Mai illudersi di aver toccato fondo. E’ trascorso un anno da quando il Portogallo (allora governato dai socialisti di José Socrates) fu costretto a ricorrere al piano internazionale di salvataggio finanziario da 78 miliardi di euro per evitare la bancarotta. Ma il bombardamento incessante di ricette d’austerità imposte dalla troika Fmi-Ue-Bce al nuovo esecutivo di centro-destra uscito dal voto anticipato del giugno 2011, non ha finora consentito al paese di risollevare la testa. Anzi, i risultati sono francamente sconfortanti, tanto che non ha sorpreso l’ammissione del primo ministro Pedro Passos Coelho che, in un articolo pubblicato sul Financial Times, riconosce di non poter escludere l’eventualità di dover ricorrere nuovamente al sostegno “dei nostri soci internazionali”. Esistono, a detta del premier, “circostanze aliene al nostro controllo”, che potrebbero impedire il ritorno del paese sui mercati finanziari nei tempi previsti, cioè nell’autunno del 2013.
E’ un modo per tentare di condividere la responsabilità dei problemi con le istituzioni europee che hanno commissariato l’economia portoghese. Quel che Passos Coelho non ricorda, però, è che sin dal momento del suo insediamento, dieci mesi fa, non solo si impegnò a rispettare punto per punto le indicazioni della troika, ma disse che sarebbe andato anche “al di là delle misure richieste”. E così ha fatto, con il risultato di deprimere ulteriormente un’economia già sull’orlo del precipizio. Un anno dopo, il bilancio è: più disoccupati, più debiti, più recessione. Il divario tra le classi più ricche e più povere della società è diventato una voragine in seguito a una raffica di misure d’austerità che fanno vacillare le fondamenta del welfare: incremento dell’Iva e dell’Irpef, soppressione delle paghe extra per funzionari e pensionati (ora ne riscuotono 12, contro le 14 del passato), tagli ai sussidi di disoccupazione, aumento delle tasse sui servizi sanitari (per una visita medica normale si è passati da 2,5 a 5 euro, per le urgenze da 8,5 a 15), aumento dei prezzi di gas, carburanti, elettricità, trasporti pubblici. Ma la “macelleria sociale” non finisce qui. Con la riforma del mercato del lavoro varata a gennaio, si era già ridotta da 30 a 20 giorni per anno lavorato l’indennizzazione in caso di licenziamento. Ora, però, il governo ritorna alla carica e annuncia un nuovo, drastico taglio: su proposta della troika, il nuovo tetto per gli indennizzi verrà fissato fra gli 8 e i 12 giorni.
Tutto ciò con un panorama occupativo sempre più inquietante: i senza lavoro sono passati negli ultimi dodici mesi dal 12 al 15 per cento, e si prevede che a fine anno saranno già più di 700mila. Inutile sperare in un’inversione di tendenza a breve termine, perché dopo una caduta del Pil del 2,8 per cento nel 2011, si teme che la contrazione dell’economia per l’anno in corso possa essere superiore al 3 per cento. L’unico risultato tangibile è la riduzione del deficit di tre punti e mezzo, che autorizza l’Fmi a sperare che si possa rispettare per il 2012 l’obiettivo del 4 per cento. Ma, nonostante l’aiuto finanziario internazionale, il paese non è riuscito a ridurre la pressione dei mercati, tanto che ora è costretto a pagare un interesse del 12 per cento per i titoli a dieci anni, contro il 7 per cento di dodici mesi fa. Il debito pubblico ha superato il 100 per cento del Pil e, pur in piena recessione, il tasso d’inflazione è al 3,3.
Con gli investimenti pubblici sacrificati sull’altare dell’austerità (niente alta velocità, cancellato il progetto per il nuovo aeroporto di Lisbona) la speranza di far ripartire lo sviluppo diventa sempre più una chimera. La reazione sociale – due scioperi generali in appena tre mesi – non ha smosso di un millimetro il premier di centro-destra. Di fronte all’assoluta mancanza di prospettive, chi ne ha il coraggio prende la via dell’espatrio: sono 150mila i portoghesi che hanno lasciato il paese dall’inizio della crisi, molti di loro altamente qualificati che vanno alla ricerca di uno sbocco professionale in Africa o in Sudamerica.
Zonaeuro
Altro che Spagna, il Portogallo è la bomba finanziaria sotto lo spread
L'austerità non sta funzionando neppure a Lisbona: investimenti cancellati, meno tutele ai lavoratori, rigore nella spesa. Eppure il governo non esclude di dover ricorrere ancora al soccorso europeo
E’ un modo per tentare di condividere la responsabilità dei problemi con le istituzioni europee che hanno commissariato l’economia portoghese. Quel che Passos Coelho non ricorda, però, è che sin dal momento del suo insediamento, dieci mesi fa, non solo si impegnò a rispettare punto per punto le indicazioni della troika, ma disse che sarebbe andato anche “al di là delle misure richieste”. E così ha fatto, con il risultato di deprimere ulteriormente un’economia già sull’orlo del precipizio. Un anno dopo, il bilancio è: più disoccupati, più debiti, più recessione. Il divario tra le classi più ricche e più povere della società è diventato una voragine in seguito a una raffica di misure d’austerità che fanno vacillare le fondamenta del welfare: incremento dell’Iva e dell’Irpef, soppressione delle paghe extra per funzionari e pensionati (ora ne riscuotono 12, contro le 14 del passato), tagli ai sussidi di disoccupazione, aumento delle tasse sui servizi sanitari (per una visita medica normale si è passati da 2,5 a 5 euro, per le urgenze da 8,5 a 15), aumento dei prezzi di gas, carburanti, elettricità, trasporti pubblici. Ma la “macelleria sociale” non finisce qui. Con la riforma del mercato del lavoro varata a gennaio, si era già ridotta da 30 a 20 giorni per anno lavorato l’indennizzazione in caso di licenziamento. Ora, però, il governo ritorna alla carica e annuncia un nuovo, drastico taglio: su proposta della troika, il nuovo tetto per gli indennizzi verrà fissato fra gli 8 e i 12 giorni.
Tutto ciò con un panorama occupativo sempre più inquietante: i senza lavoro sono passati negli ultimi dodici mesi dal 12 al 15 per cento, e si prevede che a fine anno saranno già più di 700mila. Inutile sperare in un’inversione di tendenza a breve termine, perché dopo una caduta del Pil del 2,8 per cento nel 2011, si teme che la contrazione dell’economia per l’anno in corso possa essere superiore al 3 per cento. L’unico risultato tangibile è la riduzione del deficit di tre punti e mezzo, che autorizza l’Fmi a sperare che si possa rispettare per il 2012 l’obiettivo del 4 per cento. Ma, nonostante l’aiuto finanziario internazionale, il paese non è riuscito a ridurre la pressione dei mercati, tanto che ora è costretto a pagare un interesse del 12 per cento per i titoli a dieci anni, contro il 7 per cento di dodici mesi fa. Il debito pubblico ha superato il 100 per cento del Pil e, pur in piena recessione, il tasso d’inflazione è al 3,3.
Con gli investimenti pubblici sacrificati sull’altare dell’austerità (niente alta velocità, cancellato il progetto per il nuovo aeroporto di Lisbona) la speranza di far ripartire lo sviluppo diventa sempre più una chimera. La reazione sociale – due scioperi generali in appena tre mesi – non ha smosso di un millimetro il premier di centro-destra. Di fronte all’assoluta mancanza di prospettive, chi ne ha il coraggio prende la via dell’espatrio: sono 150mila i portoghesi che hanno lasciato il paese dall’inizio della crisi, molti di loro altamente qualificati che vanno alla ricerca di uno sbocco professionale in Africa o in Sudamerica.
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Su dazi, Ucraina, Medio Oriente la linea è la stessa e resta condivisa. Mentre sul ReArm, il Pd ha dovuto trovare una sintesi, raggiunta in una lunghissima mediazione iniziata ieri nel primo pomeriggio e andata avanti fino a questa mattina. Da una parte la linea dura della segretaria Elly Schlein e della maggioranza dem. Dall'altra quella più 'aperturista' sul piano Von der Leyen della minoranza. Il punto 8 della risoluzione è quello in cui si è trovato l'equilibrio tra le anime dem. Una mediazione che fa dire ad Alessandro Alfieri, coordinatore della minoranza, di essere "soddisfatto" mentre arriva a Montecitorio per la riunione congiunta dei gruppi.
Da una parte, infatti, c'è la richiesta di una "radicale revisione" del ReArm, fronte dal quale Schlein non si è mossa. "Il piano ReArmEu, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune", si legge nelle premesse.
Dall'altra, c'è un giudizio positivo sul Libro bianco della difesa europea, il testo sul cui voto i dem si sono divisi in Europa tra le astensioni della maggioranza e il sì dell'area riformista. Nelle premesse si argomenta: "All’Unione europea serve la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati. La Commissione europea sta preparando il Libro bianco sul futuro della difesa europea che rappresenta l’avvio di un percorso di discussione per la costruzione di una difesa comune".
Quindi il punto 8 della risoluzione in cui il Pd chiede al governo di "promuovere, nel corso del negoziato che si aprirà dopo la presentazione del Libro bianco sulla difesa europea e i suoi strumenti, tutti gli elementi che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l’autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all’integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all’interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo".
Ed insieme di "promuovere, pertanto, una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente Von der Leyen, sulla base delle critiche e delle proposte avanzate in premessa, al fine di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione, e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, lo sviluppo, l’acquisizione e la gestione di capacità comuni per realizzare un’unione della difesa".
Londra, 18 mar. (Adnkronos) - Re Carlo e la regina Camilla festeggiano quest'anno 20 anni di matrimonio - il 9 aprile, mentre saranno in Italia - ma, nonostante questo, sembra che trascorrano "molto tempo separati". Anzi, forse il segreto della loro felicità come coppia è dovuto proprio al fatto che ciascuno dei due sta per conto proprio nei fine settimana. Camilla si ritira nella sua amata e "disordinata" casa di campagna nel Wiltshire senza Charles ogni weekend, secondo Ingrid Seward, caporedattrice della rivista Majesty, che ha dichiarato che "in realtà i sovrani trascorrono parecchio tempo separati. La casa di Ray Mill è, se vogliamo, per Camilla una sorta di liberazione dalla vita reale. Prima di sposare Charles, fece un patto con lui: avrebbe tenuto quella casa come rifugio".
"Va ogni fine settimana, quando può, e ci va anche d'estate per trascorrere un po' di tempo con i suoi nipoti e i suoi figli, ed è qualcosa che la allontana dall'intero mondo reale e dove va soprattutto per rilassarsi - racconta l'esperta reale - Molto spesso non va a Highgrove a meno che lei e Charles non abbiano altri impegni. Si tratta di allontanarsi dalle restrizioni dovute alla sicurezza ed essere circondati da personale e persone che fanno cose per te, il che, ovviamente, sarebbe meraviglioso per tutti noi. Penso che nel suo caso abbia bisogno di un posto dove potersi effettivamente rilassare ed essere semplicemente se stessa, e andare in giro con jeans sporchi, se vuole, senza essere costantemente controllata".
Una fonte ha dichiarato all'Express che Camilla "al Ray Mill può sedersi con un grande G&T, togliersi le scarpe e guardare Coronation Street, che Charles detesta". Il re, invece, quando è libero nei weekend, si reca spesso a Highgrove o a Sandringham, mentre durante la settimana i due risiedono insieme a Clarence House. Della residenza di campagna di Camilla nel Wiltshire si è parlato la scorsa settimana, quando si è saputo che il re ha acquistato una casa confinante, che sarebbe stata adibita a sede per matrimoni, pagandola 3 milioni di sterline per proteggere la privacy della moglie.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il governo si impegni "a sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele, per preservare la realizzazione dell’obiettivo di 'due popoli, due Stati'". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".