Come rappresaglia per le copie del Corano date alle fiamme nella base militare Nato di Bagram, oggi due militari statunitensi sono stati uccisi da un uomo vestito con l’uniforme dell’Esercito nazionale afghano. L’uomo avrebbe approfittato della protesta fuori della base. Dalla capitale Kabul alle più remote province del nordest, Badakshan e Kunar, la protesta nel paese si fa sempre più violenta. Nella provincia di Laghman, nella parte orientale, le forze di sicurezza sono ancora impegnate a sedare la rivolta. “Il nostro coraggioso popolo deve centrare le basi militari degli invasori, i loro convogli militari e le loro basi da invasori”. Questo il comunicato pubblicato oggi in email da Zabihullah Mujahid, uno dei portavoce della rivolta talebana in Afghanistan. “Deve ucciderli (gli occidentali – ndr), catturali e picchiarli per dargli una lezione, così che non osino più dissacrare di nuovo il sacro Corano”, continua Mujahid.
A niente è valsa la lettera ufficiale di scuse del presidente Obama al presidente afghano Hamid Karzai, che ha definito l’atto di bruciare il libro “un atto sbadato” e “un errore” e ha espresso “rammarico e scuse per l’incidente nel quale il materiale religioso è stato maltrattato non intenzionalmente”. Migliaia di dimostranti da stamattina si sono riuniti in tutte le parti del paese, alcuni al grido di “morte all’America!”. La più grande agenzia di media afghana riporta che gli slogan più urlati sono “morte agli americani”, “morte a Obama”, “morte a Bush – i colpevoli devono essere giudicati”, “morte agli infedeli”. Nell’area orientale di Kabul centinaia di giovani hanno lanciato pietre contro la polizia, che ha sparato in aria per disperdere i manifestanti.
Circa mille wardaki, gli abitanti della provincia di Maidan Wardak situata nella zona centro-orientale dell’Afghanistan, di etnia principalmente pashtun, hanno bloccato per diverse ore l’autostrada Kabul-Kandahar, che ha riaperto stamattina verso le 9. Nonostante gli appelli di ieri di Karzai alla calma, i tumulti sono stati particolarmente violenti nella città di Jalalabad, nell’estrema parte orientale, dove come minimo sei persone sono state uccise dalle forze di polizia e decine ferite. Le proteste stanno allargandosi anche nelle province relativamente stabili di Badakhshan, situata a nordest al confine con il Tajikistan, di cui un ramo chiamato corridoio Wakhan si estende fra la Cina e il Pakistan, e la confinante provincia di Takhar, più a occidente, nota per esservi stato ucciso il famoso Massoud, il mujaheddin moderato fiero combattente contro gli invasori sovietici, soli due giorni prima degli attacchi alle Torri Gemelle. Nella città di Herat, nella parte opposta del paese verso occidente, circola la notizia che per domani sia stata organizzata una grande dimostrazione, dopo la grande preghiera di mezzogiorno del venerdì, giorno di festa settimanale per gli islamici. Le proteste potrebbero complicare gli sforzi compiuti dagli Stati Uniti e dalla Nato per raggiungere un accordo con il governo afghano al fine di ridurre drasticamente il numero delle truppe occidentali presenti sul territorio, molto prima del ritiro previsto entro il dicembre 2014.
Martine van Bijlert, dell’Afghanistan Analysts Network ha detto che quello che sta succedendo è una combinazione di indignazione religiosa, gruppi che vogliono fomentare i problemi e frustrazione per la mancanza di sicurezza e le condizioni economiche. Secondo Amnesty International, che pochi giorni fa ha pubblicato una relazione di 101 pagine, basata su 3 anni di lavoro, intitolata “In fuga dalla guerra trovare la miseria: la situazione degli sfollati in Afghanistan”, 400 persone al giorno fuggono dalle proprie abitazioni e mezzo milione di sfollati vive negli slum, le baraccopoli che circondano le città principali. In questo crisi umanitaria “nascosta” il governo afghano e i donatori internazionali impediscono gli aiuti, lasciando la popolazione a morire di fame, per fingere che non ci sia emergenza. Migliaia di questi sfollati vive in capanne di fango, compensato e pezzi di plastica, che offrono poca protezione contro il freddo (a Kabul, nel centro-nord, questi giorni la temperatura è diversi gradi sotto lo zero, mentre a Kandahar, più a sud, si aggira intorno allo zero). La maggior parte di queste famiglie lamenta di poter dare ai bambini solo un pasto al giorno. La sola Kabul vede circa 35mila persone sfollate da ogni parte del paese in 30 baraccopoli. La maggior parte delle persone è fuggita dai bombardamenti aerei da parte dell’Isa (le forze internazionali) o per non essere usata come scudo umano dai talebani.
La missione Onu in Afghanistan dice che solo l’anno scorso sono stati uccisi nei conflitti – diffusi in parti del Paese considerate relativamente pacifiche – 3700 civili e che dal 2007 a oggi il numero dei morti è stato in costante aumento. A peggiorare la situazione di miseria, mancanza di cibo, di condizioni sanitarie adeguate e istruzione, inoltre, alle agenzie Onu e le organizzazioni umanitarie è vietato aiutare in modo efficace gli sfollati in modi che implichino il loro insediamento stabile: per esempio, non possono scavare pozzi, ma devono portare l’acqua con le cisterne.
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Afghanistan, due soldati Usa uccisi: è rappresaglia per il Corano bruciato
A niente è valsa la lettera ufficiale di scuse al presidente afghano Hamid Karzai da parte di Barak Obama, che ha definito l'atto di ardere il libro "un atto sbadato" e "un errore" e ha espresso "rammarico e scuse per l'incidente nel quale il materiale religioso è stato maltrattato non intenzionalmente"
A niente è valsa la lettera ufficiale di scuse del presidente Obama al presidente afghano Hamid Karzai, che ha definito l’atto di bruciare il libro “un atto sbadato” e “un errore” e ha espresso “rammarico e scuse per l’incidente nel quale il materiale religioso è stato maltrattato non intenzionalmente”. Migliaia di dimostranti da stamattina si sono riuniti in tutte le parti del paese, alcuni al grido di “morte all’America!”. La più grande agenzia di media afghana riporta che gli slogan più urlati sono “morte agli americani”, “morte a Obama”, “morte a Bush – i colpevoli devono essere giudicati”, “morte agli infedeli”. Nell’area orientale di Kabul centinaia di giovani hanno lanciato pietre contro la polizia, che ha sparato in aria per disperdere i manifestanti.
Circa mille wardaki, gli abitanti della provincia di Maidan Wardak situata nella zona centro-orientale dell’Afghanistan, di etnia principalmente pashtun, hanno bloccato per diverse ore l’autostrada Kabul-Kandahar, che ha riaperto stamattina verso le 9. Nonostante gli appelli di ieri di Karzai alla calma, i tumulti sono stati particolarmente violenti nella città di Jalalabad, nell’estrema parte orientale, dove come minimo sei persone sono state uccise dalle forze di polizia e decine ferite. Le proteste stanno allargandosi anche nelle province relativamente stabili di Badakhshan, situata a nordest al confine con il Tajikistan, di cui un ramo chiamato corridoio Wakhan si estende fra la Cina e il Pakistan, e la confinante provincia di Takhar, più a occidente, nota per esservi stato ucciso il famoso Massoud, il mujaheddin moderato fiero combattente contro gli invasori sovietici, soli due giorni prima degli attacchi alle Torri Gemelle. Nella città di Herat, nella parte opposta del paese verso occidente, circola la notizia che per domani sia stata organizzata una grande dimostrazione, dopo la grande preghiera di mezzogiorno del venerdì, giorno di festa settimanale per gli islamici. Le proteste potrebbero complicare gli sforzi compiuti dagli Stati Uniti e dalla Nato per raggiungere un accordo con il governo afghano al fine di ridurre drasticamente il numero delle truppe occidentali presenti sul territorio, molto prima del ritiro previsto entro il dicembre 2014.
Martine van Bijlert, dell’Afghanistan Analysts Network ha detto che quello che sta succedendo è una combinazione di indignazione religiosa, gruppi che vogliono fomentare i problemi e frustrazione per la mancanza di sicurezza e le condizioni economiche. Secondo Amnesty International, che pochi giorni fa ha pubblicato una relazione di 101 pagine, basata su 3 anni di lavoro, intitolata “In fuga dalla guerra trovare la miseria: la situazione degli sfollati in Afghanistan”, 400 persone al giorno fuggono dalle proprie abitazioni e mezzo milione di sfollati vive negli slum, le baraccopoli che circondano le città principali. In questo crisi umanitaria “nascosta” il governo afghano e i donatori internazionali impediscono gli aiuti, lasciando la popolazione a morire di fame, per fingere che non ci sia emergenza. Migliaia di questi sfollati vive in capanne di fango, compensato e pezzi di plastica, che offrono poca protezione contro il freddo (a Kabul, nel centro-nord, questi giorni la temperatura è diversi gradi sotto lo zero, mentre a Kandahar, più a sud, si aggira intorno allo zero). La maggior parte di queste famiglie lamenta di poter dare ai bambini solo un pasto al giorno. La sola Kabul vede circa 35mila persone sfollate da ogni parte del paese in 30 baraccopoli. La maggior parte delle persone è fuggita dai bombardamenti aerei da parte dell’Isa (le forze internazionali) o per non essere usata come scudo umano dai talebani.
La missione Onu in Afghanistan dice che solo l’anno scorso sono stati uccisi nei conflitti – diffusi in parti del Paese considerate relativamente pacifiche – 3700 civili e che dal 2007 a oggi il numero dei morti è stato in costante aumento. A peggiorare la situazione di miseria, mancanza di cibo, di condizioni sanitarie adeguate e istruzione, inoltre, alle agenzie Onu e le organizzazioni umanitarie è vietato aiutare in modo efficace gli sfollati in modi che implichino il loro insediamento stabile: per esempio, non possono scavare pozzi, ma devono portare l’acqua con le cisterne.
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Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.