Era stato accusato di essere tra gli autori di un efferato duplice omicidio che era costato la vita a due carabinieri. Per questo era stato torturato e seviziato dagli investigatori dell’Arma che volevano estorcergli la firma nel verbale di confessione. E dopo nove processi era addirittura arrivata nel 1990 la condanna definitiva all’ergastolo. Solo che lui con quella strage che il 27 gennaio 1976 costò la vita ai due militari di turno nella piccola casermetta di Alcamo Marina (Trapani) non c’entra niente.
E la sentenza d’assoluzione della corte d’appello di Reggio Calabria, come da richiesta della Procura generale, certifica definitivamente la sua innocenza: quella notte d’inverno del 1976 Giuseppe Gulotta non era tra gli assassini di Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, i due carabinieri che furono trovati crivellati di colpi il giorno dopo.
“Aspettavo questo momento da 36 anni” ha detto Gulotta che è scoppiato in lacrime nel momento in cui il giudice Ippolito ha letto la sentenza d’assoluzione. Trentasei lunghi anni sono passati da quella strage, anni che Gulotta ha trascorso tra il carcere, i lavori saltuari e la libertà vigilata.
Ad accusare Gulotta e i due amici Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli (che tra un processo e l’altro sono fuggiti in Sudamerica) fu Peppe Vesco, un ragazzo che veniva considerato vicino agli anarchici. Vesco fu arrestato un mese dopo l’eccidio dai carabinieri del colonnello Giuseppe Russo, che in macchina gli trovarono una delle pistole rubate nella casermetta.
Le indagini sulla strage vennero però depistate subito. È lo stesso Vesco che lo racconta nelle lettere scritte in carcere: per fargli fare i nomi dei presunti complici, i carabinieri lo tortureranno con botte e scariche elettrice nei genitali. Stesso destino che toccherà a Gulotta, Santangelo e Ferrandelli. Otto mesi dopo, Vesco cercherà di scagionare i tre ragazzi accusati ingiustamente, senza però riuscirci: verrà infatti trovato impiccato in carcere. Il ragazzo ha una mano sola ma nessuno si chiede come sia riuscito in quel modo a fare il nodo scorsoio.
Un anno dopo, il 10 agosto 1977, tocca al colonnello Russo finire assassinato a Corleone. Con la morte di Russo, uno dei responsabile delle torture, la verità sulla strage di Alcamo Marina sembra allontanarsi per sempre con il classico epilogo dei tanti misteri italiani: colpevoli perfetti, ma falsi, in carcere, quelli veri e insospettabili liberi.
Invece nel 2006, quando Gulotta si è ormai rassegnato a convivere con la sua condanna, spunta a sorpresa un brigadiere in pensione che racconta la verità. Renato Olino è stato infatti il teste chiave del processo di Reggio Calabria , che raccontando in aula le sevizie e le torture che caratterizzarono quelle indagini ha consentito a Gulotta di tornare in libertà.
Oggi alla procura di Trapani ci sono ancora due fascicoli aperti: uno sui veri autori dell’eccidio dei due carabinieri, rimasti ancora oggi senza volto; l’altro contro i militari Elio Di Bona, Fiorino Pignatella, Giovanni Provenzano e Giuseppe Scibilia, accusati di sequestro di persona e lesioni gravissime. Furono loro a interrogare Gulotta, Santangelo e Ferrantelli. Gli investigatori hanno scoperto anche che i carabinieri di Alcamo spostarono i mobili e riverniciarono le pareti delle stanze in cui furono interrogati i giovani per invalidarne una possibile e dettagliata accusa.
Ma perché i carabinieri cercarono in tutti i modi di depistare le indagini sugli assassini dei loro colleghi? E chi e perché uccise Apuzzo e Falcetta nella casermetta di Alcamo Marina? Domande queste che sono destinate probabilmente a restare senza risposta. Il pentito Leonardo Messina ha detto che negli anni Settanta “Cosa Nostra aveva pianificato una serie di attacchi allo Stato”.
Sul vicenda della casermetta indagò anche Peppino Impastato che in un volantino scriveva a questo proposito di stragi di stato e servizi deviati. Volantino sequestrato dopo la sua morte e mai più ritrovato. Dettaglio inquietante se si aggiunge che a sequestrarlo fu un carabiniere che sarebbe stato tra i torturatori di Gulotta. E proprio nel periodo in cui furono assassinati i due militari, Alcamo Marina era un vero scalo franco per il contrabbando di sigarette e il traffico di armi. Ambiente in cui si muoveva il fascista Pierluigi Concutelli. E in cui vanno inseriti i movimenti di Gladio che proprio in provincia di Trapani aveva un centro d’addestramento.