“Non è possibile che uno del Pdl a cui non piace il candidato sindaco si fa la lista coca cola e si presenta alle elezioni. Se vuole fare la lista coca cola, poi resti con la lista coca cola per tutta la vita mettendoci la faccia, e vediamo dove arriva senza il Pdl”. La citazione pop è del coordinatore pidiellino dell’Aquila e provincia Alfonso Magliocco, e segna con chiarezza il risultato delle prossime elezioni in città: rivincerà Massimo Cialente, sindaco uscente del Pd, faccia smunta e associata di default al terremoto, maschera insanguinata dai manganelli durante le proteste romane e fascia tricolore spesso fischiata in casa sua per la scarsa efficacia della politica ricostruttiva.
Ma a lui le liste coca cola ormai non fanno più paura, né a destra né a sinistra. Perché, se non succederà nulla di eclatante da qui a maggio, è molto probabile venga riconfermato a capo di un consiglio frammentato almeno quanto quello in scadenza (40 partiti rappresentati da 20 consiglieri) con un giro forsennato di rimpasti, abbandoni – lo stesso sindaco diede le dimissioni in polemica con la gestione commissariale del post sisma, ritirandole poco dopo – e cambi pirotecnici di casacca. Ora Cialente è tranquillo innanzitutto perché ha battuto alle primarie il rivale sostenuto da Sel e Rifondazione, Vittorio Festuccia, e potrà schierare tra le sue fila quasi tutta la sinistra: Pd, Sel, Rifondazione, Comunisti italiani (più Api e dissidenti dell’Udc). Ma Cialente rischia di vincere soprattutto perché ha davanti un avversario frantumato dalle bollicine di una guerra assai effervescente.
All’Aquila i candidati di centrodestra sono due e si menano a botte di liste e listerelle con l’obiettivo malcelato di bersi qualche poltrona in consiglio comunale. Il conflitto doveva risolversi tramite eleganti primarie, ma le varie fazioni litigavano al punto che non è stato possibile nemmeno organizzarle. Il candidato ufficiale, imposto da Angelino Alfano, è l’urbanista Pierluigi Properzi, oggetto estraneo alla balcanica tradizione locale. Il ribelle territoriale è il leader dell’Mpa regionale Giorgio De Matteis, sostenuto da un vasto mondo di arrabbiati: Udeur, Udc, Destra, Casapound, fuoriusciti Pdl e persino i Verdi.
Per la verità c’erano anche altre due papabili candidature pidielline: il veterano Enzo Lombardi, ex senatore andatosene sbattendo la porta (“Con il Pdl ho chiuso, non torno indietro, anche perché il partito ha dimostrato di essere disinteressato alla mia presenza”) e poi Chiara Petrocco, sostenuta dai fratelli Gianni e Maria Teresa Letta, ritiratasi all’ultimissimo momento per evitare ulteriori scismi. E poi, chi corre per l’Aquila? Fuori dagli schieramenti maggiori si agita una pattuglia di candidati collaterali, buoni soprattutto per rinforzare le maggioranze in caso (probabilissimo) di ballottaggio. I nomi per i partiti residuali sono quelli di Angelo Mancini (Idv) ed Enrico Verini (Fli).
Ma il malloppo di consenso più variabile sarà in mano alle civiche: candidati il medico Vincenzo Vittorini con due liste d’appoggio, Enza Blundo del Movimento 5 Stelle ed Ettore Di Cesare di Appello per l’Aquila. “Potrebbe essere questa la sorpresa, sento tanta gente che non ha voglia di votare né per Cialente né per il Pdl” spiega Alessio Di Giannantonio, giovane attivista dei comitati che hanno cercato di dare un’anima alla città dopo il disastro. E che puntano sul genio algoritmico per spiazzare il già deciso. “Di Cesare è uno dei fondatori di Openpolis, il sistema di controllo sull’operato dei politici gestito dal basso tramite il monitoraggio delle attività istituzionali – continua Di Giannantonio -. E’ una faccia nuova, ma soprattutto una persona aperta alla condivisione: ciò che serve oggi per far uscire la nostra città dal limbo”.
Perché ciò che si rimprovera a Cialente è la sua scarsa efficacia nel gestire la fase del post sisma ignorando le richieste dei cittadini: lentezza esasperante nell’avvio dell’opera ricostruttiva, rapporto ondivago con le forze di governo (Berlusconi, Letta, Bertolaso), mancanza di una strategia globale, la vergogna dei 380 aquilani che ancora dormono in hotel o in caserma e lo smarrimento di tutti gli altri 50mila costretti a vivere sparpagliati nel raggio di trecento chilometri mentre il cuore della città è morto, abbandonato sotto le macerie. La replica del sindaco è nota: tutta colpa della politica nazionale, il guaio vero è l’incapacità manifesta dei commissari scelti da Roma nel coordinare i fondi e la burocrazia (governatore Pdl Gianni Chiodi in primis).
L’elettore, a questo punto, che farà? “Farà quel che può, sceglierà il meno peggio. Ma vinceranno le solite logiche da clan familiare: mandiamo avanti chi ci può rendere il favore quando serve” spiega Filippo Tronca di Abruzzo24, portale e tv locale che sta sondando gli umori degli aquilani. “Al primo turno ci sarà magari parecchia affluenza, perché i candidati che corrono sono otto, e ognuno ha alle spalle un mondo variegato – spiega Tronca -. Poi resteranno in due, ci saranno gli apparentamenti, qualche civica starà fuori accontentandosi di un seggio e le altre spingeranno chi gli conviene di più. Alla fine Cialente si ritroverà a capo di un nuovo parlamentino, con qualche elemento di novità legato allo sconquasso del terremoto e alla voglia della società civile di dire la sua. Ma già sento gli inviti alla coesione, le pacche sulle spalle tra avversari. Come dire: tranquilli, non cambierà nulla”.