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Donne, quei “no” pagati con la vita

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Era andata a cena con le amiche, Andrea Toccaceli, 18 anni, studentessa. Con Saimo era finita da mesi. Aveva voglia di parlarne, forse anche di riderne. Lui era un’ossessione, con quel suo telefonare e telefonare. Fino a un certo punto che uno sia pazzo di te è gratificante, poi diventa una palla. Ma quando diventa pericoloso? Quand’è che devi smettere di uscire con le amiche e farti assegnare una scorta?

Andrea non poteva immaginare che Saimo, 23 anni, muratore, potesse buttarle giù i denti a pugni e schiaffi, poi trascinarla semisvenuta in macchina e infine, buttarla giù da un viadotto, spaccandole le ossa, spappolandole il fegato. Adesso è in coma, Andrea. La sua colpa? Aver detto di no a un uomo.

Nel 2012 sono state uccise, finora, 37 donne, per lo stesso motivo. Una ogni due giorni. È un ritmo intollerabile. È intollerabile che una parte così cospicua del genere maschile non sappia accettare il “No” di una donna. Sono pazzi e criminali, certo. Ma incominciano a essere troppi. E allora una domanda si delinea come inevitabile: che cultura c’è dietro? Quale profonda inconscia indicibile convinzione? Che le donne sono pure funzioni del desiderio altrui. Bambole con le cosce aperte. Costrette a starci. O a pagare con la vita.

Il Fatto Quotidiano, 20 marzo 2012

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