L'ex ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani

Non deve essersi fatto troppi scrupoli nella scelta del ristorante e dell’ordinazione, togliendosi magari pure lo sfizio di prendere l’aragosta se poi, a pagare i conti, erano i contribuenti. Dopo lo scandalo della bolletta stratosferica del cellulare del Comune di Monza, l’ex ministro Paolo Romani è finito di nuovo nella bufera. Stavolta a far discutere nella città della Brianza in cui è assessore all’Expo sono gli scontrini delle cene a dir poco «regali» che ha presentato per anni ottenendo il rimborso dal Municipio in questione. In un anno e mezzo di mandato come assessore all’Urbanistica, ruolo che aveva ricoperto su scelta di Silvio Berlusconi in persona per chiudere a Monza l’affare Cascinazza, Romani dal maggio 2007 alla fine del 2008, tra pranzi e cene «di rappresentanza» ha messo in conto 22mila euro al Comune di Monza.

L’ennesimo «conto salato» dopo quello del cellulare di servizio a cui peraltro rispondeva la figlia che ha portato Romani ad essere indagato dalla Procura di Monza per peculato. Nemmeno due settimane dopo quella vicenda, forse per via di qualche sgambetto tipico della campagna elettorale, ecco spuntare anche le fatture delle sue cene. Numerose e costose, stando ai conti resi noti dal Comune di Monza almeno fino al 2008 se Romani ha accumulato 11mila euro all’anno solo per uscire a mangiare durante lo svolgimento del suo ruolo amministrativo. A un certo punto, infatti, il sindaco leghista Marco Mariani aveva deciso di «tirare le orecchie» all’ex ministro pidiellino tanto per i rimborsi spese che per le assenze dalla Giunta. E ha pure pensato bene di chiudere i rubinetti, tagliando il fondo per le spese di rappresentanza di sindaco e assessori del Comune di un quarto e lasciando solo qualche fondo per medagliette e targhe, facendo perdere così a Romani l’abitudine di presentare il rimborso dei ristoranti.

Anche perchè sulle note spese, stando a quanto il sindaco Mariani ha dichiarato al Giornale di Monza, c’erano pure delle stranezze. «In alcune richieste di rimborsi io stesso gli avevo fatto notare la mancanza di chiarezza – ha spiegato il primo cittadino monzese – Se portava fatture di domenica, ad esempio, a meno di un evento conosciuto e che aveva avuto risalto sulla stampa, risultava difficile giustificare la spesa stessa». Un mistero insomma che getta un’ulteriore ombra su un Comune ormai tartassato nel quale meno di una settimana fa la Guardia di Finanza ha deciso di fare una visita per sequestrare alcuni documenti.

Le forze dell’ordine hanno infatti intenzione di vederci chiaro sulla questione delle bollette stellari di assessori e dirigenti che ammontavano a quasi mezzo milione di euro l’anno e non solo per il caso Romani. Una bufera a cui si è aggiunta la decisione della Procura di indagare il presidente del Consiglio comunale di Monza Domenico Inga per abuso d’atto d’ufficio a seguito di un esposto dei consiglieri comunali Michele Faglia e Anna Mancuso che denunciavano forzature per l’approvazione ad ogni costo della Variante al Pgt disegnata da Romani stesso. Un documento nel quale il terreno della Cascinazza che appartiene a società riconducibili a Paolo Berlusconi diventava edificabile per svariate migliaia di metri cubi.

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