“Sentitevi liberi di non entrare in fabbrica”. E’ questa la sostanza del telegramma arrivato nel pomeriggio a Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, i tre operai licenziati dalla Fiat di Melfi che il giudice ha fatto rientrare in fabbrica avendo dichiarato antisindacale il provvedimento dell’azienda. Ma la Fiat non sembra voler dar seguito alla sentenza. O almeno non vuole darle un seguito completo.
Nel telegramma, infatti, la Fiat ribadisce che pagherà stipendi e contributi regolarmente, solo che non vuole la presenza dei tre operai nello stabilimento. Lo fece già nel 2010 in seguito alla prima sentenza costringendo i tre lavoratori a stazionare nella saletta sindacale. Oggi lo fa di nuovo costringendo così gli operai a una nuova azione legale.
Sentiti dal Fatto, gli avvocati del lavoro che hanno vinto il ricorso in appello annunciano che provvederanno a nuove iniziative alcune delle quali “mai prese prima” in casi come questi.
Proprio stamattina la Fiom aveva organizzato davanti alla sede dello stabilimento un volantinaggio per distribuire la sentenza con cui ieri la corte d’Appello di Potenza ha reintegrato al lavoro i tre operai. Emanuele De Nicola, segretario regionale dei metalmeccanici, aveva spiegato: “Si tratta di un’iniziativa per informare tutti su quanto è accaduto, e in particolare sul fatto che l’attività sindacale non può essere oggetto di licenziamento”.