Il Pd benedice il salario di ingresso nella fabbrica di Forlì del gruppo Marcegaglia, e subito dopo Cisl e Uil firmano un accordo separato isolando la Fiom. Per il sindacato di Landini bisogna leggere in questo modo il comunicato dei sindaci di Forlì e di Forlimpopoli, i democratici Balzani e Zoffoli, che sabato hanno preso posizione sul braccio di ferro che ormai da mesi contrappone la Fiom locale all’azienda di famiglia della numero uno di Confindustria.

Oggetto del contendere l’introduzione del salario d’ingresso. Nella sostanza l’azienda chiede che per sei anni i nuovi assunti percepiscano una retribuzione inferiore di 300 euro rispetto agli standard aziendali. Tra indennità che spariscono e altre riduzioni, una perdita complessiva ad assunto di 26mila e 900 euro in sei anni. “Un ricatto”, l’ha definito la Fiom, che da oltre un mese presidia i cancelli della fabbrica e ha promosso uno sciopero di tutto il gruppo in solidarietà a 12 lavoratori interinali che non si sono visti rinnovare il contratto in attesa di un accordo proprio sul salario di ingresso.

La firma di Cisl e Uil sull’ipotesi di accordo è arrivata, a nemmeno 48 ore di distanza dal comunicato dei sindaci di Forlì e di Forlimpopoli, che assieme al presidente della Provincia Massimo Bulbi (anche lui Pd), hanno chiesto a tutti una “presa di responsabilità”.

Nel concreto il comunicato si è tradotto in un appoggio alla proposta aziendale, avversata dalle tute blu di Landini che in fabbrica hanno la maggioranza. “Per quel che riguarda le forze sindacali – recita la lettera delle tre cariche istituzionali – serve l’adesione al salario d’ingresso, da intendersi come contributo alla tenuta di una forza lavoro stabile ed efficiente, in un contesto di parità e non di competizione interna con gli altri stabilimenti del gruppo”. La paura delle istituzioni è che lo stabilimento di Forlì possa essere chiuso o sotto utilizzato, magari per trasferire la produzione a Ravenna, dove accordi sul salario di ingresso sono già stati raggiunti, o a Parma, dove gli operai Marcegaglia percepiscono un salario nettamente inferiore. “Dumping infra-regionale”, lo chiama il documento, auspicando che l’azienda, una volta firmato l’accordo, tenga fede ai patti, riassuma i dipendenti internali lasciati per ora a casa e proceda con nuove assunzioni.

Scandalizzata è stata la risposta della Cgil, arrivata già sabato sera. “Quel che sta accadendo ha dell’incredibile – spiega Mirco Rota, che per la Fiom segue il gruppo Marcegagli – Eravamo abituati al fatto che le istituzioni intervenissero per favorire soluzioni tra le parti. Invece Comune e Provincia di Forlì, guidati dal Partito Democratico, stanno facendo l’esatto contrario”. Ora che è stato firmato l’accordo separato il segretario della Fiom di Forlì, Michele Bulgarelli, alza ancora di più il tiro, e parla di “ricatto tipico di quello che noi definiamo modello Marchionne”.

In realtà il Pd aveva già preso posizione sulla vicenda, con un comunicato ben visibile nella home page del proprio sito provinciale, in cui si parlava di “economia di guerra” e si invita la Fiom, pur senza mai nominarla, a più miti consigli. La lettera di sabato dei due sindaci e del presidente della provincia ha però con ogni evidenza sbloccato la trattativa, convincendo in qualche modo Cisl e Uil a firmare quello che fino ad ora non avevano firmato. Ora i due sindacati annunciano un referendum, che però la Fiom non riconosce. “Ci opporremo a questo ricatto con tutta la nostra forza, sia con iniziative sindacali che attraverso una battaglia legale”, spiega Michele Bulgarelli. “Abbiamo già presentato delle controproposte che l’azienda ha respinto evidentemente perché aveva fiutato l’aria. Ora però – conclude il sindacalista – diremo no a quello che ci sembra in piccolo la riproposizione di quanto è accaduto nello stabilimento Fiat di Pomigliano”.

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