Anche Umberto Bossi si rifugia nella formula “a mia insaputa”, inaugurata dall’ex ministro Pdl Claudio Scajola a proposito dell’acquisto di una bella casa romana: “Denuncerò chi ha utilizzato i soldi della Lega per sistemare la mia casa”, ha detto all’Ansa ieri sera, al termine della giornata che aveva visto esplodere il caso di Francesco Belsito, il tesoriere della Lega nord indagato da diverse procura per reati che vanno dall’appropriazione indebita al riciclaggio. E secondo la Procura di Milano, parte dei fondi del partito sarebbero stati spesi per “sostenere i costi” della famiglia Bossi. “Io non so nulla di questa cose – ha aggiunto il leader leghista – e d’altra parte avendo pochi soldi non ho ancora finito di pagare le ristrutturazioni di casa mia”. Da notare che Umberto Bossi è ininterrottamente parlamentare dal lontano 1987, con relativo stipendio.
Circa un’ora dopo, la stessa agenzia Ansa ha diffuso una versione diversa del Bossi pensiero. Dove il concetto di “a mia insaputa” scompare, ma in compenso si apre una nuova questione sull’effettivo pagamento della ristrutturazione della dimora di Gemonio, in provincia di Varese. ”Non sono mai stati spesi i soldi della Lega per ristrutturare casa mia”, afferma il segretario leghista come “precisazione del suo pensiero”. “Denuncerò chiunque sostenga il contrario – ha aggiunto – perché oltretutto non ho ancora finito di pagare le ristrutturazioni e quindi soldi della Lega non sono stati spesi”.
Ma secondo il figlio Renzo, consigliere regionale lombardo, quei lavori furono realizzati “quando papà era ancora in ospedale”, cioè dopo l’ictus che lo colpì l’11 marzo 2004. Otto anni fa, dunque, ma Renzo Bossi conferma che ancora non sono stati saldati: “La mia famiglia di soldi dalla Lega non ne ha mai presi, per esempio deve finire ancora di pagare la ristrutturazione della casa di Gemonio, perché i lavori sono stati fatti quando papà era ancora in ospedale”.
Intanto le inchieste giudiziarie sul caso Belsito procedono su più fronti (leggi le carte complete di Milano e Reggio Calabria). Il pm di Napoli John Woodcock sta sentendo come testimone Daniela Cantamessa, una delle segretarie di Umberto Bossi, già ascoltata ieri dai magistrati di Milano nell’ambito dell’inchiesta che coinvolge il tesoriere dimissionario del Carroccio, Francesco Belsito. La deposizione è in corso in queste ore negli uffici della procura.
I pm di Milano, intanto, hanno inviato al presidente della Camera Gianfranco Fini la richiesta di perquisire un ufficio di Belsito, tesoriere della Lega Nord indagato per appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato. L’autorizzazione è mirata ad aprire una cassetta di sicurezza, di cui l’esponente leghista ha già messo a disposizione le chiavi, situata in un palazzo che è nelle pertinenze della Camera dei deputati. Montecitorio deve dunque comunicare se la palazzina è frequentata solo da Belsito (che non è deputato) o anche da parlamentari. In questo ultimo caso sarà necessario rivolgersi alla giunta per le autorizzazioni a procedere.
Francesco Belsito è indagato anche dalla Procure di Reggio Calabria e di Napoli per riciclaggio. Nel ramo calabrese dell’inchiesta, emerge lo strettissimo legame di amicizia e di affari tra il tesoriere leghista e Romolo Girardelli, indagato come riciclatore di denaro sporco della cosca di ‘ndrangheta dei De Stefano.