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Divario tra salari e prezzi al top dal 1995 Crescita degli stipendi più bassa da 29 anni

L'Istat: "Retribuzioni orarie ferme rispetto a febbraio". Invariati i compensi della pubblica amministrazione, nel privato si è registrato un incremento dell'1,7 per cento. Un dipendente su 3 è anche in attesa del rinnovo del contratto di lavoro
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A marzo la forbice tra l’aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+1,2%) e il livello d’inflazione (+3,3%), su base annua, tocca una differenza di 2,1 punti percentuali, che rappresenta il divario più alto dall’agosto del 1995 quando era pari al 2,4%. I dati sono elaborati dall’Istat.

Le retribuzioni contrattuali orarie, peraltro, a marzo sono rimaste ferme rispetto a febbraio e salgono dell’1,2% su base annua. La crescita tendenziale è la più bassa almeno dal 1983, ovvero dall’inizio delle serie storiche ricostruite, 29 anni fa.

In particolare, le retribuzioni orarie contrattuali registrano un incremento tendenziale dell’1,7% per i dipendenti del settore privato e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione. I settori che a marzo presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: tessili, abbigliamento e lavorazione pelli (2,9%), chimiche, comparto di gomma, plastica e lavorazioni minerali non metalliferi e quello delle telecomunicazioni (2,7% per tutti i comparti). Si registrano, invece, variazioni nulle nell’agricoltura, nel credito e assicurazione e in tutti i comparti appartenenti alla pubblica amministrazione.

Sempre secondo le cifre dell’Istat un lavoratore dipendente su 3 è in attesa del rinnovo del contratto di lavoro. La quota dei dipendenti in attesa di rinnovo è precisamente del 32,6 per cento nel totale dell’economia. Nel settore privato, la percentuale scende al 12,3% (circa 1 lavoratore su 6). L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è, in media, di 27 mesi tanto nel totale che nell’insieme dei settori privati.

In totale, i contratti in attesa di rinnovo sono 36 – di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione – relativi a circa 4,3 milioni di dipendenti (circa tre milioni nel pubblico impiego). A partire da gennaio 2010 tutti i contratti della pubblica amministrazione sono scaduti e rimarranno tali, come prevede la legge che stabilisce il blocco delle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012.

“L’Istat conferma quello che la Cgil dice da tempo, ovvero che la condizione di reddito dei lavoratori continua a peggiorare” ha dichiarato il segretario della Cgil Susanna Camusso a margine di un convegno in Confindustria. “I lavoratori pubblici sono al quarto anno di blocco contrattuale mentre i contratti del lavoro privato si rinnovano con grande difficoltà”.

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