Una svolta verso il rigore di bilancio nell’area euro, come lo definisce la cancelliera tedesca Angela Merkel. O, al contrario, l’ennesima stratificazione di regole, con relativi escamotage per aggirarle, senza affrontare il nodo di come rilanciare la crescita al lumicino che affligge mezza Unione europea. Sono diverse le interpretazioni che si danno del Patto di bilancio Ue oggi firmato da 25 leader dell’Unione, che però fa perno su una serie di punti fermi che rappresentano sì un compromesso, ma comunque un passo avanti rispetto alla gestione dei conti pubblici del passato. Ecco quali.

PAREGGIO, O QUASI. Uno dei punti fondamentali del ‘fiscal compact’, nome ispirato dal presidente della Bce Mario Draghi che l’ha fortemente caldeggiato per mesi, è il contenimento dei deficit di bilancio. La ‘regola d’orò voluta dalla Merkel, che dovrebbe essere presupposto ad una Germania più generosa nel concedere salvataggi ai Paesi bisognosi, prevede che il rapporto fra deficit e Pil non debba mai superare lo 0,5%. Un livello che appare irraggiungibile per molti Paesi dell’Eurozona. Per questo, l’accordo prevede che, prima che scattino le sanzioni automatiche che avrebbero voluto Berlino e la Bce, i Paesi in deficit possano adottare meccanismi correttivi.

STRETTA ANTI-DEBITO. Sul debito pubblico il Patto ricalca il trattato di Maastricht e che ha gettato le fondamenta dell’euro: i Paesi dell’Eurozona devono ricondurlo al 60% del Pil al ritmo di un ventesimo l’anno. Un obbiettivo ambiziosissimo per chi, come la Grecia, punta verso il 150% ma anche per l’Italia, che viaggia intorno al 120%. Per ammorbidirlo, il compromesso trovato è quello di prendere in considerazione fattori ‘attenuanti’: come il livello dell’indebitamento privato e della spesa pensionistica.

LEGGE NAZIONALE. Una volta ratificato, il ‘Fiscal Compact’ dovrà in base agli accordi essere recepito negli ordinamenti nazionali. Fattore, questo, che rappresenta un passo avanti rispetto a Maastricht e al Patto di stabilità europeo. Anche se c’è chi teme che tanta rigidità sia la ricetta perfetta per la recessione.

IL NODO POLITICO. L’accordo raggiunto prevede che potranno ricevere l’assistenza finanziaria del fondo di salvataggio ‘Esm’ solo i Paesi che avranno ratificato il Patto di bilancio. Restano fuori dall’accordo la Gran Bretagna, la Repubblica ceca (anch’essa fuori dall’euro) e l’Irlanda, quest’ultima nella moneta unica: il referendum cui Dublino deve sottoporre il ‘Compact’ è un possibile ostacolo. Non in grado, tuttavia, d’impedirne l’entrata in vigore nel gennaio 2013: saranno sufficienti anche solo 12 ratifiche nazionali.

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