Dalla Siria arrivano le immagini di una strage di donne e bambini. Corpi sgozzati e mutilati: 47 persone per la precisione, uccise negli ultimi due giorni secondo i Comitati locali di coordinamento, una delle articolazioni delle opposizioni. Uccisi, questa volta, non dalle bombe o dai colpi di artiglieria, ma dalle milizie filogovernative a cui è stato affidato il “lavoro sporco” di ripulire i quartieri dove la resistenza contro le forze governative è più accanita.
La strage è avvenuta nel quartiere a maggioranza sunnita di Kharm el-Zeytoun, a Homs. Secondo l’opposizione, donne e bambini sono stati uccisi dagli shabiha, i miliziani irregolari usati dal governo per colpire oppositori civili. Una versione contrastata dal governo di Damasco che, invece, attribuisce il massacro ai “gruppi terroristici” causa della rivolta anti-regime: “I terroristi hanno rapito gli abitanti di Homs, li hanno uccisi e poi hanno fatto dei filmati dei loro corpi con l’obiettivo di screditare le forze siriane”, ha riferito la televisione di Stato. Sul web infatti sono stati pubblicati alcuni video amatoriali in cui si mostrano le immagini dei corpi. (Guarda il video – attenzione immagini esplicite). In uno dei filmati, un attivista, identificato con lo pseudonimo di Omar al Homsi, mostra le salme. Alcune presentano i crani spaccati. Altre hanno ancora gli occhi aperti, oppure un’occhio solo, mentre dall’altro è fuoriuscita materia celebrale. Dei corpi presentano segni di bruciature estese, altri hanno tagli alla gola o fori di pallottole in fronte.
Dopo questo ennesimo massacro, centinaia di famiglie stanno lasciando la città per cercare di raggiungere il Libano, dove sono già migliaia i profughi arrivati negli ultimi giorni, con i loro racconti di terrore (leggi il reportage di Susan Dabbous). In alcuni villaggi della Bekaa, le famiglie sono senza alcuna assistenza se non quella che ricevono dalla popolazione locale.
Homs, però, non è la sola zona di combattimenti e morte. Nel nord del paese, a Idlib, l’esercito siriano ha rinnovato gli attacchi contro le zone controllate dai miliziani del Free Syria Army, a ridosso del confine con la Turchia. Almeno duecento persone, nelle ultime ore, sono riuscite a passare il confine con la Turchia, che continua ad accogliere profughi nonostante la Siria abbia cercato di impedire queste fughe.
Altre vittime ci sono state nei sobborghi di Damasco (almeno 6 morti), ad Aleppo (altri 5), Latakia e Deraa, dove una studentessa è morta e altre decine di ragazzi sono rimasti feriti questa mattina per l’esplosione di un’autobomba di fronte a una scuola.
I nuovi massacri hanno reso tangibile il fallimento della prima missione dell’inviato speciale dell’Onu Kofi Annan, ripartito ieri da Damasco dopo aver incontrato il presidente Assad. “Sarà molto difficile – ha detto Annan alle agenzie internazionali – . Però dobbiamo essere ottimisti e io lo sono, per una serie di ragioni”. L’ex segretario generale dell’Onu non ha spiegato quali siano queste ragioni ma ha detto di aver lasciato sul tavolo del presidente siriano “proposte concrete” per cercare una via d’uscita alle proteste e alla repressione che, secondo l’Onu, è costata la vita ad almeno 7500 persone finora.
Venerdì Annan ha incontrato al Cairo il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov che ha detto che il suo paese “non sta proteggendo nessuno in Siria” ma che la crisi non possa comunque essere addossata solo al governo. Lavrov ha rinnovato la richiesta di un cessate il fuoco, che consenta l’accesso a soccorsi umanitari specialmente nelle zone più colpite, come Homs. Una richiesta che il governo siriano finora non ha accolto se non per pochissimi casi e pochissimo tempo.
L’atteggiamento della Russia e della Cina che hanno bloccato due volte nel Consiglio di sicurezza una risoluzione di condanna del regime, viene criticato duramente dagli altri governi arabi, in particolare quello saudita e quello del Qatar, secondo i quali proprio l’appoggio cinese e russo ha consentito ad Assad di proseguire con i massacri indiscriminati e gli attacchi alla popolazione civile. Nonostante lo stallo, il Consiglio nazionale siriano – principale “ombrello” politico delle opposizioni – ha chiesto una nuova riunione urgente del Consiglio di sicurezza, anche se un nuovo tentativo di adottare una risoluzione di condanna non sembra destinato a miglior fortuna.
di Joseph Zarlingo