Pubblico la petizione per la Biblioteca dei Girolamini scaturita dal mio articolo su Il Fatto Quotidiano del 30 marzo.
L’elenco completo dei circa 500 firmatari (alla data del 12 aprile 2012) si trova in www.patrimoniosos.it. La petizione si può firmare nella pagina web: http://www.petizionepubblica.it/?pi=Gerolami
Al ministro per i Beni e le attività culturali, prof. Lorenzo Ornaghi
Signor Ministro,
Le scriviamo a proposito dello stranissimo e increscioso affare che riguarda l’attuale direzione della Biblioteca Nazionale dei Girolamini a Napoli, una delle biblioteche storiche più gloriose d’Italia, nata dalla passione culturale della congregazione di San Filippo Neri. Per volontà di Giovan Battista Vico, in essa confluirono i libri di Giuseppe Valletta: pegno vivo di una stagione in cui Napoli era un crocevia del pensiero filosofico europeo e vera capitale della Respublica literaria universale.
Dopo le enormi perdite e trasformazioni di altri fondi librari avutesi nell’Ottocento, Napoli possiede ormai quest’unico esempio particolare di biblioteca pubblica di origine preunitaria, magnificamente coerente nell’architettura e nelle raccolte in essa ospitate: un organismo che un tempo si affiancava perfettamente alle biblioteche universitarie e alla Nazionale, così come avveniva e avviene in altre antiche capitali italiane, dove però le analoghe biblioteche di origine conventuale, principesca o erudita sono state meno decimate, e svolgono tuttora una funzione preziosissima (si pensi all’Angelica, alla Casanatense, alla Corsiniana e alla Vallicelliana di Roma, o alla Laurenziana, alla Marucelliana e alla Moreniana di Firenze).
Purtroppo le conseguenze drammatiche, mai piante a sufficienza, del terremoto del 1980, hanno contribuito massicciamente a far uscire i Girolamini dall’orizzonte culturale, e prim’ancora dal vissuto quotidiano, della cittadinanza napoletana, con i suoi numerosissimi intellettuali, studiosi e studenti. E ciò spiega perché, nella distrazione ormai consolidatasi, sia cominciata una vicenda come quella che è adesso in corso, e che siamo qui a denunciarLe.
Le chiediamo come sia possibile che la direzione dei Girolamini sia stata affidata dai padri filippini, con l’avallo del Ministero che ne è ultimo responsabile, a un uomo (Marino Massimo De Caro) che non ha i benché minimi titoli scientifici e la benché minima competenza professionale per onorare quel ruolo. E perché questa scelta sia stata fatta in un Paese e in un’epoca affollati fino all’inverosimile di espertissimi paleografi, codicologi, filologi, storici del libro, storici dell’editoria, bibliotecari, archivisti, usciti dalle migliori scuole universitarie e ministeriali, e finiti sulle strade della disoccupazione o della sotto-occupazione (call centers, pizzerie, servizi di custodia).
Le chiediamo inoltre di spiegarci come mai Marino Massimo De Caro, sebbene del tutto estraneo al mondo della biblioteconomia e della funzione pubblica, abbia avuto e abbia comunque curiose implicazioni con i libri, che lo portano tuttavia nel mondo del commercio, facendo emergere fin qui – sempre e soltanto – episodi degni di essere vagliati non da una commissione di concorso, ma dalle autorità giudiziarie (sia pure con l’auspicio dell’innocenza).
Le chiediamo inoltre come mai una figura dai trascorsi così poco chiari e poco chiariti sia stata messa a capo di un istituto che oggi come non mai ha bisogno, tutt’al contrario, non solo di una guida ferrea e irreprensibile, ma di un rappresentante – ben facile da trovare – che respinga ad anni-luce da sé i sospetti di ogni collegamento con quelle gravissime perdite più o meno recenti del loro patrimonio librario che i padri filippini per primi denunciano in questi mesi.
Le chiediamo infine, nel riconsiderare con molta attenzione la scelta di Marino Massimo De Caro come direttore dei Gerolamini (nonché come Suo consigliere personale), di voler creare una commissione pubblica d’inchiesta sull’amministrazione passata e recente di questa biblioteca, prima che la memoria storica dei Gerolamini rimanga affidata soltanto a una maestosa architettura ferita e umiliata, tragicamente solitaria nel cuore di una rete mondiale di traffici rapaci.
Francesco Caglioti
Gerardo Marotta
Nicola Capone, Assise della Città di Napoli
Mirella Barracco
Augusto de Luzenberger
Cesare de Seta
Andrea Graziosi
Alberto Lucarelli
Paolo Macry
Paolo Maddalena
Giulio Pane
Salvatore Settis
Giuliano Amato
Remo Bodei
Marcello De Cecco
Ennio Di Nolfo
Dario Fo e Franca Rame
Carlo Ginzburg
Tullio Gregory
Gioacchino Lanza Tomasi
Gian Giacomo Migone
Alessandra Mottola Molfino, presidente di Italia Nostra
Lamberto Maffei, presidente dell’Accademia dei Lincei
Dacia Maraini
Stefano Parise, presidente dell’Associazione Italiana Biblioteche
Adriano Prosperi
Stefano Rodotà
Raffaele Romanelli
Oliviero Toscani
Rosario Villari
Giuliano Volpe
Gustavo Zagrebelsky
Francesco Aceto
Giovanni Agosti
Alessandro Ballarin
Guido Bastianini
Nicola Bonacasa
Piero Boitani
Lina Bolzoni
Sara Bonechi
Evelina Borea
Edda Bresciani
Luigi Capogrossi Colognesi
Umberto Carpi
Michele Dantini
Costanzo Di Girolamo
Gianni Ferrara
Bruno Figliuolo
Maria Pia Guermandi
C. McIlwaine
Girolamo Imbruglia
Adriano La Regina
Donata Levi
Daniela Manetti
Marilena Maniaci
Marcella Marmo
Daniele Menozzi
Massimo Miglio
Nicolò Mineo
Tomaso Montanari
Salvatore Silvano Nigro
Matteo Palumbo
Antonio Pinelli
Filippo Maria Pontani
Gabriella Prisco
Amedeo Quondam
Anna Maria Rao
Andreina Ricci
Francesca Rigotti
Fiorella Sricchia Santoro
Alfredo Stussi
Mario Torelli
Edoardo Tortarolo
Carlo Vecce
Giovanni Vitolo
Fausto Zevi