Si apre la fase dell’eredità di Lucio Dalla e, in assenza di un testamento, viene nominato curatore del patrimonio dell’artista il commercialista Massimo Gambini. Il professionista ha giurato davanti al presidente del tribunale di Bologna Francesco Scutellari e alla sua designazione ci si è arrivati con istanza di parte curata dall’avvocato Mario Jacchia e presentata da Gaetano Curreri, leader degli Stadio e amico di Dalla, e dall’avvocato Eugenio D’Andrea, che curava i suoi interessi artistici.
“L’ho firmata per spirito di amicizia nei confronti di Lucio”, ha spiegato Curreri, “che è stato il mio maestro, e per rispettare le sue volontà e tutelare il suo patrimonio sulla base di quello che mi ha sempre detto, a cominciare dall’idea di costituire una Fondazione che portasse il suo nome”. Ora compito del curatore sarà quello di redigere in via preliminare un inventario dei beni mobili e immobili, di amministrarli e di fare relazioni periodiche al giudice, che in questo caso sarà Angela De Meo, presidente della prima sezione civile del tribunale di Bologna. Per fare l’elenco di ciò che possedeva Lucio Dalla è già stato nominato anche un team di quattro notai, di cui uno a Bologna, per quanto riguarda soprattutto gli immobili che possedeva in città e in altre luoghi d’Italia, a Milo, in provincia di Catania, e alle Isole Tremiti.
Il tribunale, al momento, attende la prima relazione del curatore, per la quale non sono previsti tempi definiti per legge, mentre per quanto riguarda scritti di Dalla sulla creazione di una sua futura “fondazione” e che non costituiscono un testamento (di cui ancora non si rinvenuta traccia), dice il presidente Scutellari, “hanno un valore morale”. Per cui gli eredi, qualora fossero individuati, potrebbero tenere conto solo lo volessero senza che sia loro imposto alcun vincolo legale. Lo stesso potrebbe accadere se i beni di Lucio Dalla andassero allo Stato, nel caso di eredi non ne fossero trovati.
Perché Curreri e D’Andrea possono aver presentato l’istanza? Le norme sulle successioni dicono che a farlo possono essere coloro che abbiano un interesse o un vincolo, anche d’amicizia e non necessariamente di parentela, con il defunto e che in caso di mancata titolarità, possono chiedere la conservazione dei beni temendone la dispersione. La curatela di Gambini andrà avanti fino a quando non dovessero presentarsi titolari sull’asse ereditario che al momento sono sei cugini di secondo grado e due di quarto.
Inoltre nell’abitazione bolognese di Lucio Dalla sono state trovate molte carte dell’artista e va vagliato nel più breve tempo possibile se tra queste può esserci un testamento. Ipotesi non esclusa per quanto Gambini abbia commentato, in merito a un documento ufficialmente depositato: “Se un notaio avesse un testamento di Lucio Dalla, credo che a quest’ora quasi certamente mi avrebbe contattato per dirmelo. Ciò non vuol dire che nel fare il completo inventario di tutti i beni non possa spuntare un testamento olografo. Ma non avendolo ancora cominciato, non posso dire né se ci sia, né se non ci sia”.
La complessa nascita della fondazione Dalla. “Su una cosa abbiamo certezza: dalla fondazione non ci spostiamo, non permetteremo che sfumi”. Queste le parole pronunciate ieri dal manager di Dalla, Bruno Sconocchia, al termine di un incontro avvenuto nella casa di via D’Azeglio del cantautore scomparso, al quale hanno partecipato l’avvocato D’Andrea, il compagno di Dalla, Marco Alemanno, alcuni collaboratori e amici di Lucio, e i due cugini, figli di sorelle della madre di Dalla, Simone Baroncini e Andrea Faccani.
“Lucio aveva una famiglia enorme, stiamo cercando di rimetterne insieme i pezzi”, racconta Baroncini, orchestrale del teatro San Carlo di Napoli, cugino di quarto grado di Dalla, “di sicuro ci sono sei cugini di secondo grado, tra cui mia madre e la madre di Faccani. Per ora, a voce, tutti si sono espressi per la fondazione, nessuno ha avanzato pretese ed è chiaro a tutti che la precedenza, oltre alla fondazione va ad Alemanno e a Stefano Cantaroni che a Lucio erano sempre vicini”.
Una fondazione artistico-musicale che Dalla avrebbe voluto riprodurre nella sua immensa casa di via D’Azeglio: 2400 metri quadrati, con un valore di 20 milioni di euro, pieni di opere d’arte, oggetti di modernariato, sculture, dischi, stampe d’epoca. E per farla, come conferma l’avvocato D’Andrea, “era di usare i diritti d’autore della Siae come patrimonio centrale della fondazione da cui partire. Un’entrata finanziaria che per un artista come Dalla oscilla tra i 500mila e gli 800mila euro all’anno, cifra tra le prime dieci nell’ambito del cantautorato italiano. Poco prima di morire Dalla era riuscito a confrontarsi, ottenendo risultati positivi, con l’amico Fabio Roversi Monaco e la sua Fondazione Carisbo, come con Luca Cordero di Montezemolo per avviare il progetto fondazione.
Infine, in merito alle polemiche innescate dopo il funerale religioso dell’artista, celebrato il 4 marzo scorso (giorno nel compleanno di Dalla, che era nato nel 1943) nella basilica di San Petronio, è intervenuto anche il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei. “Di fronte ai morti, ai defunti, preghiamo gli uni per gli altri, sempre”. Tende così a chiudere il botta e risposta sulla vita privata dell’artista e sul ruolo di Marco Alemanno, suo compagno e collaboratore.
di Antonella Beccaria e Davide Turrini