Qualche tempo fa ho messo per la prima volta piede in Basilicata, l’ultima Regione d’Italia che a me piemontese mancava di visitare. Un Convegno sull’inquinamento ambientale a Potenza, organizzato dalla collega, prof. Albina Colella dell’Università della Basilicata (che mi ha anche aiutato a scrivere questo articolo fornendomi tutti i dati) e dal “Comitato Aria Pulita” della Basilicata.
A valle del Convegno, durante un forum di discussione, lessi un commento, che inizialmente presi come serio, fino a quando la collega non mi spiegò essere ironico: “E’ bello vivere in Basilicata: una terra incontaminata dove tutto funziona a meraviglia. Una regione dove aria, acqua e suolo sono liberi da ogni forma di inquinamento”. Io, da profondo nordico, avevo della Basilicata l’idea di una regione più o meno incontaminata e con una magnifica natura: e se la seconda parte è senz’altro vera (la Basilicata è bellissima, provate per credere), sull’incontaminata ho avuto modo – purtroppo – di ricredermi per un caso. Il Lago di “Pietra del Pertusillo” è un lago artificiale costruito tra il 1957 e il 1962, a sbarramento del fiume Agri. Le sue acque vengono usate per scopo irriguo e potabile, sia in Lucania che in Puglia, ma nel contempo è ubicato nell’area del più grande giacimento di idrocarburi in terraferma d’Europa e dista circa 8 chilometri da un centro di desolforazione dell’olio greggio, il Centro Oli di Viggiano. Il lago si trova in una zona ricca di risorse idriche, con fertili aree agricole, in gran parte nel Parco Nazionale della Val d’Agri, ma che ospita 25 pozzi petroliferi attivi.
Nel lago del Pertusillo scaricano 3200 tubature che riversano materiale inquinante; il dato viene fornito dall’Arpab, gli scarichi sono sia privati che pubblici. Denunce sull’inquinamento da idrocarburi delle acque del Pertusillo sono state fatte a più riprese, fino a culminare in un articolo (“Hydrocarbons in Sediments and Waters of the Pertusillo Dam, Italy”, Pag. 19 del Programma) presentato dalla prof. Colella ad un Convegno Internazionale sulla Protezione Ambientale nei Paesi del Mediterraneo, lo scorso anno. Un giornale d’inchiesta lucano (Basilicata24) ha appena denunciato pressioni “in alte sfere” per non diffondere notizie sull’inquinamento con un video-shock che sta facendo il giro della rete in questi giorni, che ha fatto seguito ad un altro video documentale. Episodi “spiacevoli” sono accaduti nel recente passato a esponenti dell’Ehpa (Associazione per la Tutela della Salute e dell’Ambiente di Basilicata) e ad altri, dopo aver analizzato le acque della diga e averne divulgato pubblicamente l’inquinamento, oltre che da idrocarburi anche da bario (un metallo pesante usato nei fanghi di perforazione petrolifera).
L’acqua del Pertusillo è acqua che “scotta”. L’Istituto Superiore di Sanità sta collaborando con l’Arpab per lo studio della qualità biologica delle acque di questo invaso: le analisi più recenti confermerebbero la presenza di idrocarburi, già denunciata e documentata anche nei sedimenti dell’invaso dal gruppo Ehpa e Oipa (Guardie Eco-Zoofile di Potenza) guidato dalla Prof.ssa Colella: analisi fatte dopo la moria di pesci nel lago del 2010 e 2011.
Un’area designata come parco nazionale, ma compromessa dalle trivellazioni petrolifere, dove l’agricoltura continua a morire e l’inquinamento sembra essere entrato nella catena alimentare: si trovano idrocarburi nel miele, fanghi e scarti di perforazione petrolifera sepolti nei campi contaminati dove vanno a pascolare le pecore, benzene e toluene nelle falde idriche intorno al Centro Oli Eni di Viggiano. Il centro di monitoraggio ambientale è stato avviato solo nel 2012, 13 anni dopo la stipula dell’accordo con l’Eni, e si riscontra la mancanza di un archivio storico dei dati utile per monitorare negli anni l’andamento delle emissioni inquinanti.
Gli abitanti lamentano un aumento delle patologie e i giovani emigrano in maniera inarrestabile. Ma ci sono in ballo miliardi di royalties delle compagnie petrolifere, che occupano i 2/3 del territorio regionale con 51 tra permessi di ricerca, istanze di ricerca, concessioni e campi di stoccaggio del gas, con due centri olio esistenti dell’Eni ed il costruendo centro olio a Corleto Perticara. Il memorandum recentemente siglato tra Stato e Regione Basilicata prevede il passaggio dell’estrazione di petrolio in Val d’Agri da 80 mila fino a circa 129 mila barili al giorno, che con l’attivazione dell’impianto di Tempa Rossa, a Corleto Perticara, saliranno fino a 175 mila barili.
Forse, la ricetta sarebbe poi semplice: evitare di mescolare il petrolio con l’acqua da bere e che si usa per coltivare. Ma che si debba sempre arrivare a denunce di ricercatori e a formazione di Comitati di cittadini in lotta per l’ambiente, pare un passaggio irrinunciabile, in Italia.
scritto in collaborazione con la Prof. Albina Colella, dell’Università della Basilicata