In alcune redazioni molto supponenti e poco sportive, quando un altro giornale trova una notizia in esclusiva (“scoop”), invece di riprenderla per farla conoscere ai propri lettori citando la fonte, si fa come la volpe con l’uva (voce del verbo “rosicare”). Si va a caccia di qualcuno che smentisca per dire: “La notizia è falsa. Del resto, se fosse vera, la sapremmo anche noi, anzi l’avremmo saputa per primi”. L’altra sera, appena Santoro e Ruotolo hanno preannunciato lo scoop di Marco Lillo, i rosiconi si sono messi subito all’opera. La loro speranza era che il documento pubblicato dal Fatto fosse falso. Purtroppo padre Lombardi ha confermato che è autentico, anche se contiene “farneticazioni che non vanno prese sul serio”. Ma allora perché far leggere al Papa farneticazioni da non prendere sul serio? Per fargli uno scherzo? Forse perché il mittente è un cardinale e riferisce le parole di un altro cardinale. Se ci sono cardinali farneticanti, forse è il caso di pensionarli. In ogni caso, per quel che riguarda il Fatto, una volta confermata l’autenticità del documento, nessun’altra “smentita” è possibile.
Se Romeo non ha detto quelle cose, o le ha dette ma non sono vere, qualsiasi smentita va indirizzata a chi ha inoltrato l’appunto al Papa (il cardinale Castrillón). Non certo al Fatto, che ha pubblicato un documento autentico. Punto. Ma i rosiconi non si perdono d’animo e giocano con le parole. Repubblica, per nascondere le parole “Fatto” e “quotidiano”, si esercita in tripli salti mortali carpiati con avvitamento. Occhiello sul giornale: “In tv spunta un documento: ‘ Attentato al Papa’”. Ecco com’è nata la notizia: è spuntata. Sito repubblica.it: “Notizie prive di fondamento”. Il cardinale Romeo smentisce la rivelazione del Fatto”. Smentisce? Romeo conferma persino il “viaggio privato in Cina a metà novembre”. Smentisce “quanto gli viene attribuito”. Ma va? Qualcuno poteva pensare che un cardinale ammetta di aver detto in giro che stanno per uccidere il Papa? Più correttamente il corriere. it evita la parola “smentita” e titola: “Il complotto (presunto) contro il Papa e il mistero di quel viaggio in Cina”. Che è la vera materia del contendere. Invece il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, va in tv e dice che il documento non meritava quel risalto: cioè, in un paese dove anche i sospiri dell’ultimo ecclesiastico su qualunque argomento dello scibile umano finiscono su tg e giornali, un appunto consegnato da un cardinale al Papa su un complotto per eliminarlo va nascosto. Magari in un breviario.
Certi vaticanisti sono letteralmente costernati dinanzi a questo oggetto misterioso chiamato “notizia”. Andrea Tornielli della Stampa ammette che il documento è “autentico ma sconclusionato”, poi però lamenta che “sia a disposizione dei media” (forse voleva dire “del Fatto”). Idem il messaggero. it: “Da qualche tempo a questa parte dalla Segreteria di Stato vaticana escono documenti riservati”. Anche per il giornale. it lo scandalo non è il documento, ma la pubblicazione: “Il mistero del complotto per uccidere il Papa: chi ha dato il documento ai giornali?” (forse voleva scrivere “al Fatto”). Poi il sallustionline rivela che “il Vaticano stronca sul nascere lo scoop del Fatto” e conclude: “Non sappiamo cosa ci sia di vero nello scoop del Fatto”. Ah, non lo sapete? Ve lo diciamo noi: è tutto vero e il Vaticano non stronca un bel nulla. Il sito dell’Unità non l’ha presa bene: “Se voleva attirare l’attenzione, il Fatto Quotidiano ci è riuscito… L’annuncio è stato dato in collegamento con Servizio Pubblico di Santoro (sostenuto dallo stesso Fatto)”. Ecco perché il Fatto dà una notizia: per “attirare l’attenzione” (dev’essere per questo che, al contrario, l’attenzione sull’Unità è piuttosto al ribasso). Ed ecco perché Santoro la anticipa: perché è sostenuto dal Fatto. L’idea che un giornale e un giornalista diano una notizia perché è il loro mestiere, non sfiora neppure l’house organ del Pd. Meno male che c’è Libero, che stacca tutti di parecchie lunghezze: “Travaglio ‘ uccide ’ il Papa. Vaticano: tutta fantasia”. Ma forse si confonde con l’attentato a Belpietro.
Il Fatto Quotidiano, 11 Febbraio 2012