Per essere sicuri di non essere intercettati, Stefano Bonet (il consulente finanziario della Lega Nord) e Lubiana Restiani (la segretaria alla Camera del gruppo) hanno utilizzato per comunicare, nei giorni in cui sui giornali si incominciava a parlare del giro di investimenti all’estero, schede telefoniche nazionali e internazionali intestate a extra-comunitari del tutto inconsapevoli di fare da “filtro” per gli investigatori.
La notizia viene riportata dalle informative della direzione investigativa (Dia) Antimafia di Reggio Calabria e pubblicata oggi su La Stampa: “Il gruppo sottoposto alle investigazioni, attraverso l’acquisto di utenze telefoniche intestate a ignari cittadini stranieri e caselle di posta elettronica attive su domini internazionali, si è creato una rete di comunicazione clandestina, per potere comunicare come da loro esplicitamente affermato, in modo sicuro e riservato”.
L’artefice di questa iniziativa è lo stesso Bonet, che come si legge nella nota della Dia, ha dotato la Restaini (la segretaria molto vicina a Roberto Maroni) di due utenze intestate rispettivamente a un cittadino senegalese e a un’altro del Bangladesh.
Il primo contatto è avvenuto il 17 febbraio quando Francesco Belsito ha chiamato dal cellulare (intestato a Mattia Camurati) la Restaini sul telefono di Md Zalal Uddin, l’ignaro bengalese. Nella telefonata sono volate anche parole grosse, legate alle vicende dei capitali all’estero. A un certo punto della conversazione, la segretaria ha passato il telefono a Roberto Castelli che continuava a parlare con Belsito. E lo faceva da persona molto ben informata sulle ‘vicende africane’ di Belsito.
Intanto la procura di Milano sta cercando i lingotti o i diamanti che l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, avrebbe acquistato per conto del Carroccio l’anno scorso. Da quanto si è saputo, gli inquirenti hanno intenzione di accertare se esistono cassette di sicurezza intestate alla Lega o allo stesso Belsito dove possono essere custoditi i cinque chili in lingotti d’oro che sarebbero stati comprati dalla società “8853” di Pero (Milano) o i diamanti acquistati dalla “intermarket diamond business” per un importo di circa 100 mila euro, come è emerso dalla documentazione acquisita nei giorni scorsi presso la Banca Aletti.
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo a dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, hanno finora accertato che nel dicembre 2011 i lingotti sono stati comprati con assegni circolari del Carroccio e consegnati al partito.