Il mobbing è brutto ed è un’esperienza che qualsiasi lavoratore vorrebbe non vivere mai sulla propria pelle. Ma c’è un’ulteriore ‘beffa’ che vede protagonisti i militari: a loro non viene riconosciuto, e quando accade, si finisce con l’essere riformati e perdere il lavoro. Uno dei problemi principali è che in un sistema basato sugli ordini e il comando, il confine con la discriminazione e la vessazione a volte è molto labile, e riconoscerlo potrebbe portare a un sovvertimento dell’intero ordine militare. Il problema è emerso ad un convegno organizzato alla Camera dal Partito per la tutela dei diritti dei militari (Pdm) proprio sul mobbing in uniforme.
“Il mobbing non viene riconosciuto nelle forze armate – spiega Marco Cannavicci, psichiatra forense – perché si finisce per perdere il lavoro. Quando si fa emergere, con questa condizione compaiono disturbi dell’adattamento o da stress post traumatico, che sono incompatibili con l’idoneità al servizio. In alcune realtà di provincia, quando si manifestano disagi e conflitti con i superiori, viene subito disposto l’invio coatto alla Commissione medica ospedaliera, dove il medico finisce per assegnare 90-180 giorni malattia, fino a 2 anni, arrivando all’inevitabile riforma e la perdita del lavoro, a differenza dei dipendenti amministrativi del ministero della Difesa che possono rimanere in servizio anche con una diagnosi di mobbing”.
E poi ci sono altri ostacoli che si frappongono al riconoscimento del mobbing in ambito militare: primo è difficile provare l’intento persecutorio del mobber, e poi il confine tra disciplina rigida e abusi è sottile, e c’è molta omertà, soprattutto quando a compiere le vessazioni sono gli ufficiali. Il mobbing si può verificare anche con demansionamenti e dequalifiche. Come è accaduto al generale dei carabinieri Luigi Finelli, comandante della legione Trentino, nonché presidente del Coir (uno dei livelli della rappresentanza militare) fino al 2008. I suoi problemi sono iniziati dopo aver denunciato, come racconta il suo avvocato Marco Napoli, “alcuni ufficiali e un maresciallo sia della sua legione che del Coir, per vari reati. Tutte queste persone – spiega Napoli – sono state rinviate a giudizio, mentre a Finelli, dopo queste segnalazioni, è stato tolto il comando, ed è stato trasferito alla divisione Unità speciali, con il ruolo di vicecomandante, dove è privo di mansioni, e il comando è affidato ad altri suoi sottoposti”.
Un altro caso, che evidenzia anche le difficoltà del sesso femminile in un ambiente prettamente maschile quale quello militare, è quello riportato dall’avvocato Giacomo Frazzitta, che sta seguendo come legale di parte civile a Marsala il caso di una giovane donna, sottocapo di terza classe truppa della Marina militare, che sarebbe stata perseguitata da un superiore e costretta a subire abusi sessuali nella capitaneria di Porto di Mazara del Vallo. In totale gli imputati sono 5, con accuse che vanno dall’abuso d’ufficio e omissione di denuncia fino alla violenza sessuale e lo stalking.
“Oltre alla violenza sessuale, tra le vessazioni denunciate – rileva Frazzitta – c’è ad esempio quella di essere stata costretta a stare sull’attenti per ore mentre tutti gli altri erano seduti stravaccati sulle sedie, non poter accedere al bagno delle donne, dover copiare appunti in poco tempo su argomenti non di sua competenza”. La cosa più grave, denuncia l’avvocato, è “il muro di omertà che regna negli ambienti militari su episodi del genere. E la Marina Militare non si è fatta vedere, né si costituita come parte civile, sostenendo così chi ha commesso questi abusi”.
Secondo i dati presentati da Cannavicci, i settori dove il mobbing è più frequente, tolte le imprese private, sono pubblica amministrazione, difesa e sanità. Nelle aziende private si registra infatti il 20% di persone che lamenta di aver subito episodi di vessazione e il 14% di demansionamenti, ma molti di questi casi a livello di contenzioso giudiziario si risolvono prima, con una transazione, perchè l’azienda vuole evitare la cattiva pubblicità di una sentenza negativa.
“Nella pubblica amministrazione e la difesa – continua Cannavicci- si registrano il 7% di casi di vessazioni e il 10% di demansionamenti, e nella sanità l’8%. Si tratta di ambiti con una struttura del personale molto gerarchizzata, dove la comunicazione tra livelli è scarsa”. In ambito sanitario ”la figura del mobbizzato per eccellenza è quella dell’infermiere – aggiunge Mauro Di Fresco del Nursind (Sindacato delle professioni infermieristiche) – vittima di medici, pazienti e direzione sanitaria. Ci sono pazienti che si ritengono più competenti di lui, impiegati amministrativi che lo trattano con tracotanza, e direttori sanitari che usano termini diversi con medici o infermieri. Anche se ha una laurea, come il medico, viene sempre considerato inferiore”.
E purtroppo il mobbing è solo il primo di una catena di eventi. Spesso seguono la perdita dal lavoro, l’abuso di alcol, conflitti familiari, isolamento sociale e a volte anche il suicidio. Costi umani, sociali ed economici molto alti, che si potrebbero evitare intervenendo alle prime avvisaglie, prima che la situazione degeneri, e non lasciando sole le vittime.
Società
Mobbing, per l’Esercito non esiste. E tanti casi restano impuniti
Il Partito per la tutela dei diritti dei militari solleva il caso in un convegno alla Camera. "Il 7 per cento dei casi di vessazione sul lavoro si verifica nel settore Pubblica amministrazione-Difesa". Ma è difficile stabilire il confine tra disciplina e abusi. I casi del generale dei carabinieri emarginato dopo aver denunciato alcuni colleghi e la giovane sottufficiale di Marina vittima di presunta violenza sessuale
Il mobbing è brutto ed è un’esperienza che qualsiasi lavoratore vorrebbe non vivere mai sulla propria pelle. Ma c’è un’ulteriore ‘beffa’ che vede protagonisti i militari: a loro non viene riconosciuto, e quando accade, si finisce con l’essere riformati e perdere il lavoro. Uno dei problemi principali è che in un sistema basato sugli ordini e il comando, il confine con la discriminazione e la vessazione a volte è molto labile, e riconoscerlo potrebbe portare a un sovvertimento dell’intero ordine militare. Il problema è emerso ad un convegno organizzato alla Camera dal Partito per la tutela dei diritti dei militari (Pdm) proprio sul mobbing in uniforme.
“Il mobbing non viene riconosciuto nelle forze armate – spiega Marco Cannavicci, psichiatra forense – perché si finisce per perdere il lavoro. Quando si fa emergere, con questa condizione compaiono disturbi dell’adattamento o da stress post traumatico, che sono incompatibili con l’idoneità al servizio. In alcune realtà di provincia, quando si manifestano disagi e conflitti con i superiori, viene subito disposto l’invio coatto alla Commissione medica ospedaliera, dove il medico finisce per assegnare 90-180 giorni malattia, fino a 2 anni, arrivando all’inevitabile riforma e la perdita del lavoro, a differenza dei dipendenti amministrativi del ministero della Difesa che possono rimanere in servizio anche con una diagnosi di mobbing”.
E poi ci sono altri ostacoli che si frappongono al riconoscimento del mobbing in ambito militare: primo è difficile provare l’intento persecutorio del mobber, e poi il confine tra disciplina rigida e abusi è sottile, e c’è molta omertà, soprattutto quando a compiere le vessazioni sono gli ufficiali. Il mobbing si può verificare anche con demansionamenti e dequalifiche. Come è accaduto al generale dei carabinieri Luigi Finelli, comandante della legione Trentino, nonché presidente del Coir (uno dei livelli della rappresentanza militare) fino al 2008. I suoi problemi sono iniziati dopo aver denunciato, come racconta il suo avvocato Marco Napoli, “alcuni ufficiali e un maresciallo sia della sua legione che del Coir, per vari reati. Tutte queste persone – spiega Napoli – sono state rinviate a giudizio, mentre a Finelli, dopo queste segnalazioni, è stato tolto il comando, ed è stato trasferito alla divisione Unità speciali, con il ruolo di vicecomandante, dove è privo di mansioni, e il comando è affidato ad altri suoi sottoposti”.
Un altro caso, che evidenzia anche le difficoltà del sesso femminile in un ambiente prettamente maschile quale quello militare, è quello riportato dall’avvocato Giacomo Frazzitta, che sta seguendo come legale di parte civile a Marsala il caso di una giovane donna, sottocapo di terza classe truppa della Marina militare, che sarebbe stata perseguitata da un superiore e costretta a subire abusi sessuali nella capitaneria di Porto di Mazara del Vallo. In totale gli imputati sono 5, con accuse che vanno dall’abuso d’ufficio e omissione di denuncia fino alla violenza sessuale e lo stalking.
“Oltre alla violenza sessuale, tra le vessazioni denunciate – rileva Frazzitta – c’è ad esempio quella di essere stata costretta a stare sull’attenti per ore mentre tutti gli altri erano seduti stravaccati sulle sedie, non poter accedere al bagno delle donne, dover copiare appunti in poco tempo su argomenti non di sua competenza”. La cosa più grave, denuncia l’avvocato, è “il muro di omertà che regna negli ambienti militari su episodi del genere. E la Marina Militare non si è fatta vedere, né si costituita come parte civile, sostenendo così chi ha commesso questi abusi”.
Secondo i dati presentati da Cannavicci, i settori dove il mobbing è più frequente, tolte le imprese private, sono pubblica amministrazione, difesa e sanità. Nelle aziende private si registra infatti il 20% di persone che lamenta di aver subito episodi di vessazione e il 14% di demansionamenti, ma molti di questi casi a livello di contenzioso giudiziario si risolvono prima, con una transazione, perchè l’azienda vuole evitare la cattiva pubblicità di una sentenza negativa.
“Nella pubblica amministrazione e la difesa – continua Cannavicci- si registrano il 7% di casi di vessazioni e il 10% di demansionamenti, e nella sanità l’8%. Si tratta di ambiti con una struttura del personale molto gerarchizzata, dove la comunicazione tra livelli è scarsa”. In ambito sanitario ”la figura del mobbizzato per eccellenza è quella dell’infermiere – aggiunge Mauro Di Fresco del Nursind (Sindacato delle professioni infermieristiche) – vittima di medici, pazienti e direzione sanitaria. Ci sono pazienti che si ritengono più competenti di lui, impiegati amministrativi che lo trattano con tracotanza, e direttori sanitari che usano termini diversi con medici o infermieri. Anche se ha una laurea, come il medico, viene sempre considerato inferiore”.
E purtroppo il mobbing è solo il primo di una catena di eventi. Spesso seguono la perdita dal lavoro, l’abuso di alcol, conflitti familiari, isolamento sociale e a volte anche il suicidio. Costi umani, sociali ed economici molto alti, che si potrebbero evitare intervenendo alle prime avvisaglie, prima che la situazione degeneri, e non lasciando sole le vittime.
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è per lui. E per Londra
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Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - Hezbollah ha condannato in una dichiarazione gli attacchi americani contro obiettivi Houthi nello Yemen. "Affermiamo la nostra piena solidarietà nei confronti del coraggioso Yemen e chiediamo a tutti i popoli liberi del mondo e a tutte le forze di resistenza nella nostra regione e nel mondo di unirsi per contrastare il progetto sionista americano contro i popoli della nostra nazione", ha scritto in una nota il Partito di Dio.
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi americani in Yemen sono "un avvertimento per gli Houthi e per tutti i terroristi". Lo ha detto a Fox News il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, sottolineando che "questa non è l'amministrazione Biden. Se colpisci gli Stati Uniti, il presidente Trump risponderà. Il presidente Trump sta ripristinando la leadership e la deterrenza americana in Medio Oriente".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".