È stato inviato questa mattina un avviso di fine indagine al presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, indagato per falso ideologico in concorso con due funzionari regionali. E il governatore, in esclusiva al fattoquotidiano.it, rivela di non escludere le dimissioni: “Vedremo quali sviluppi avrà la vicenda”. Fonti vicine a Errani spiegano che fondamentale sarà anche la decisione del giudice per le indagini preliminari davanti a una richiesta di rinvio a giudizio. Alla domanda se stesse già in questo momento pensando di lasciare il suo incarico, anche in virtù del fatto che si è sempre dichiarato fermo sostenitore della legalità, Errani si è allontanato senza dichiarare niente.
In queste ore il Pd sta facendo quadrato attorno al leader carismatico, l’uomo del partito sicuramente più influente in Regione. Attestati di solidarietà sono arrivati da parte del segretario regionale, Stefano Bonaccini (indagato a sua volta per turbativa d’asta in una vicenda che lo vedeva ancora assessore comunale a Modena) e da parte del sindaco di Bologna, Virginio Merola, che ha già emesso la sua sentenza: “Errani non può aver favorito nessuno”.
L’inchiesta che ha coinvolto il presidente della Regione riguarda Terremerse, la cooperativa agricola di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, presieduta in passato dal fratello del governatore, Giovanni Errani.
Vasco Errani, esponente del Pd, è anche presidente della consulta delle Regioni. Il governatore è indagato in concorso con due funzionari regionali, Valtiero Mazzotti, direttore generale dell’Agricoltura della Regione, e Filomena Terzini, direttore generale degli Affari istituzionali.
La vicenda, che ha portato anche al sequestro di beni per un milione di euro (l’ammontare del finanziamento concesso alla cooperativa per realizzare un nuovo stabilimento agricolo a Imola), riguarda la costruzione della cantina di Terremerse ad opera della cooperativa guidata allora da Giovanni Errani, fratello del governatore regionale, e attualmente indagato per truffa aggravata in seguito a quel finanziamento ottenuto dalla stessa Regione Emilia Romagna di un milione di euro.
In base all’ipotesi formulata dal sostituto procuratore di Bologna Antonella Scandellari e vistata dal procuratore capo, Roberto Alfonso, Vasco Errani avrebbe letto un articolo sulla vicenda pubblicato nell’ottobre del 2009 dal quotidiano Il Giornale, in cui si metteva in dubbio quella concessione di un milione di euro del 2005, e avrebbe concordato con altre persone il contenuto di un documento poi presentato in procura. Terzini, infatti, depositò personalmente una lettera “nella quale attestava – si legge nell’avviso di fine indagine – la correttezza dell’operato dell’amministrazione regionale”, allegando “la relazione, scritta a tal fine e su istigazione di Vasco Errani, dalla Terzini, di concerto con Valtieri Mazzotti”. Ma secondo l’accusa, il documento avrebbe avuto lo scopo di ridimensionare la posizione di Giovanni Errani e di sviare le indagini dal focus dell’inchiesta già in corso, con dettagli non veritieri.
Vasco Errani è indagato per falso ideologico in concorso con Mazzotti e Terzini, questi ultimi indagati anche per favoreggiamento personale nei confronti di Giovanni Errani, poiché tentarono di “ostacolare le investigazioni della Procura” di Bologna. Vasco Errani non può essere invece indagato per quest’ultimo reato, il favoreggiamento personale, perchè parente del favorito, cioè il fratello Giovanni.
Il presidente della Regione Emilia Romagna in merito all’avviso di fine indagine notificato in mattinata ha dichiarato che “nell’esprimere piena fiducia e rispetto nell’azione della magistratura, ribadisco la mia piena e consapevole convinzione della correttezza dell’operato mio e dell’operato dell’amministrazione. Sono certo che nel corso del procedimento emergerà con chiarezza questa verità”. E ribadisce “con massima convinzione e certezza non ho commesso nessun reato nemmeno il falso ideologico, chi mi conosce sa che sono onesto e non ho mai favorito nessuno, tantomeno mio fratello. So quello che ho fatto ed è questo l’elemento più importante per me e sono sicuro anche per i cittadini”.
Gli indagati, a cui è stato notificato questa mattina l’avviso di fine indagine, sono in tutto nove. Oltre ai fratelli Errani e ai due funzionari ci sono anche il progettista dello stabilimento di Imola, Gian Paolo Lucchi, il direttore dei lavori e responsabile della sicurezza Alessandro Zanotti e un altro funzionario regionale, Aurelio Selva Casadei, collaboratore del servizio aiuti alle imprese della Regione, indagati per truffa e per aver indotto in errore “con i raggiri e le falsità” la Regione sulla corretta ultimazione della cantina. Inoltre per truffa aggravata sono indagate, secondo la responsabilità amministrativa, le società Terremerse Soc. Cooperativa e Cantina dei Colli Romagnoli Soc. Cooperativa.
Nella primavera 2006, infatti, la cooperativa Terremerse di Bagnacavallo (Ra), di cui il fratello di Vasco Errani era presidente, ottenne un finanziamento da un milione di euro con fondi europei, statali e regionali per realizzare una cantina in via della Bicocca, a Imola. Tra le condizioni poste da viale Aldo Moro c’era quella di terminare i lavori entro il 31 maggio 2006. Ma è soltanto il 30 maggio, cioè esattamente il giorno prima, che la cooperativa inoltra il certificato di inizio lavori al Comune. Eppure, l’indomani, cioè nell’ultimo giorno utile per ottenere il finanziamento europeo, Giovanni Errani firma un documento in cui comunica alla Regione di aver concluso i lavori.
La Procura di Bologna, che nell’agosto 2010, grazie ad un rapporto della Finanza, ha aperto un’inchiesta sulla vicenda, iscrisse così nel registro degli indagati Giovanni Errani, accusato di truffa aggravata ai danni di un ente pubblico. Ma oltre a lui sono indagati per lo stesso reato anche Zanotti, direttore dei lavori, Lucchi, il progettista, e Casadei, funzionario regionale. Secondo la procura “usavano i raggiri di attestare falsamente al Comune di Imola” che sarebbero iniziati i lavori, quando invece si “intendeva realizzare opere in parte diverse”, e che il 30 maggio sarebbero iniziati i lavori, che invece erano iniziati tempo prima.
Giovanni “Errani – scrive il pm – usava i raggiri di attestare falsamente che i lavori erano stati completamente ultimati alla date del 31 maggio 2006”. Così come Aurelio Selva Casadei che avrebbe “falsamente attestato nel verbale di accertamento di avvenuta esecuzione dei lavori” che “i lavori erano stati conclusi entro i termini prescritti e dichiarati”, senza però “verificare se la cooperativa aveva presentato al competente Comune di Imola la comunicazione di fine lavori”. E ancora, Giovanni Errani, in concorso con Lucchi, Aureli e Zanotti, avrebbe fatto credere di “aver ottenuto dal comune di Imola la certificazione edilizia ed agibilità per le opere” da costruire, sul presupposto della loro ultimazione entro il termine massimo fissato.
La vicenda ha portato anche al sequestro di beni per un valore totale di un milione di euro. A Giovanni Errani sono stati sequestrati tre immobili, a Gian Paolo Lucchi cinque immobili, un auto e quote societarie, mentre ad Alessandro Zanotti sei immobili e quote societarie.