackson e Shannon sono tra le più povere degli Stati Uniti e i tassi di disoccupazione tra i circa 28 mila abitanti della riserva sono compresi tra l’80 e l’85 per cento, con quasi metà della popolazione che vive sotto la soglia di povertà. L’aspettativa di vita è a livelli afgani: 47 anni per gli uomini, 52 per le donne, il tasso di mortalità infantile è cinque volte più alto della media statunitense, così come il tasso di suicidi tra gli adolescenti è quattro volte più alto. L’alcolismo è talmente diffuso che un neonato su quattro nella riserva nasce con una diagnosi di Sindrome alcolica fetale (Fas, in inglese) o di qualche altra malformazione legata all’abuso di alcol durante la gravidanza. E tutto questo nonostante l’alcol sia proibito nella riserva.
Per affrontare questa situazione terribile, gli anziani degli organi di autogoverno della riserva hanno deciso di fare causa ad alcune tra le maggiori case produttrici di birra degli Usa, tra cui la Sab Miller, la Molson Coors, la MillerCoors e la Pabst Brewing company. «Faremo tutto quanto legalmente possibile per proteggere la salute e il futuro dei nostri bambini, come ogni genitore americano», ha detto il presidente del governo locale John Yellow Bird Steele, all’Associated Press, mentre il legale degli indigeni, Tom White, spiegava le ragioni della causa: «Non è possibile vendere 4,9 milioni di lattine di birra e fare finta di nulla come Ponzio Pilato».
Oltre alle case produttrici, davanti alla corte distrettuale del Nebraska, sono finiti anche i proprietari dei negozi di alcolici della cittadina di Whiteclay, a una ventina di chilometri dal territorio della riserva: poco più di dodici abitanti, Whiteclay ha quattro negozi di liquori e birra che nel 2010 hanno venduto quasi cinque milioni di lattine. La tesi dell’accusa è che le case produttrici di birra, così come i proprietari degli spacci di Whiteclay, sanno benissimo che l’alcol finisce di contrabbando nella riserva, dove alimenta il circolo vizioso di povertà, sottosviluppo e microcriminalità che da decenni affligge gli Oglala, il clan Lakota a cui appartenevano Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo. «Il traffico di alcol a Whiteclay è ben noto – ha scritto nella denuncia l’avvocato White – e documentato da inchieste giornalistiche, audizioni degli organi legislativi, film, attività delle forze dell’ordine e proteste pubbliche». Si tratta di una quantità di birra «incompatibile, e di molto, con qualsiasi ammontare che potrebbe essere venduto rispettando le leggi del Nebraska», scrive ancora White. Nella loro lotta contro l’abuso di alcol, gli Oglala non sono da soli. L’organizzazione “grassroot” Nebraskans for peace li sostiene nella battaglia legale, tanto che il presidente dell’organizzazione, Mark Vasina, ha partecipato alla conferenza stampa accanto all’avvocato White e al capo Yellow Bird Steele.
«Abbiamo deciso di ricorrere al tribunale dopo aver esaurito ogni altro mezzo per farci ascoltare», ha detto ancora Yellow Bird Steele, spiegando durante la conferenza stampa organizzata giovedì a Lincoln, Nebraska, che le misure finora adottate, per esempio la riduzione dell’orario di apertura degli spacci, non sono servite e nulla, come del resto le iniziative di protesta organizzate dentro e fuori il territorio della riserva.
Rimane il tribunale e il tentativo di far passare l’idea che anche per le fabbriche di birra valga quel tipo di responsabilità indiretta rispetto alla salute dei consumatori che ha aperto la via alle grandi cause contro le multinazionali del tabacco. La richiesta di danni presentata dall’avvocato White è all’altezza della storia raccolta nei confini della riserva: 500 milioni di dollari.
di Joseph Zarlingo
Mondo
Usa, i nativi fanno causa ai birrifici
“Troppo alcol nelle riserve indiane”
Le tre contee di Pine Ridge, abitate dagli Oglala Lakota, Bennett, Jackson e Shannon, sono tra le più povere degli Stati Uniti e l’alcolismo è così diffuso che un neonato su quattro presenta la 'sindrome alcolica fetale'. Per affrontare questa situazione gli anziani hanno deciso di portare in tribunale alcune tra le maggiori case produttrici di birra: "Non è possibile vendere 4,9 milioni di lattine di birra e fare finta di nulla"
Per chiunque abbia familiarità con la storia dell’Ovest degli Stati uniti, il nome Pine Ridge evoca alcuni degli eventi più drammatici delle guerre dei bianchi contro i nativi americani, fino al massacro di Wounded Knee (29 dicembre 1890) che simbolicamente chiude la cosiddetta “Conquista del West”. Oggi la riserva di Pine Ridge, quasi 9 mila chilometri quadrati, incastonati nell’angolo sud-occidentale dello stato del Sud Dakota, è una porzione del territorio abitato dai Lakota, noti anche con il nome dispregiativo di Sioux, una delle più numerose e potenti nazioni indigene nordamericane.
Le tre contee della riserva, abitata dagli Oglala Lakota, Bennett, Jackson e Shannon sono tra le più povere degli Stati Uniti e i tassi di disoccupazione tra i circa 28 mila abitanti della riserva sono compresi tra l’80 e l’85 per cento, con quasi metà della popolazione che vive sotto la soglia di povertà. L’aspettativa di vita è a livelli afgani: 47 anni per gli uomini, 52 per le donne, il tasso di mortalità infantile è cinque volte più alto della media statunitense, così come il tasso di suicidi tra gli adolescenti è quattro volte più alto. L’alcolismo è talmente diffuso che un neonato su quattro nella riserva nasce con una diagnosi di Sindrome alcolica fetale (Fas, in inglese) o di qualche altra malformazione legata all’abuso di alcol durante la gravidanza. E tutto questo nonostante l’alcol sia proibito nella riserva.
Per affrontare questa situazione terribile, gli anziani degli organi di autogoverno della riserva hanno deciso di fare causa ad alcune tra le maggiori case produttrici di birra degli Usa, tra cui la Sab Miller, la Molson Coors, la MillerCoors e la Pabst Brewing company. «Faremo tutto quanto legalmente possibile per proteggere la salute e il futuro dei nostri bambini, come ogni genitore americano», ha detto il presidente del governo locale John Yellow Bird Steele, all’Associated Press, mentre il legale degli indigeni, Tom White, spiegava le ragioni della causa: «Non è possibile vendere 4,9 milioni di lattine di birra e fare finta di nulla come Ponzio Pilato».
Oltre alle case produttrici, davanti alla corte distrettuale del Nebraska, sono finiti anche i proprietari dei negozi di alcolici della cittadina di Whiteclay, a una ventina di chilometri dal territorio della riserva: poco più di dodici abitanti, Whiteclay ha quattro negozi di liquori e birra che nel 2010 hanno venduto quasi cinque milioni di lattine. La tesi dell’accusa è che le case produttrici di birra, così come i proprietari degli spacci di Whiteclay, sanno benissimo che l’alcol finisce di contrabbando nella riserva, dove alimenta il circolo vizioso di povertà, sottosviluppo e microcriminalità che da decenni affligge gli Oglala, il clan Lakota a cui appartenevano Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo. «Il traffico di alcol a Whiteclay è ben noto – ha scritto nella denuncia l’avvocato White – e documentato da inchieste giornalistiche, audizioni degli organi legislativi, film, attività delle forze dell’ordine e proteste pubbliche». Si tratta di una quantità di birra «incompatibile, e di molto, con qualsiasi ammontare che potrebbe essere venduto rispettando le leggi del Nebraska», scrive ancora White. Nella loro lotta contro l’abuso di alcol, gli Oglala non sono da soli. L’organizzazione “grassroot” Nebraskans for peace li sostiene nella battaglia legale, tanto che il presidente dell’organizzazione, Mark Vasina, ha partecipato alla conferenza stampa accanto all’avvocato White e al capo Yellow Bird Steele.
«Abbiamo deciso di ricorrere al tribunale dopo aver esaurito ogni altro mezzo per farci ascoltare», ha detto ancora Yellow Bird Steele, spiegando durante la conferenza stampa organizzata giovedì a Lincoln, Nebraska, che le misure finora adottate, per esempio la riduzione dell’orario di apertura degli spacci, non sono servite e nulla, come del resto le iniziative di protesta organizzate dentro e fuori il territorio della riserva.
Rimane il tribunale e il tentativo di far passare l’idea che anche per le fabbriche di birra valga quel tipo di responsabilità indiretta rispetto alla salute dei consumatori che ha aperto la via alle grandi cause contro le multinazionali del tabacco. La richiesta di danni presentata dall’avvocato White è all’altezza della storia raccolta nei confini della riserva: 500 milioni di dollari.
di Joseph Zarlingo
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.