Il dossier” sulla Lione-Torino “ha un carattere incompleto… il suo grado di coerenza e di precisione è spesso inferiore a quello che ci si potrebbe attendere da uno studio di impatto riferito a un’opera di questa portata”. A dirlo non sono i No-Tav della Val di Susa, ma un documento dell’Agenzia Nazionale per l’Ambiente francese. Un soggetto pubblico. Che, pur con linguaggio diplomatico, avanza dubbi clamorosi: i calcoli dei traffici e della redditività potrebbero essere stati compiuti su dati non più validi e forse troppo ottimistici. Ma un documento che soprattutto dice: “La valutazione socio-economica del progetto stima che sarà a partire dal 2030-2035”, dopo la realizzazione delle opere che metteranno fine al doppio utilizzo passeggeri-merci della linea, “che si potrà operare una svolta modale importante”. Ma il progetto low cost su cui puntano adesso Italia e Francia prevede ancora le strutture essenziali per separare i traffici passeggeri e merci rendendo vantaggiosa la linea?
Il documento di 28 pagine (firmato nel dicembre scorso) contiene decine di “raccomandazioni” alla società realizzatrice su questioni non secondarie, come la valutazione degli impatti ambientali. Un rapporto che arriva in un momento delicato per la Francia: siamo alla vigilia delle elezioni e la Lione-Torino sembra non convincere più tutti.
L’Autorità Ambientale francese “raccomanda di rimediare”. Non bocciati, ma rimandati, questo sì. Si parla “dell’impatto ambientale complessivo” delle strutture connesse alla nuova linea ferrovia-ria. L’Autorità non si accontenta della documentazione presentata da Rff (la società pubblica che gestisce la rete ferro-viaria francese, gemella dell’italiana Rfi, assieme alla quale gestisce il cento per cento delle azioni della Lyon-Turin Ferroviaire) chiede approfondimenti sulla “sistemazione delle stazioni e delle tratte urbane resa necessaria dal traffico più intenso”. Pretende poi chiarimenti della sistemazione “dei campi e dei boschi” attraversati dalla nuova linea.
Il rischio inondazioni
All’impatto ambientale sono dedicate sette pagine. L’Autorità “ritiene che lo studio di impatto non ha il livello di precisione, di completezza e non tiene adeguatamente conto delle specificità locali”. Partiamo dall’acqua: “Si raccomanda di completare gli studi… e di precisare le misure tecniche che si intendono prendere… tenuto conto dell’importanza dell’elemento “acqua” per questo progetto”. Un capitolo fondamentale riguarda le zone umide e a rischio inondazioni. L’opera, raccomanda l’Autorità, “deve essere trasparente”, cioè non deve ostacolare il deflusso delle acque: “La società Rff deve dimostrare la trasparenza idraulica dell’opera, senza limitarsi ad affermarla”.
C’è poi la questione dello “smarino” che preoccupa anche in Val di Susa: “Nello studio sull’impatto bisogna fornire dettagli sul trattamento del materiale proveniente dallo scavo dei tunnel, che richiederà lo smaltimento di dieci milioni di metri cubi ”. Quindi il punto forse più scomodo per i sostenitori dell’opera in cui si raccomanda un “migliore studio sull’impatto” precisando “la valutazione socio-economica del progetto”. Qui l’Autorità pare mettere in discussione i dati sulla redditività dell’opera: “Tenuto conto della fortissima probabile sensibilità dei risultati di redditività alle ipotesi delle diverse scadenze, l’Autorità raccomanda di mettere in relazione le ipotesi di traffico dello studio socio-economico con quelle dello studio di impatto” tenendo in conto le diverse fasi del progetto “e di indicare la sensibilità dei risultati a ipotesi di traffico merci più deboli di quelle considerate…”. Insomma, il calcolo dei benefici non può essere effettuato sull’ipotesi più ottimistica. L’Autorità avverte di “aver avuto comunicazioni di nuove previsioni di traffico differenti da quelle che sembrano essere state prese in considerazione nella valutazione socio-economica attuale…”. L’Autorità non ha potuto conoscere “per giunta gli impatti di queste nuove ipotesi sui calcoli di bilancio del progetto”. E qui un punto chiave: “Il risultato abbastanza debolmente positivo (dei calcoli presentati dalla società realizzatrice, ndr) è dipendente da una parte di ipotesi di traffico non stabilizzato e dall’ipotesi di scadenze di lavoro molto serrate”. In sostanza l’Agenzia pare dubitare che “un ritardo, che non appare inverosimile” nella realizzazione dell’opera “modificherebbe la redditività ipotizzata”. Dubbi sostanziali. L’Autorità raccomanda: occorre chiarire in che cosa la redditività sarebbe influenzata dai ritardi per dare “una buona informazione al pubblico sulla reale utilità del progetto”.
Il dossier dell’Autorità non è passato inosservato in Francia. Le associazioni ambientaliste Frapna e Fne inizialmente avevano dato il via libera al Tav, adesso chiedono una proroga della discussione pubblica. Alcuni partiti, come anche una parte dell’Ump, cominciano a nicchiare.
Dubbi cugini
Difficile dire se nella battaglia del Tav si stia per aprire un fronte francese. Finora la popolazione era in gran parte favorevole. Merito anche del lungo lavoro di preparazione compiuto dai governi di Parigi . La legge del 2002 ha previsto che in val Maurienne l’86% delle imprese siano locali. Il personale dei cantieri si appoggia ad alberghi e ristoranti della zona. Poi sgravi fiscali, ipotesi di destinare alle comunità locali il ricavato della vendita della roccia scavata. Per finire con il dibattito pubblico che si sta concludendo in questi giorni. Vero, i lavori per le gallerie preliminari sono quasi finiti. Ma in Francia da più di dieci anni stanno lavorando anche per preparare il terreno “umano”.
Il Fatto Quotidiano, 4 Marzo 2012