La procura di Milano ha chiuso le indagini nei confronti di 7 persone, tra cui l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e l’ex direttore amministrativo del San Raffaele, Mario Valsecchi, accusate a vario titolo di associazione per delinquere e bancarotta nell’ambito dell’inchiesta con al centro il dissesto finanziario del gruppo ospedaliero fondato da don Luigi Verzè. La Gdf ha notificato l’avviso di chiusura indagini, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.
Indagini chiuse per la prima tranche del fascicolo aperto dalla procura di Milano per il dissesto del San Raffaele. I sette indagati hanno ricevuto l’avviso di chiusura indagini. Si tratta di Pierangelo Daccò, Mario Valsecchi, Pierino e Gianluca Zammarchi, Andrea Bezziccheri, Fernando Lora, Carlo Freschi. Le accuse vanno, a vario titolo, dall’associazione a delinquere, alla frode, appropriazione indebita, bancarotta e distrazioni dei beni.
Secondo quanto scrivono i pm ammonterebbe a circa 45 milioni di euro la cifra di denaro distratta dalle casse del San Raffaele, attraverso la realizzazione di una serie di operazioni – tra cui l’acquisto di un aereo di lusso per 35 milioni di euro – e la contestuale creazione di “fondi neri” transitati soprattutto su conti esteri.
I sette indagati avrebbero preso parte alla associazione per delinquere per la creazione dei “fondi neri”. Denaro che – come riportato nell’avviso di chiusura – sarebbe in gran parte stato girato dal vecchio management del gruppo a Daccò, il quale lo avrebbe poi fatto transitare nella sua “complessa e consistente rete di società e conti esteri”. I soldi, tra il 2006 e il 2011, sarebbero stati trasferiti “su plurimi conti correnti, con movimentazioni periodiche a favore di beneficiari non identificabili”. Un punto, quest’ultimo, su cui gli inquirenti stanno ancora indagando. La posizione di questi sette, infatti, è stata stralciata – per la chiusura e la successiva richiesta di processo – dal fascicolo di indagine ancora aperto che cerca di accertare a chi siano arrivati parte dei fondi neri. Inchiesta ancora aperta che ruota sempre attorno a Valsecchi e Daccò e che intende ricostruire, anche in base alle risposte fornite da Valsecchi negli interrogatori, eventuali altri episodi di distrazione e dissipazione che hanno portato a un buco complessivo di oltre 1 miliardo di euro. Nell’avviso, firmato dai pm Orsi, Pedio e Ruta, si fa riferimento anche al “braccio destro” di Daccò, Giancarlo Grenci, per il quale le indagini vanno avanti, e che sarebbe stato per l’accusa “esecutore delle operazioni di trasferimento ed occultamento del denaro”. Un vero e proprio “sistema”, secondo l’accusa, nel quale gli imprenditori sovraffatturavano i costi al San Raffaele e i “fondi neri” così realizzati venivano incassati dal vecchio management e girati a Daccò.
Nell’avviso di chiusura vengono elencati tutti gli episodi di distrazione e dissipazione per un totale di circa 45 milioni: 800 mila euro sovraffatturati al San Raffaele dalle imprese degli Zammarchi; “un milione di euro” per l’operazione “fittizia” di “acquisto di un immobile in Cile”; i 35 milioni dell’operazione “Assion” per l’acquisto dell’aereo su cui viaggiava Don Verzè, un “importo del tutto sproporzionato rispetto alle esigenze ed alla situazione economica” del gruppo. E ancora: “due milioni di euro” per una consulenza su un nuovo aereo da comprare; 510 mila euro per un’altra consulenza relativa a una delle tante società di Daccò; quasi 1,8 milioni di euro girati “in contanti” a Cal e Grenci con le sovraffatturazioni della Progetti; quasi 3 milioni di euro in “bonifici” relativi a false fatture.
I creditori: “Ok al concordato”. Adesso è ufficiale: la maggioranza dei creditori chirografari della Fondazione Monte Tabor San Raffaele ha approvato il piano di concordato preventivo. Lo conferma il conteggio finale depositato dal giudice delegato Filippo Lamanna del tribunale di Milano, secondo cui si è ottenuto l’ok della maggioranza dei creditori, pari al 52,28%. Secondo i dati il totale degli ammessi al voto è stato pari a 717 milioni di euro di crediti; il quorum era di 358 milioni e i voti favorevoli sono pari a 375 milioni di euro.
Flick: “Discontinuità dalle irregolarità”. “La fondazione del San Raffaele ha fatto il possibile ed è nostro intendimento proseguire con la maggior velocità nel continuare con le attività di un bene essenziale per la salute e l’interesse dei malati, ma anche nella discontinuità dalle irregolarità” ha spiegato Giovanni Maria Flick, presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor del San Raffale, durante l’assemblea dei creditori al tribunale di Milano. “Le irregolarità verranno perseguite – ha detto – La Fondazione ha fatto tutto il possibile per dare all’autorità giudiziaria, nella massima trasparenza, tutti gli elementi che consentiranno di perseguirle”. Flick ha infine espresso il suo ringraziamento anche ai creditori “per la loro comprensione, nonchè all’autorità giudiziaria, ai commissari, alla prefettura e a tutto il personale”.
“Non è un caso Parmalat”. ”Il caso Parmalat con noi non c’entra nulla” ha spiegato Salvatore Sanzo, uno dei tre commissari giudiziari, durante la spiegazione della relazione all’assemblea dei creditori. “Il caso del San Raffaele è diverso da quello della Parmalat – spiega – perchè la rappresentanza del ceto bancario nel passivo è minima”. Un concetto che è stato sottolineato anche dal pm Luigi Orsi, che ha detto: “Non siamo un caso Parmalat ed è difficile immaginare dei recuperi favolosi – rileva – La decisione della procura di rinunciare al reclamo è stata presa anche perchè non ci sembra e non si avverte più quella ‘febbre’ che si è sentita tra lo scorso luglio e Natale”.
Il giudice: “Responsabilità dimostrate saranno sanzionate”. Il giudice Lamanna, aprendo l’assemblea dei creditori al tribunale civile, aveva detto: ”Bisogna distinguere tra il valore dell’impresa e dell’attività del San Raffaele e la necessità di sanzionare comportamenti personali sul piano civile e penale. Il tribunale ha dimostrato che tutte le responsabilità saranno sanzionate rigorosamente una volta dimostrate”. Lamanna ha sottolineato l’importanza dell’attività svolta dall’ospedale e dall’università del San Raffaele con i loro 3.800 posti di lavoro e 5 mila di indotto. “Un grande valore per il paese – conclude – che però deve essere tenuto distinto dalle responsabilità personali, che verranno sanzionate in modo rigoroso sia civilmente che penalmente”.