Aldo Busi – sempre colui che si è definito il più grande scrittore di tutti i tempi, e che però gli italiani conoscono soprattutto grazie alle comparsate a L’isola dei famosi – si è avuto a male del mio post comparso ieri su ilfattoquotidiano.it.
C’è rimasto così male al punto da rispondere con la sua consueta dose di insulti (vedi sotto), questa volta composti senza nemmeno ricorrere alle sue abituali selve di incisi e giungle di parentesi tonde. Addirittura mi ha dato del “chierichetto frustrato” e se lo dice lui che chierichetto è stato, mentre io no, c’è da temere. Viene alla mente Mario Brega che dice “A me fascio?”, ma lasciamo perdere. Altri insulti sono piovuti dai suoi fanatici, prontamente pubblicati dal blog di Busi con dignità di post. Dovremo mica preoccuparci se Busi chiede aiuto ai suoi fanatici per insultare qualcuno? Scherzi a parte, sono ben contento che l’autore di Cazzi e canguri (pochissimi i canguri) abbia ritenuto di dover rispondere alla mia critica e l’abbia fatto giustificando nel dettaglio il suo ignobile comportamento che resta, nei fatti, peggiore di quello di Maramaldo. Busi, punto chiaramente sul vivo, al netto degli insulti da pivello ha infatti reagito come si deve: ha subito risposto con uno scritto pubblico. Proprio ciò che Lucio Dalla e Pier Vittorio Tondelli non han potuto fare davanti agli attacchi post mortem e schifosetti di Busi.
Unica richiesta che muovo al sodale di Barbara d’Urso: evitare la tecnica del mettere in bocca agli altri ciò che non hanno mai detto. Io non ho mai sostenuto che la sessualità sia un fatto privato, specie in un uomo pubblico. Sono banalmente della vecchia scuola per cui se c’è da fare una critica pubblica, all’opera o alla condotta di un artista, la fai quando l’altro è vivo e presente – come ho fatto io nei riguardi di Busi stesso, o di Renato Zero in Tutta colpa di Miguel Bosé, e perdonate l’autocitazione con l’inciso, ma quando si legge il maestro di Montichiari si diventa sempre un po’ ombelicali – non quando è morto o assente. A meno che il tuo obiettivo sia solo far tornare a parlare un pochino anche di te, quando tutti parlano di quell’altro, steso nella bara. Punto. Questo significa beatificare i morti? Proprio per niente. Significa essere abbastanza uomini per capire quando è il momento di parlare e quando di tacere.
Chiusa la querelle con Busi e i suoi fanatici, due parole sull’altro schifo visto ieri in televisione. Le istituzioni e i media che, al funerale di Dalla, han presentato Marco Alemanno come “uno stretto collaboratore” et similia, mentre tutti sanno che era il suo compagno, rinnegano il sentimento dell’amore fra due uomini. Più che un atteggiamento cristiano, a me pare un atteggiamento da aguzzini, e bene ha fatto Annunziata a rimarcarlo. Verità per verità, non ci fa una gran figura nemmeno Marco Alemanno a lasciarsi presentare in pubblico come qualunque cosa che non sia “l’ex compagno di Dalla”, ma per lui vale il beneficio del dubbio: probabilmente era talmente stravolto dalla giornata e dal dolore, che non avrà nemmeno badato a come veniva presentato.
Se volete una magrissima consolazione: un passo avanti a Banana Republic si è comunque fatto. Quando nel 2005 morì lo scrittore Giuseppe Patroni Griffi, l’indimenticabile autore di uno dei migliori romanzi omoerotici, La morte della bellezza, il suo compagno Aldo Terlizzi venne presentato dal prete di turno come “suo figlio”, mentre tutti sapevano che lo scrittore aveva adottato il fidanzato solo per risolvere le magagne dell’eredità. Il segreto di Pulcinella fu svelato dal collega Saverio Aversa, che pubblicò questo articolo su Liberazione, temendo una querela. Mai arrivata.
E si farà l’amore / ognuno come gli va, / anche i preti potranno sposarsi / ma soltanto a una certa età.
Ecco la replica di Aldo Busi
L’articolo a firma di tale Sciltian Gastaldi “Busi, una parola buona per tutti (i morti)” sul “fatto quotidiano”, non so se online o su cartaceo, è di una tale ridicola e analfabeta supponenza da chierichetto frustrato che può fare il paio solo con quella, ma almeno in pessima buonafede, di quanti pelosissimamente ancora asseriscono che la sessualità umana è un fatto privato e ognuno dentro casa sua fa come crede – non solo la sessualità è politica e non privata, ma non lo è neppure l´aria ognuno coi suoi polmoni, perché non sei tu a decidere quale aria respirare, e te lo dice uno che abita in un posto dove il tasso di mortalità per cancro è tra i più alti d´Europa e dove, mi cito, “l´unico modo per ventilare gli ambienti è non aprire le finestre”.
Se io non ho detto quello che ho scritto su Tondelli e Dalla quando erano ancora in vita ((anche se a Tondelli l’ho detto di persona) è stato perché a) potevo sempre illudermi che ci avrebbero pensato a convincersi e a ravvedersi da sé prima che fosse troppo tardi, b) io per principio, se uno non è omofobo di mestiere ma è solo uno strainculato gay timoroso del fuoco di Sodoma e vive nel calduccio della sua vantaggiosa (?) ipocrisia a sfondo clericale, lo lascio al suo destino e non forzo una situazione a suo vantaggio liberandolo dal gioco suo malgrado: che crepi così come ha vissuto, la sua irresponsabilità illimitata è una cosa che ancora non riguarda me cittadino, c) perché non erano più vivi in vita di quanto non lo siano diventati da salme e solo la morte gli ha restituito quel po´ di vita degna di una mia parola a riguardo.
Ora sappiamo che invece del “fatto” possiamo tranquillamente comperare “l’Avvenire” – che, mi duole ammetterlo, è scritto anche meglio.
Aldo Busi
Sciltian Gastaldi
Scrittore e giornalista
Cronaca - 5 Marzo 2012
Dalla, Busi e chierichetti (diritto di replica)
Aldo Busi – sempre colui che si è definito il più grande scrittore di tutti i tempi, e che però gli italiani conoscono soprattutto grazie alle comparsate a L’isola dei famosi – si è avuto a male del mio post comparso ieri su ilfattoquotidiano.it.
C’è rimasto così male al punto da rispondere con la sua consueta dose di insulti (vedi sotto), questa volta composti senza nemmeno ricorrere alle sue abituali selve di incisi e giungle di parentesi tonde. Addirittura mi ha dato del “chierichetto frustrato” e se lo dice lui che chierichetto è stato, mentre io no, c’è da temere. Viene alla mente Mario Brega che dice “A me fascio?”, ma lasciamo perdere. Altri insulti sono piovuti dai suoi fanatici, prontamente pubblicati dal blog di Busi con dignità di post. Dovremo mica preoccuparci se Busi chiede aiuto ai suoi fanatici per insultare qualcuno? Scherzi a parte, sono ben contento che l’autore di Cazzi e canguri (pochissimi i canguri) abbia ritenuto di dover rispondere alla mia critica e l’abbia fatto giustificando nel dettaglio il suo ignobile comportamento che resta, nei fatti, peggiore di quello di Maramaldo. Busi, punto chiaramente sul vivo, al netto degli insulti da pivello ha infatti reagito come si deve: ha subito risposto con uno scritto pubblico. Proprio ciò che Lucio Dalla e Pier Vittorio Tondelli non han potuto fare davanti agli attacchi post mortem e schifosetti di Busi.
Unica richiesta che muovo al sodale di Barbara d’Urso: evitare la tecnica del mettere in bocca agli altri ciò che non hanno mai detto. Io non ho mai sostenuto che la sessualità sia un fatto privato, specie in un uomo pubblico. Sono banalmente della vecchia scuola per cui se c’è da fare una critica pubblica, all’opera o alla condotta di un artista, la fai quando l’altro è vivo e presente – come ho fatto io nei riguardi di Busi stesso, o di Renato Zero in Tutta colpa di Miguel Bosé, e perdonate l’autocitazione con l’inciso, ma quando si legge il maestro di Montichiari si diventa sempre un po’ ombelicali – non quando è morto o assente. A meno che il tuo obiettivo sia solo far tornare a parlare un pochino anche di te, quando tutti parlano di quell’altro, steso nella bara. Punto. Questo significa beatificare i morti? Proprio per niente. Significa essere abbastanza uomini per capire quando è il momento di parlare e quando di tacere.
Chiusa la querelle con Busi e i suoi fanatici, due parole sull’altro schifo visto ieri in televisione. Le istituzioni e i media che, al funerale di Dalla, han presentato Marco Alemanno come “uno stretto collaboratore” et similia, mentre tutti sanno che era il suo compagno, rinnegano il sentimento dell’amore fra due uomini. Più che un atteggiamento cristiano, a me pare un atteggiamento da aguzzini, e bene ha fatto Annunziata a rimarcarlo. Verità per verità, non ci fa una gran figura nemmeno Marco Alemanno a lasciarsi presentare in pubblico come qualunque cosa che non sia “l’ex compagno di Dalla”, ma per lui vale il beneficio del dubbio: probabilmente era talmente stravolto dalla giornata e dal dolore, che non avrà nemmeno badato a come veniva presentato.
Se volete una magrissima consolazione: un passo avanti a Banana Republic si è comunque fatto. Quando nel 2005 morì lo scrittore Giuseppe Patroni Griffi, l’indimenticabile autore di uno dei migliori romanzi omoerotici, La morte della bellezza, il suo compagno Aldo Terlizzi venne presentato dal prete di turno come “suo figlio”, mentre tutti sapevano che lo scrittore aveva adottato il fidanzato solo per risolvere le magagne dell’eredità. Il segreto di Pulcinella fu svelato dal collega Saverio Aversa, che pubblicò questo articolo su Liberazione, temendo una querela. Mai arrivata.
E si farà l’amore / ognuno come gli va, / anche i preti potranno sposarsi / ma soltanto a una certa età.
Ecco la replica di Aldo Busi
L’articolo a firma di tale Sciltian Gastaldi “Busi, una parola buona per tutti (i morti)” sul “fatto quotidiano”, non so se online o su cartaceo, è di una tale ridicola e analfabeta supponenza da chierichetto frustrato che può fare il paio solo con quella, ma almeno in pessima buonafede, di quanti pelosissimamente ancora asseriscono che la sessualità umana è un fatto privato e ognuno dentro casa sua fa come crede – non solo la sessualità è politica e non privata, ma non lo è neppure l´aria ognuno coi suoi polmoni, perché non sei tu a decidere quale aria respirare, e te lo dice uno che abita in un posto dove il tasso di mortalità per cancro è tra i più alti d´Europa e dove, mi cito, “l´unico modo per ventilare gli ambienti è non aprire le finestre”.
Se io non ho detto quello che ho scritto su Tondelli e Dalla quando erano ancora in vita ((anche se a Tondelli l’ho detto di persona) è stato perché a) potevo sempre illudermi che ci avrebbero pensato a convincersi e a ravvedersi da sé prima che fosse troppo tardi, b) io per principio, se uno non è omofobo di mestiere ma è solo uno strainculato gay timoroso del fuoco di Sodoma e vive nel calduccio della sua vantaggiosa (?) ipocrisia a sfondo clericale, lo lascio al suo destino e non forzo una situazione a suo vantaggio liberandolo dal gioco suo malgrado: che crepi così come ha vissuto, la sua irresponsabilità illimitata è una cosa che ancora non riguarda me cittadino, c) perché non erano più vivi in vita di quanto non lo siano diventati da salme e solo la morte gli ha restituito quel po´ di vita degna di una mia parola a riguardo.
Ora sappiamo che invece del “fatto” possiamo tranquillamente comperare “l’Avvenire” – che, mi duole ammetterlo, è scritto anche meglio.
Aldo Busi
Articolo Precedente
Reggio Calabria, crolla palco del concerto di Laura Pausini: un morto e due feriti
Articolo Successivo
Lucio e Marco
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Politica
Riarmo Ue, al Senato parla Meloni | Diretta tv. Il Pd arriva a una risoluzione unitaria: “Serve radicale revisione del piano di Von der Leyen”
Mondo
Israele rompe la tregua e attacca Hamas: “Oltre 400 morti, pure il premier di Gaza”. I parenti degli ostaggi contro Netanyahu: “Fermi l’uccisione dei nostri cari”
Mondo
Telefonata Trump-Putin tra le 14 e le 16. Kiev: “Mosca ora accetti la tregua senza condizioni”
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Cresce del 10% il consumo televisivo notturno e questo grazie anche ai device che consentono di guardare la tv comodamente a letto, nei locali, in viaggio, nella cuccetta di un treno e via discorrendo. Secondo il report di OmnicomMediaGroup, centro media quotato in Borsa che elabora per conto del quotidiano Libero i dati Auditel, il consumo della tv di notte ha raggiunto numeri importanti. Forse anche per effetto della Total Audience Auditel, che misura appunto l'utenza sui device tecnologici, OmnicomMediaGroup stima una cifra media di oltre 2 milioni di aficionados giornalieri dei programmi notturni con più di 3 milioni di contatti, con aumenti consistenti durante i weekend.
Fra i format più seguiti film, serie tv, news, documentari e naturalmente sport. Domenica notte, per esempio, dopo "La domenica sportiva", "L'altra DS" su Rai 2 dopo l'una ha tenuto una media di 273mila spettatori col 5.5% di share mentre su Canale 5 "Pressing", terminato quasi alle due, ha incollato davanti allo schermo 677mila spettatori medi col 12.1% di share.
Nella notte tra sabato e domenica, invece, "Sport Mediaset-La Giornata" su Italia 1 verso le due e mezza ha totalizzato 116mila teleutenti col 4.5% di share mentre il film "The Town" della serie "I Bellissimi" di Rete 4 fino alle due e mezza ha viaggiato su una media di oltre 150mila spettatori col 6.2% di share e a seguire "Ciak News", il format di news sulle uscite al cinema, ha segnato 128mila teste col 5.2%. Alle quattro di notte, sempre su Rete 4, erano in 50mila (3.6% di share) a vedere "Sandokan, la tigre di Mompracem" di Umberto Lenzi del 1963.
Ottimi riscontri anche per "Applausi" di Gigi Marzullo su Rai 1 dopo le due di notte (131mila teste e 6% di share), la rubrica di Rainews24 "TuttiFrutti" in onda verso le tre in simulcast su Rai 1 (120mila persone con il 7.1% di share), la replica di "Striscia la Notizia" su Canale 5 verso le tre (165mila utenti col 10.3% di share), o il tg "Studio Aperto La Giornata" su Italia 1 dopo le due (115mila teste col 4.5% di share) o ancora il talk "Accordi & Disaccordi" sul Nove verso le due e un quarto (101mila spettatori col 4.2% di share). Ma sorprendono anche i quasi 100mila spettatori (3.8% di share) che alle due e mezza e fino alle tre e passa di sabato notte seguivano su Real Time "Body Bizarre", format su persone affette da patologie rare. Consumo leggermente più alto al Nord, con picchi del 15% di share, poi il Sud che arriva a punte del 10%.
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - "Lilly è da sempre protagonista nella lotta al diabete, una delle principali sfide di salute pubblica, grazie a un impegno costante nella ricerca e nello sviluppo di terapie innovative. Un'eredità scientifica iniziata nel 1923 con la prima insulina disponibile in commercio, che ha segnato una svolta nella gestione della patologia e che Lilly ha continuato a perfezionare con l'introduzione della prima insulina umana ottenuta con Dna ricombinante negli anni '80. Oggi, questo impegno si rinnova con tirzepatide, una terapia innovativa per il diabete di tipo 2, frutto di decenni di ricerca metabolica". Lo ha detto Federico Villa, Associate Vice President Corporate Affairs & Patient Access Lilly Italy Hub, nel suo intervento oggi a Roma alla conferenza stampa 'Diabete di tipo 2: investire in salute, tra accesso all'innovazione ed efficienza del Ssn, è la sfida per il futuro', promossa da Lilly.
"Tirzepatide non solo migliora il controllo glicemico e riduce i fattori di rischio cardiovascolare, ma supporta anche la perdita di peso, un fattore chiave nella gestione della malattia, rispondendo a un bisogno clinico ancora insoddisfatto", evidenzia Villa. "Lilly - sottolinea - continua a investire significativamente in ricerca e a rafforzare la propria presenza nell'area del diabete: nello stabilimento di Sesto Fiorentino, tra i più grandi centri europei per la produzione di farmaci biotecnologici, Lilly produce insulina da Dna ricombinante e farmaci innovativi per la cura del diabete come tirzepatide - che definisco orgogliosamente un farmaco 'made in Italy' - confermando un impegno storico nella cura di questa patologia e garantendo soluzioni terapeutiche all'avanguardia per i pazienti di oggi e di domani".
E dopo l'ok dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla rimborsabilità di tirzepatide, il primo e fino ad oggi unico farmaco di una nuova classe terapeutica, agonista recettoriale di Gip e Glp-1, per Villa "ora è fondamentale accelerare anche i processi regionali per evitare di creare differenze troppo forti a livello territoriale nell'accesso alle cure e garantire gli stessi livelli di cura a tutti i pazienti diabetici sul territorio nazionale". Come "azienda - conclude - ci siamo impegnati molto per far sì che tirzepatide potesse essere disponibile per tutti i pazienti che ne avessero bisogno in ogni regione, andando anche a rispondere al problema delle carenze che ha caratterizzato questa classe di farmaci negli ultimi anni. Forti di un'alleanza che va avanti da anni, abbiamo lavorato con tutti gli stakeholder coinvolti nel percorso di cura del paziente, specialisti, medici di famiglia e farmacisti, al fine di valorizzare un percorso di cura integrato ed efficiente a beneficio del paziente, garantendo prossimità di cura e rapido accesso all'innovazione. Innovazione che a sua volta offre poi risparmi diretti e indiretti per il sistema, riducendo complicazioni e prevenendo il carico sugli ospedali e sul sistema sociale e previdenziale. L'innovatività nell'ambito delle cronicità non è sempre valorizzata a sufficienza, ma è capace di generare enormi impatti di salute anche a causa dell'alta prevalenza e crescente incidenza di patologie come diabete e obesità. Farmaci come tirzepatide offrono oggi al clinico uno strumento di cura olistico per pazienti affetti da questa grave patologia".
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - "La lipoproteina (a) rappresenta un ulteriore fattore di rischio in ambito cardiovascolare. E' stata categorizzata come fattore di rischio indipendente, ma ha anche la capacità di peggiorare la situazione di pazienti che già ne presentano altri. La Lp(a) non è altro che una componente dell'Ldl che lo rende ancora più aterogeno e aggressivo per i nostri vasi. Geneticamente determinata, si può testare con un classico esame del sangue. Basta misurarla un'unica volta e avremo una stima significativa del suo valore con piccole oscillazioni nel corso della vita". Lo ha detto Mario Crisci, dirigente medico Uoc Cardiologia interventistica presso l'Azienda ospedaliera di rilievo nazionale (Aorn) dei Colli, ospedale Monaldi di Napoli, in occasione dell’incontro 'Non solo colesterolo Ldl: alla scoperta della Lipoproteina (a)', organizzato da Novartis questa mattina a Milano.
"Non esiste un identikit valido per tutti i soggetti a rischio cardiovascolare - prosegue Crisci - ognuno ha la sua categoria che viene determinata sulla base di alcune caratteristiche cliniche come colesterolo, ipertensione arteriosa, glicemia, fumo di sigaretta. Sulla base di questo, siamo in grado di valutare, attraverso degli score, il rischio del paziente e dividerlo in categorie da basso a moderato, elevato e molto elevato. Sulla base della categoria di rischio andiamo ad adattare lo screening cardiovascolare ed eventualmente a decidere i target terapeutici da raggiungere. Questo ha un grosso impatto nello screening della popolazione e andrebbe sempre effettuato nel corso di una semplice visita o di medicina generale o cardiologica".
Oggi la sfida nella gestione dei pazienti con elevati livelli di Lp(a) è gravata dal fatto che non esistono farmaci approvati specificamente per ridurne i livelli, pertanto, i medici si concentrano su strategie indirette. "Attualmente solo la plasmaferesi è in grado di ridurre in modo significativo i livelli di lipoproteina(a), ma è una tecnica abbastanza invasiva - spiega Crisci - Dal punto di vista farmacologico nessun'altra molecola ha un grosso impatto su di essa. Sono, però, in corso degli studi con Aso e siRna che sono nuove tecnologie e farmaci davvero innovativi che possono abbattere in modo significativo il livello Lp(a) e ridurre il rischio cardiovascolare dei nostri pazienti".
Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - Nel 2016 il collaboratore di giustizia, ex agente della Polizia penitenziaria Pietro Riggio, avrebbe ricevuto pressioni dai vertici dei Servizi segreti "per non accusare" Antonello Montante, l'ex Presidente degli industriali siciliani condannato per corruzione. Lo ha ribadito, proseguendo la deposizione al processo per il depistaggio a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione accusati del reato di depistaggio, gli ufficiali Angiolo Pellegrini, 82 anni, storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone, e Alberto Tersigni, 63 anni, entrambi per anni in forza alla Dia.montante, "Sono stato agganciato presso uno studio legale di Latina, dove allora ero sotto protezione - dice Riggio - dal generale Nicolò Pollari, che ebbe a sollecitarmi, quasi a rimproverarmi, perché stavamo perseguendo Montante e lui sollecitava che dovevamo lasciarlo in pace". L'ex poliziotto della penitenziaria, in rapporti con la criminalità organizzata prima di collaborare, sostiene di essere stato intimorito nel 2016 a Latina, la città dove ha vissuto sotto protezione per diversi anni quando era collaboratore di giustizia, ma prima che fornisse le nuove dichiarazioni. Avvertimenti sui quali aleggia l'ombra degli 007 italiani, come ha spiegato oggi ancora una volta, come fece al processo trattativa Stato-Mafia. E anche oggi ha tirato direttamente in ballo il generale Nicolò Pollari, ex numero uno del servizio segreto militare ai tempi del Sismi, il quale lo avrebbe cercato nello studio legale del suo avvocato latinense.
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - Ha un ruolo determinante come fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (Cv), ancora oggi prima causa di morte e disabilità al mondo. E' la lipoproteina (a), nota anche come Lp(a), condizione ereditaria nascosta nei geni di 1 persona su 5. Scoperta nel 1963 da Kåre Berg, il suo rapporto causale con la malattia coronarica e l'infarto del miocardio è stato definito in modo inequivocabile nel 2009 con lo studio genetico realizzato dal consorzio europeo di ricerca Procardis. Ampi studi prospettici successivi hanno ulteriormente confermato come elevati livelli di Lp(a) (>50 mg/dl) contribuiscano allo sviluppo di aterosclerosi e stenosi aortica, entrambe causa di infarto miocardico e ictus, rendendola così una delle variabili da monitorare, soprattutto nella prevenzione secondaria delle malattie Cv. Se ne è parlato oggi, a pochi giorni dalla Giornata mondiale della Lp(a) in programma il 24 marzo, in un evento organizzato da Novartis.
La lipoproteina(a) è una particella sferica biosintetizzata nel fegato costituita da una lipoproteina Ldl a cui si aggiunge la apolipoproteina(a), o Apo(a), mediante formazione di un ponte disolfuro tra apolipoproteina B100 e Apo(a). E' determinata geneticamente, codificata dal gene Lpa situato sul cromosoma 6q26-27, e i suoi livelli, che restano pressoché stabili nel corso della vita, non sono modificabili con cambiamenti dello stile di vita come dieta ed esercizio fisico. Da un punto di vista epidemiologico, le donne over 50 presentano maggiori concentrazioni di Lp(a), pari a circa il 17% in più rispetto agli uomini, un aumento che coincide generalmente con la menopausa. A coloro che hanno testato la Lp(a) prima della menopausa andrebbe quindi consigliato di ripetere il dosaggio dopo la menopausa, o comunque entro 5 anni dal compimento dei 50 anni.
Uno studio prospettico del 2022 ha inoltre evidenziato che i soggetti geneticamente predisposti presentano livelli elevati di Lp(a) sin dalla nascita. Sebbene nei primi anni di vita i livelli di lipoproteina(a) siano generalmente bassi, il sangue del cordone ombelicale può essere un valido indicatore dei livelli di Lp(a) del sangue venoso neonatale che, se ≥ 90° percentile, possono aiutare l'identificazione dei neonati a rischio di sviluppare livelli elevati di Lp(a) in futuro. Valori superiori a 30 mg/dL sono stati associati a un aumento del rischio di ictus ischemico primario e ricorrente nei bambini e negli adolescenti.
"Il rischio cardiovascolare legato alla lipoproteina (a) sta diventando sempre più un tema di attenzione, soprattutto nei pazienti con precedenti eventi acuti o altre patologie cardiache - spiega Claudio Bilato, direttore della Cardiologia degli ospedali dell'Ovest Vicentino e professore a contratto presso la scuola di specializzazione in Malattie dell'apparato cardiovascolare dell'università di Padova - Studi recenti mostrano che livelli elevati di Lp(a) possono aumentare del 20% il rischio di infarti o ictus, indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali. Questo rende evidente che non considerare la Lp(a) nella valutazione complessiva del rischio cardiovascolare ne determina una sottostima. Al contrario, quindi, il suo dosaggio andrebbe incluso per una corretta ridefinizione del livello di rischio".
La Lp(a) è un fattore di rischio indipendente, poiché non legato ad alcuno dei tradizionali fattori di rischio Cv come dislipidemia, obesità e fumo, ed è un parametro importate nel definire o riclassificare il rischio Cv complessivo del paziente: elevati livelli di Lp(a) conferiscono un rischio più elevato ai soggetti con ipercolesterolemia, pur non influenzando i livelli di Ldl-C. Il dosaggio della Lp(a) andrebbe effettuato in pazienti a medio-alto rischio Cv per una migliore riclassificazione del rischio, in pazienti con eventi acuti recenti, prematuri o ricorrenti (anche in caso di controllo ottimale dei fattori di rischio convenzionali) e in pazienti con una storia familiare di eventi Cv prematuri, in pazienti con dislipidemie genetiche o in soggetti con significativa familiarità per malattia cardiovascolare. In particolare, per i pazienti con eventi acuti recenti, l'ospedalizzazione rappresenta un'opportunità indicata per valutare il rischio CV mediato dalla Lp(a) poiché i suoi livelli si abbassano immediatamente dopo l’evento, ma possono triplicarsi nelle settimane successive.
"La Lp(a) è un fattore di rischio che predice e peggiora il rischio cardiovascolare. Questo suggerisce come lo screening rappresenti un'opportunità concreta per prevenire eventi acuti evitabili - afferma Mario Crisci, dirigente medico Uoc Cardiologia interventistica, Aorn dei Colli - ospedale Monaldi, Napoli - La misurazione della Lp(a), dovrebbe essere presa in considerazione almeno una volta nella vita di ogni adulto per identificare coloro con livelli ereditari molto elevati. Il suo dosaggio andrebbe inserito nel normale percorso di ospedalizzazione a seguito di sindrome coronarica acuta o ictus e ripetuto a distanza di 1-3 settimane dall'evento acuto".
Oggi la sfida nella gestione dei pazienti con elevati livelli di Lp(a) è gravata dal fatto che non esistono farmaci approvati specificamente per ridurne i livelli, pertanto i medici si concentrano su strategie indirette, come il controllo di altri fattori di rischio Cv, tra cui il colesterolo Ldl, l'ipertensione, il diabete e l'infiammazione. Nei casi più gravi si ricorre all'aferesi delle lipoproteine, una procedura invasiva simile alla dialisi che rimuove fisicamente la Lp(a) dal sangue. Tuttavia, negli ultimi anni la ricerca ha compiuto progressi significativi, con lo sviluppo di nuove terapie attualmente in fase di sperimentazione clinica. Tra queste pelacarsen, un oligonucleotide antisenso attualmente in fase 3 di sperimentazione clinica, sta dando risultati promettenti.
"In Novartis sappiamo che le malattie cardiovascolari restano ancora oggi un'emergenza sanitaria globale - dichiara Paola Coco Country, Chief Scientific Officer and Medical Affairs Head Novartis Italia - Il nostro impegno è quello di individuare soluzioni terapeutiche in grado di rispondere a questa sfida e renderle disponibili ad un numero sempre maggiore di pazienti. E' il nostro modo di reimmaginare il futuro delle patologie cardiovascolari per garantire una migliore qualità di vita e sopravvivenza sul lungo periodo affinché nessun cuore smetta di battere troppo presto".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - La procura di Roma ha chiesto il processo per quattro medici in relazione alla morte di Andrea Purgatori, avvenuta nel luglio 2023. L’accusa contestata è di omicidio colposo. I pm di piazzale Clodio avevano chiuso le indagini lo scorso dicembre nei confronti del radiologo Gianfranco Gualdi, l’assistente Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, e il cardiologo Guido Laudani. Ora la richiesta di rinvio a giudizio e l’udienza preliminare che prenderà il via il prossimo 19 settembre.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - "La linea del Pd è molto chiara: Si alla difesa comune e No al riarmo degli Stati. E a questo punto ci domandiamo: come fa il Governo ad avere una linea dove Tajani sostiene la linea del Si all'Europa, Salvini vuole uccidere l'Europa e la presidente Meloni fischietta". Lo ha detto ai Tg Stefano Graziano, capogruppo Pd in commissione Difesa di Montecitorio.