Per la stratega del potere Angela Merkel le dimissioni del presidente tedesco Christian Wulff, annunciate stamattina a Berlino, segnano un doppio fallimento. È fallita anzitutto l’illusione che un politico di professione sia necessariamente migliore di un outsider per ricoprire la più alta carica dello Stato: dopo l’esperienza (per lei) negativa di Horst Köhler, l’ex direttore generale del Fondo monetario che fu scelto dalla Merkel nel 2004 e che sei anni dopo gettò la spugna a causa di una controversa frase sulle missioni tedesche all’estero, la cancelliera voleva evitare a tutti i costi nuove sorprese. Per questo, nell’estate del 2010, si è affidata a Christian Wulff, che aveva per lei due vantaggi: anzitutto non era estraneo ai meccanismi della politica berlinese, come Köhler, bensì faceva politica nella Cdu da quando aveva 16 anni (non ha una vita, ma solo una “carriera politica”, attaccò allora il leader socialdemocratico Sigmar Gabriel); e poi figurava tra i possibili sfidanti futuri della Merkel per la carica di cancelliere.

Non solo, ma le dimissioni di Wulff sanciscono anche il fallimento dell’idea che sia possibile imporre un candidato senza consultare l’opposizione e ignorando, di fatto, i sentimenti di un popolo: nell’estate del 2010 l’opinione pubblica tedesca era fortemente schierata a favore di Joachim Gauck, l’ex attivista per i diritti civili nella Ddr lanciato in campo dall’opposizione socialdemocratica e Verde e popolarissimo tra i tedeschi. Non è un caso che stamattina Angela Merkel, commentando l’uscita di scena di Wulff, abbia annunciato di voler trovare un successore col consenso dell’opposizione socialdemocratica e Verde. Del resto ha ben poche alternative: nella Bundesversammlung, la speciale assemblea incaricata di eleggere il presidente, la coalizione guidata dalla Merkel può contare su una maggioranza molto risicata, per cui è tutt’altro che certo che la cancelliera possa imporre un suo nome senza cercare l’appoggio delle opposizioni. Già nel 2010 Wulff venne eletto soltanto al terzo scrutinio, perché molti voti della coalizione di governo finirono a Gauck.

Chi succederà a Wulff? L’elezione dovrà avvenire entro il 18 marzo. I primi colloqui all’interno della maggioranza sono già fissati per domani. Il presidente della Spd Gabriel si è detto disponibile a trovare insieme alla Merkel un nuovo presidente, “indipendentemente dal suo colore politico”. I nomi che circolano con più insistenza in queste ore sono, in parte, gli stessi che erano già stati indicati dopo le dimissioni di Köhler. Si va dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, una sorta di “abbonato” al toto-nomine per la carica di presidente federale, al ministro della Difesa e fedelissimo di Merkel Thomas de Maizière, al ministro del Lavoro Ursula von der Leyen, fino al presidente del Bundestag Norbert Lammert e all’ex ministro dell’Ambiente Klaus Töpfer.

Tutti hanno vantaggi e svantaggi: Schäuble è molto stimato anche tra i banchi della Spd e dei Verdi, ma è difficile che Merkel voglia rinunciare a lui in questa fase di difficoltà all’interno dell’Eurozona. Stesso discorso vale anche per de Maizière. Lammert gode di notevole credito tra Spd e Verdi, ma potrebbe risultare indigesto a una parte della maggioranza, mentre a frenare la candidatura di Töpfer è la sua età: 73 anni. La von der Leyen sembrava in pole position già nel 2010, ma la Merkel preferì optare per Wulff. Stavolta potrebbe essere lei a rifiutare cortesemente l’offerta di accomodarsi a Schloss Bellevue (il Quirinale tedesco): per molti aspirerebbe infatti a succedere a Merkel. Resta, accanto a quello del presidente della Corte costituzionale tedesca, Andreas Voßkuhle, un altro nome: quello di Joachim Gauck. Tra i liberali della Fdp, junior partner nel governo di Berlino, stamattina c’era già chi si esprimeva a suo favore. Un punto è certo: dopo le dimissioni di due candidati da lei scelti e imposti, Angela Merkel non può permettersi un terzo errore.

E Wulff? Con le sue dimissioni perde l’immunità, per cui la procura di Hannover, che aveva chiesto ieri sera al Bundestag la revoca della stessa, può avviare le sue indagini per i favori da lui ottenuti negli anni scorsi. Resta da chiarire se avrà diritto alla pensione di 199.000 euro l’anno assicurata a tutti gli ex presidenti. La legge prevede infatti che, per ottenerla, i presidenti dimissionari debbano aver fatto le valigie per motivi di salute o politici. Wulff, invece, ha sbattuto la porta a causa di una lunga lista di favori che gli sarebbero stati concessi prima ancora che venisse eletto presidente.

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