Niente comunione per il bambino disabile. Succede a Porto Garibaldi, uno dei sette lidi di Comacchio, in provincia di Ferrara. Al momento dell’eucarestia don Piergiorgio Zaghi non porge l’ostia a un piccolo affetto da gravi disturbi.

Era il momento propedeutico alla celebrazione della prima comunione. Dopo il percorso di catechismo i giovanissimi frequentatori della parrocchia dell’Immacolata concezione si accingevano a ricevere per la prima volta il “corpo di Cristo”. Era un momento al quale i genitori del piccolo diversamente abilesi erano avvicinati con preoccupazione.

Loro stessi avevano chiesto consiglio su come poter avviare a questo primo percorso spirituale il loro figlio. Il sacerdote avrebbe manifestato immediatamente le proprie perplessità in merito alla possibilità di dare il sacramento al piccolo, essendo incapace – questa la spiegazione riportata dalle cronache cittadine – di intendere e volere.

Di fronte all’insistenza della coppia, però il “don” accetta di occuparsi della giovane anima che gli viene affidata. È lui stesso prete che gli fa seguire una sorta di catechismo a distanza su supporti multimediali, dal momento che padre e madre non riescono ad accompagnarlo tutte le settimane in parrocchia.

Qui forse nasce il fraintendimento. Nelle intenzioni del sacerdote non si poteva andare oltre. E questa risoluzione viene comunicata direttamente ai genitori. Il bimbo viene comunque invitato alla cerimonia. Al termine della messa però, sarà l’unico tra i suoi coetanei a non ricevere l’ostia.

L’esclusione non è passata inosservata ai fedeli. Molti di loro, in particolare la madri dei compagni di classe, hanno scritto a don Piergiorgio chiedendo di tornare sui suoi passi. Il parroco risponderà con un’omelia nella quale spiegherà i motivi – a suo dire indipendenti dalla sua volontà – all’origine di quel “rifiuto”.

I motivi li spiega monsignor Antonio Grandini, vicario della diocesi di Ferrara-Comacchio, che ridimensiona il tutto a “un caso montato dalla famiglia”. “Padre e madre – fa sapere il monsignore – sono stati ricevuti in arcivescovado e ascoltati per più di un’ora. Lo stesso papà ha riconosciuto che il figlio è totalmente incapace di intendere e volere e quindi non in grado di distinguere tra un pezzo di pane e un’ostia. Che valore può avere a questo punto somministrare il sacramento?”.

Un tentativo di mediazione prevedeva che il bimbo ricevesse la “comunione nella fede della famiglia”, ma la mancata celebrazione del matrimonio religioso dei genitori non ha reso praticabile questa strada. “La famiglia – prosegue Grandini – è stata invitata alla messa di Comunione che si terrà a maggio; in quell’occasione il sacerdote potrà fare un segno della croce sulla fronte del piccolo come si fa per i bambini di pochi anni”.

“Nessuna discriminazione” è la conclusione del vicario, che si dice “dispiaciuto per quanto successo, anche se spero che alla fine prevalga la carità e che a maggio, se sarà possibile fargli concludere il suo percorso, il bambino possa anche ricevere il sacramento. Il piccolo ha bisogno di un’attenzione che la Chiesa non vuole negare, ma non possiamo pensare che una persona con disabilità fisica – questa la sua metafora – scali il K2”.

Dal canto suo, don Zaghi, contattato al telefono, non rilascia dichiarazioni. Forse, a chiarire la questione, potrebbe contribuire quanto affermato da Papa Benedetto XVI nell’esortazione apostolica “Sacramentum Caritatis”: “Venga assicurata anche la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai disabili mentali, battezzati e cresimati: essi ricevono l’Eucaristia nella fede anche della famiglia o della comunità che li accompagna”.

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