E’ di ieri la sentenza n. 4184/2012, con la quale la prima Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha negato, a due cittadini italiani che si erano sposati in Olanda, la possibilità di trascrivere il loro matrimonio in Italia.
La sentenza, che si può leggere qui, è molto lunga ed articolata. Il suo pregio, nonostante alcuni punti delicati sui quali si riverseranno certamente i commenti degli studiosi nelle prossime settimane, sta nell’aver puntualizzato, più che altro nelle sue ultime 6 pagine, alcuni dati di fondamentale importanza, che si possono riassumere come di seguito.
Primo punto. Al contrario di quanto la giurisprudenza ha ritenuto fino ad oggi, il matrimonio same-sex non è inesistente per mancanza di uno dei suoi presuppposti essenziali, dato dalla diversità di sesso, ma è semplicemente “inidoneo a produrre … qualsiasi effetto nell’ordinamento italiano“. Che cosa significa?
Come ho già avuto modo di evidenziare in ambito accademico, la categoria giuridica dell’inesistenza denota una situazione molto più grave di quella dell’invalidità, perché si riferisce non all’elemento giuridico, ma a quello sociale. Dire che un istituto è inesistente significa puntualizzare non che non esiste solo nel mondo del diritto, ma che non viene riconosciuto minimamente neppure nel contesto sociale. Quindi, dire che il legame tra due persone dello stesso sesso non esiste implica un giudizio sulla qualità della loro relazione.
Proprio qui si innesta la portata innovativa della sentenza in esame: non è più possibile, oggi, dopo le pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Strasburgo e dopo i costanti richiami del Parlamento europeo, dire che le coppie omosessuali non hanno ruolo sociale. Non si possono sposare, questo sì, ma solo perché il legislatore non ha ancora messo mano alla materia.
Mi chiedo cosa aspetti.
Punto secondo. “I componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se quali titolari del diritto alla vita familiare e nell’esercizio del diritto involabile di vivere liberamente una condizione di coppia ... possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza … di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata“, sollevando in tale sede, eventualmente, le opportune questioni di legittimità costituzionale.
Cose che abbiamo già sentito due anni fa dalla Corte costituzionale, ma che oggi ricevono il placet anche della Cassazione. Ciò significa che quando le coppie gay o lesbiche si sentono discriminate rispetto a quelle sposate, possono ricorrere al giudice e vedersi riconosciuto il diritto che un legislatore sempre più lontano dalla società fatica a riconoscere loro. Un esempio? La successione del partner same-sex rispetto al compagno o alla compagna; le agevolazioni fiscali sulle donazioni tra partner dello stesso sesso rispetto a quelle che il diritto tributario riconosce alle donazioni tra coniugi. Le corti hanno dato il là. Ora tocca alle singole coppie rivolgersi al giudice, ove percepiscano una discriminazione.
Le sentenze vanno lette, meditate e, soprattutto, vanno rispettate. Non c’è più nessuna scusa possibile, il Parlamento è ormai stretto d’assedio e deve far qualcosa. Non si può più – e qui, mi spiace dirlo, Pdl e Pd sono in perfetta sintonia – sbandierare la Costituzione, come se si potessero usare i principi che regolano il gioco per escludere una squadra. Anche gli omosessuali meritano parità sociale e di diritti e l’attuale classe politica non può che prenderne atto. Ogni diversa posizione è un’usurpazione delle legittime aspettative di una comunità di persone che chiede parità e giustizia.
Sappiamo purtroppo che questo Parlamento non prenderà nessuna iniziativa, a causa delle incrostazioni clerical-conservatrici che lo bloccano.
Ricordiamocelo, tutti, quando finalmente andremo a votare. Dopo aver letto attentamente ciò che i candidati propongono nei loro programmi.