Alla nuova tassa si sono ribellati con forza. Così, dopo una giornata di proteste in tutta Italia, i medici specializzandi ieri hanno ottenuto dalla commissione Finanze della Camera l’eliminazione dell’Irpef sulle borse di studio per i dottorati di ricerca e le scuole di specializzazione. Un balzello che era stato inserito nel decreto legge sulle “semplificazioni tributarie” da un emendamento votato il 4 aprile scorso in Senato. E che sarebbe costato ai giovani camici bianchi dai 200 ai 300 euro al mese.
Una buona notizia che però è solo un piccolo passo avanti, dicono gli specializzandi, perché restano irrisolti molti altri problemi. “Siamo tra i medici meno pagati in Europa – accusa Annalisa Belloni, rappresentante della scuola di specializzazione in Chirurgia generale del Policlinico di Milano – E nonostante per legge non dobbiamo essere inseriti in alcuna turnistica, spesso siamo tenuti a fare lo stesso lavoro dei medici strutturati”. Più di dieci ore in corsia ogni giorno che vanno a scapito della formazione. E, quindi, anche del malato.
Per questo stamattina, nonostante la cancellazione dell’emendamento incriminato, gli specializzandi sfileranno per le vie del capoluogo lombardo in un corteo che partirà alle 10 in via Festa del Perdono. Resta anche confermato il sit in davanti a Montecitorio, organizzato alle 11 dall’associazione Segretariato italiano giovani medici e dalla sigla FederSpecializzandi. Che, pur esprimendo soddisfazione per la modifica del testo, hanno deciso di portare una delegazione davanti alla Camera per presentare “le criticità che connotano la condizione dei medici in formazione”.
Iniziative che seguono le proteste di ieri. A Torino duecento ragazzi, tutti in camice bianco, sono entrati nell’aula magna dell’ospedale Cto e hanno letto un documento al ministro della Salute Renato Balduzzi, presente per un convegno. A Milano la protesta ha coinvolto oltre un centinaio di specializzandi che hanno distribuito volantini in piazza Cavour e si sono astenuti per alcune ora dal lavoro in corsia, creando qualche disagio negli ospedali. Un corteo con circa 400 persone è sfilato per le vie di Bologna, mentre manifestazioni si sono tenute anche a Firenze, Bari e Cagliari.
“Il governo si è presentato dicendo ‘quello che fa bene ai giovani fa bene al Paese'”, si leggeva nella nota diffusa da FederSpecialisti e Sigm per lanciare le iniziative. Ora invece si cerca di “far cassa con i soldi delle borse di studio e degli assegni di ricerca, somme che garantiscono il minimo sostentamento per migliaia di giovanissimi ricercatori e medici specializzandi, quasi sempre fuori sede, che sempre più a fatica, in questo periodo di crisi, tentano di costruirsi un’esistenza indipendente e dignitosa”. Alle voci degli specializzandi si sono man mano aggiunte dichiarazioni solidali da parte di esponenti delle diverse forze politiche. Per il senatore del Pd Ignazio Marino la tassa avrebbe incentivato la fuga all’estero dei talenti migliori, mentre Giorgia Meloni, deputato del Pdl ed ex ministro della Gioventù, ha parlato di un emendamento che non rispondeva al principio di equità sociale.
“Inaccettabile accanimento” è stata la definizione riservata dal leader di Sel Nichi Vendola a una norma che avrebbe colpito una categoria che guadagna circa 1.400-1.500 euro netti al mese, senza tredicesima. E che, dal punto di vista fiscale, avrebbe equiparato gli specializzandi a lavoratori dipendenti, senza però tenere conto che nei loro contratti non c’è traccia di malattia, Tfr e straordinari. Alla fine è arrivato il voto in commissione Finanze. E con il parere favorevole del governo è stata eliminata una tassa introdotta appena dieci giorni fa.