È ufficiale. Il Front National sarà della partita per la corsa all’Eliseo. Parola di Marine Le Pen, che ha dichiarato di aver raggiunto le cinquecento firme di sostegno – necessarie per presentare la propria candidatura, – da parte di sindaci o persone elette in almeno trenta diversi dipartimenti della Francia, ponendo così fine ad un’agonia che sembrava essere più una tattica elettorale improntata sul vittimismo, che la denuncia di una demonizzazione antidemocratica del suo partito.

Il Front National, dunque, potrà mettere in gioco il suo potenziale elettorale, che, secondo le stime delle intenzioni di voto, si attesterebbe al momento tra il 15 e il 17%. Una cifra importante, ma che non sorprende più di tanto dopo lo shock delle presidenziali del 2002, quando il partito, allora guidato dal veterano Jean-Marie Le Pen, arrivò al secondo turno facendo fuori il socialista Lionel Jospin e distruggendone la credibilità politica.

La novità andrebbe piuttosto cercata nella componente giovane dell’elettorato, che, secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano Le Figaro, sarebbe passato dal 7% del 2007 a una forbice compresa tra il 17 e il 28% nel 2011. A confermarcelo è lo stesso Julien Rochedy, 24 anni, leader dei giovani del FN, secondo cui «il merito del ringiovanimento del partito è di Marine Le Pen», grazie alla quale, tra l’altro, ci sarebbe stato anche un riavvicinamento dell’elettorato femminile: secondo le francesi (sondaggio di TF1) il FN è il secondo partito nazionale nel “promuovere l’uguaglianza tra i sessi”.

Se un giovane francese «è in grado di riflettere – ci dice Rochedy, – vedrà che tutti gli schieramenti politici hanno già governato la Francia negli ultimi trent’anni e che durante questo periodo abbiamo assistito a un declino continuo del Paese. Non siamo estremisti, ma patrioti. Al limite “rivoluzionari”, se questo significa mettere in discussione la politica di chi ci ha preceduto».

In tempo di crisi e di competizione sfrenata per essere “contro il sistema”, il Front National è riuscito quindi a ribaltare completamente i concetti di “rivoluzione” e di “resistenza”, tradizionalmente associati alle forze di sinistra e tendenzialmente più sentiti dai giovani militanti. La locandina della campagna elettorale (nella foto) – o lo stesso sito internet ufficiale, che per freschezza e modernità farebbe impallidire i giovani della Destra italiana – in cui si utilizza la celebre “Libertà che guida il popolo” di Delacroix, nell’esempio più emblematico. «Il voto che i giovani ci danno – afferma Rochedy, – è un voto contro i loro nonni e genitori, contro Sarkozy, la globalizzazione, l’Unione europea e il multiculturalismo. Siamo gli unici a farlo».

Soli contro tutti, insomma. «Contro il magistero morale della sinistra, per cui chi non la pensa come loro è un nazista» e le «menzogne di Sarkozy» – che aveva promesso di ridurre l’immigrazione, allorché non ha fatto altro che favorirla; contro lo strapotere delle banche e lo squallido «livellamento culturale» e identitario imposto dalla globalizzazione. Soli a pensare che l’Europa sia una minaccia per la crescita della nazione e che l’unica soluzione sia il ritorno al franco e una decisa politica protezionistica.

Nella Francia della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, del maggio ’68 e delle rivendicazioni femministe, della resistenza e del sindacalismo, non sono pochi i giovani che, come Rochedy, hanno paura quando rientrano a casa da soli la sera, che considerano Napoleone e Giovanna d’Arco come miti da preservare dalle brame di conquista dell’Islam e del multiculturalismo, e gli aiuti sociali – troppo generosamente elargiti a chiunque viva sul territorio francese e vero polo di attrazione per l’immigrazione – come uno strumento da dare in primis ai francesi. Come se i francesi fossero “più uguali degli altri”.

Non sono in pochi a pensare che «chi ama le donne non può non dirsi anti-femminista» – così ci dice Rochedy, citando Sacha Guitry, – che le donne, non abbastanza consapevoli dello strumento, compiano un abuso inaccettabile del metodo abortivo, o che gli omosessuali non debbano avere il diritto di sposarsi o di adottare bambini.

Solo il responso delle urne potrà dirci quanti sono realmente, questi giovani. Julien Rochedy, dal canto suo, è convinto che il primo turno potrebbe sorprendere tutti, e che, se così dovesse essere, i francesi si troveranno davanti a una scelta epocale: «scegliere tra la Nazione e la mondializzazione». Tenendo ben presente che c’è un rischio all’orizzonte: «se non vinciamo, in Francia ci sarà la guerra civile».

di Federico Iarlori

Foto: per gentile concessione di Julien Rochedy

parigi@ilfattoquotidiano.it

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