Politici che di loro iniziativa consegnano ai boss le delibere sui luoghi dei cantieri e sugli importi degli appalti affinché il clan ne faccia buon uso per pianificare gli importi delle estorsioni. Imprenditori di peso che si rivolgono ai camorristi per utilizzarli come ‘mediatori’ dei loro contenziosi professionali. Le cosche che predispongono campagne elettorali per i candidati di riferimento e poi si arrabbiano di brutto se chi ‘sale’ non rispetta i patti. Verbali giudiziari che raccontano una città dove ogni negoziante ha il suo capoclan di riferimento e dunque si taglieggia solo ‘chi viene da fuori’. A Castellammare di Stabia (Napoli) ci sono mondi che non dovrebbero toccarsi e invece si frequentano con pericolosa assiduità. Si fiutano, si mischiano, si siedono agli stessi tavoli, stringono accordi. E chi sgarra paga. Col sangue.
Lo dice un pentito del clan D’Alessandro, giovane e bello come un attore delle soap pomeridiane, che sta rivelando il dietro le quinte dell’omicidio del consigliere comunale Pd Luigi Tommasino, ucciso a colpi di pistola di fronte alla sede distaccata del Tribunale il 3 febbraio 2009. Si chiama Salvatore Belviso e quel delitto lo conosce bene perché ha fatto parte del commando di fuoco insieme ad altri tre ragazzi perduti come lui – uno persino iscritto al Pd stabiese, circostanza che per un po’ fece pensare a un delitto politico. Per ora Belviso ha firmato almeno una decina di verbali, altri sono ancora top secret, i sei mesi per parlare scadono il mese prossimo.
Belviso ha cominciato a collaborare con la giustizia il 4 novembre 2011, sei giorni dopo aver sposato in carcere Mena Fontana, la nipote di Luciano Fontana, il killer di Antonio Martone, zio di Vincenzo D’Alessandro (ras del clan avversario ai Fontana) e dello stesso Belviso. Una vicenda da Montecchi e Capuleti della camorra, un amore contrastato dalle famiglie rivali, e le foto del loro matrimonio furono il segnale che il 28enne fotografato con un sorriso da posa con i ferri ai polsi al momento della traduzione in carcere rompeva i ponti con tutto e tutti e ‘passava con gli sbirri’. Quando cambia avvocato e inizia a cantare, Belviso è già imputato per l’omicidio Tommasino e la sua decisione di vuotare il sacco è una scossa di terremoto per gli equilibri della criminalità locale. Che ha reagito con un nervosismo parossistico, fino ad assediare le edicole che vendevano il quotidiano Metropolis, che per primo pubblica la notizia, ‘invitando’ i rivenditori a nasconderne le copie sotto al bancone.
“La notizia è falsa” gridavano i guaglioni del clan. Era vera, ovviamente. Per raccogliere le deposizioni di Belviso si muovono in direzione Rebibbia due magistrati di spessore della Dda di Napoli, il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e il sostituto Claudio Siragusa. Siragusa è il titolare delle due inchieste, già sfociate in dibattimento, sull’omicidio Tommasino e sull’arresto – revocato nel 2011 – della vicepresidente di Confindustria Napoli Olga Acanfora, imprenditrice stabiese della sanità privata che vive di convenzioni pubbliche, accusata di estorsione aggravata col metodo mafioso. Era amica di Tommasino e il politico Pd avrebbe chiesto a uno dei tre capi del clan D’Alessandro, Sergio Mosca, di ‘intervenire’ presso l’architetto che progettò per la Acanfora la realizzazione del nuovo centro medico ‘Villa Tropeano’, un lavoro da circa 2 milioni di euro. E convincerlo a fare lo sconto su una parcella di 400.000 euro, della quale la Acanfora si lamentava pubblicamente perché ritenuta esorbitante.
Tommasino, amico del boss e dell’imprenditrice, emerge come anello di collegamento tra politica, camorra ed economia, avvolte in un grumo maleodorante di clientele e violenza. Le due storie sono intersecate. Leggendo e rileggendo i verbali della collaborazione, spunta un dettaglio interessante, un barlume di ipotetico movente dell’omicidio che finora il processo non ha chiarito: fu mediato uno sconto di 150.000 euro, ma l’architetto alla fine riceverà ‘solo’ 200.000 euro. Mancano all’appello 50.000 euro e incrociando le notizie e le date che emergono dalle carte dei due procedimenti – l’assassinio di Tommasino, dice Belviso, fu ordinato da Mosca a ridosso del 10 gennaio 2009, mentre le ‘trattative’ Acanfora-Mosca-Tommasino-architetto si conclusero alla fine del 2008 – ecco adombrarsi un’ipotesi che potrebbe rappresentare un movente credibile: 50.000 euro di ‘cresta’, rimasti impigliati nelle tasche del consigliere comunale in quel periodo molto attivo nel tesseramento Pd e nel ripianare una delicata crisi di partito (l’ultima telefonata ricevuta dal suo cellulare proviene dal centralino del consiglio regionale, è la segreteria di un big del pd napoletano, ex Margherita come Tommasino, che voleva chiedergli lumi sulla riunione del pd stabiese in programma quella serata).
Belviso parla, spiega e illustra una Castellammare simile al Far West. Tommasino viene ucciso quel giorno e non in un altro perché quel giorno va a vuoto l’originario intento di dare una lezione al gestore di alcuni campetti sportivi. Il pentito non conosce il viso del consigliere comunale, non sa dove abita e lo scopre solo dopo (“altrimenti ci saremmo appostati altrove e lo avremmo ammazzato davanti al Bar Italia, senza farci due km di telecamere su Viale Europa”). Belviso racconta di essere diventato camorrista dopo anni trascorsi tra l’organizzazione di feste e concerti e una florida attività di furti di scooter con cavallo di ritorno. Troppi furti, tanto che il boss Enzo D’Alessandro lo convoca per dirgli di calmarsi, nel quartiere di Scanzano, la roccaforte della camorra, sono in troppi a lamentarsi. Tra i due il gelo farà posto a un tiepido feeling. L’affiliazione di Belviso al clan D’Alessandro avviene secondo modalità da film di Francis Ford Coppola: in silenzio e senza spiegazioni gli viene consegnata una pistola e gli si dice di seguire in scooter un altro motorino diretto verso Gragnano con due persone a bordo. “Sapevo che andavamo a compiere un omicidio ma senza sapere di chi e perché”. Era il 28 ottobre 2008 e Belviso partecipa, senza sparare, all’assassinio di Carmine D’Antuono, una vecchia gloria del clan Imparato, ormai sgominato da tempo e sacrificato sull’altare dei nuovi assetti camorristici.
Al verbale ‘rompighiaccio’ del 4 novembre Belviso fa seguire quelli del 10, 17, 28 novembre, del 16 dicembre, del 23 febbraio. Lunghi omissis coprono – per ora – i passaggi più scabrosi. Per cui ancora non sappiamo i dettagli e le ragioni in base ai quali, nel riassunto del primo verbale, il pentito afferma che ‘il clan D’Alessandro alle comunali del 2005 ha fatto votare il sindaco Salvatore Vozza’, un ex sindacalista ed ex Pci che ha sempre combattuto la camorra e la cui candidatura fu benedetta da una trasferta di Piero Fassino. Certo, Vozza aveva tra i suoi alleati anche Tommasino e un altro consigliere comunale Pd, ex Margherita, Carlo Nastelli, del quale Belviso narra un episodio ai limiti dell’incredibile: pochi giorni dopo l’omicidio Tommasino, Nastelli lo avrebbe contattato per consegnargli “un libro che non era un libro, ma tutte pagine del Comune, c’erano tutti gli appalti da qua a tre anni, tutto quello che si doveva fare, quanti permessi ci volevano, quanti soldi erano. In base a quei soldi sapevamo chi doveva prendere l’appalto e quanti soldi ci doveva dare, se il 3% o il 5% dipendeva se era già una persona ‘amica’ della famiglia il 3%, altrimenti il 5%”. Nastelli vuole che il fascicolo arrivi al boss Enzo D’Alessandro e il postino Belviso, durante il tragitto, per curiosità lo apre e ne legge qualcosa.
Belviso sa sicuramente il movente dell’omicidio Tommasino. Ma per ora ne intuiamo solo qualche brandello sopravvissuto agli omissis: “L’ordine – dice il pentito – venne da Sergio Mosca direttamente a me, e nel darmelo, mi ha detto che Tommasino era diventato politicamente importante grazie all’appoggio del clan D’Alessandro, ma non aveva rispettato gli impegni prendendo le distanze”. Quali impegni? Solo il processo e la desecretazione delle parti di verbale coperte da omissis ci potrà dire qualcosa in più sul perché a Castellammare di Stabia un politico di spicco del Pd muore per uno sgarro alla camorra.
Cronaca
Camorra city, a Castellammare si uccidono i politici si fanno affari e si comprano voti
Il racconto nero sta nei verbali di salvatore Belviso, killer al solo del clan D'Alessandro, oggi collaboratore di giustizia. Il 3 febbraio 2009 fa parte del commando che uccide il consigliere del Pd Luigi Tommasino. Inizia a collaborare nel novembre 2011
Politici che di loro iniziativa consegnano ai boss le delibere sui luoghi dei cantieri e sugli importi degli appalti affinché il clan ne faccia buon uso per pianificare gli importi delle estorsioni. Imprenditori di peso che si rivolgono ai camorristi per utilizzarli come ‘mediatori’ dei loro contenziosi professionali. Le cosche che predispongono campagne elettorali per i candidati di riferimento e poi si arrabbiano di brutto se chi ‘sale’ non rispetta i patti. Verbali giudiziari che raccontano una città dove ogni negoziante ha il suo capoclan di riferimento e dunque si taglieggia solo ‘chi viene da fuori’. A Castellammare di Stabia (Napoli) ci sono mondi che non dovrebbero toccarsi e invece si frequentano con pericolosa assiduità. Si fiutano, si mischiano, si siedono agli stessi tavoli, stringono accordi. E chi sgarra paga. Col sangue.
Lo dice un pentito del clan D’Alessandro, giovane e bello come un attore delle soap pomeridiane, che sta rivelando il dietro le quinte dell’omicidio del consigliere comunale Pd Luigi Tommasino, ucciso a colpi di pistola di fronte alla sede distaccata del Tribunale il 3 febbraio 2009. Si chiama Salvatore Belviso e quel delitto lo conosce bene perché ha fatto parte del commando di fuoco insieme ad altri tre ragazzi perduti come lui – uno persino iscritto al Pd stabiese, circostanza che per un po’ fece pensare a un delitto politico. Per ora Belviso ha firmato almeno una decina di verbali, altri sono ancora top secret, i sei mesi per parlare scadono il mese prossimo.
Belviso ha cominciato a collaborare con la giustizia il 4 novembre 2011, sei giorni dopo aver sposato in carcere Mena Fontana, la nipote di Luciano Fontana, il killer di Antonio Martone, zio di Vincenzo D’Alessandro (ras del clan avversario ai Fontana) e dello stesso Belviso. Una vicenda da Montecchi e Capuleti della camorra, un amore contrastato dalle famiglie rivali, e le foto del loro matrimonio furono il segnale che il 28enne fotografato con un sorriso da posa con i ferri ai polsi al momento della traduzione in carcere rompeva i ponti con tutto e tutti e ‘passava con gli sbirri’. Quando cambia avvocato e inizia a cantare, Belviso è già imputato per l’omicidio Tommasino e la sua decisione di vuotare il sacco è una scossa di terremoto per gli equilibri della criminalità locale. Che ha reagito con un nervosismo parossistico, fino ad assediare le edicole che vendevano il quotidiano Metropolis, che per primo pubblica la notizia, ‘invitando’ i rivenditori a nasconderne le copie sotto al bancone.
“La notizia è falsa” gridavano i guaglioni del clan. Era vera, ovviamente. Per raccogliere le deposizioni di Belviso si muovono in direzione Rebibbia due magistrati di spessore della Dda di Napoli, il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e il sostituto Claudio Siragusa. Siragusa è il titolare delle due inchieste, già sfociate in dibattimento, sull’omicidio Tommasino e sull’arresto – revocato nel 2011 – della vicepresidente di Confindustria Napoli Olga Acanfora, imprenditrice stabiese della sanità privata che vive di convenzioni pubbliche, accusata di estorsione aggravata col metodo mafioso. Era amica di Tommasino e il politico Pd avrebbe chiesto a uno dei tre capi del clan D’Alessandro, Sergio Mosca, di ‘intervenire’ presso l’architetto che progettò per la Acanfora la realizzazione del nuovo centro medico ‘Villa Tropeano’, un lavoro da circa 2 milioni di euro. E convincerlo a fare lo sconto su una parcella di 400.000 euro, della quale la Acanfora si lamentava pubblicamente perché ritenuta esorbitante.
Tommasino, amico del boss e dell’imprenditrice, emerge come anello di collegamento tra politica, camorra ed economia, avvolte in un grumo maleodorante di clientele e violenza. Le due storie sono intersecate. Leggendo e rileggendo i verbali della collaborazione, spunta un dettaglio interessante, un barlume di ipotetico movente dell’omicidio che finora il processo non ha chiarito: fu mediato uno sconto di 150.000 euro, ma l’architetto alla fine riceverà ‘solo’ 200.000 euro. Mancano all’appello 50.000 euro e incrociando le notizie e le date che emergono dalle carte dei due procedimenti – l’assassinio di Tommasino, dice Belviso, fu ordinato da Mosca a ridosso del 10 gennaio 2009, mentre le ‘trattative’ Acanfora-Mosca-Tommasino-architetto si conclusero alla fine del 2008 – ecco adombrarsi un’ipotesi che potrebbe rappresentare un movente credibile: 50.000 euro di ‘cresta’, rimasti impigliati nelle tasche del consigliere comunale in quel periodo molto attivo nel tesseramento Pd e nel ripianare una delicata crisi di partito (l’ultima telefonata ricevuta dal suo cellulare proviene dal centralino del consiglio regionale, è la segreteria di un big del pd napoletano, ex Margherita come Tommasino, che voleva chiedergli lumi sulla riunione del pd stabiese in programma quella serata).
Belviso parla, spiega e illustra una Castellammare simile al Far West. Tommasino viene ucciso quel giorno e non in un altro perché quel giorno va a vuoto l’originario intento di dare una lezione al gestore di alcuni campetti sportivi. Il pentito non conosce il viso del consigliere comunale, non sa dove abita e lo scopre solo dopo (“altrimenti ci saremmo appostati altrove e lo avremmo ammazzato davanti al Bar Italia, senza farci due km di telecamere su Viale Europa”). Belviso racconta di essere diventato camorrista dopo anni trascorsi tra l’organizzazione di feste e concerti e una florida attività di furti di scooter con cavallo di ritorno. Troppi furti, tanto che il boss Enzo D’Alessandro lo convoca per dirgli di calmarsi, nel quartiere di Scanzano, la roccaforte della camorra, sono in troppi a lamentarsi. Tra i due il gelo farà posto a un tiepido feeling. L’affiliazione di Belviso al clan D’Alessandro avviene secondo modalità da film di Francis Ford Coppola: in silenzio e senza spiegazioni gli viene consegnata una pistola e gli si dice di seguire in scooter un altro motorino diretto verso Gragnano con due persone a bordo. “Sapevo che andavamo a compiere un omicidio ma senza sapere di chi e perché”. Era il 28 ottobre 2008 e Belviso partecipa, senza sparare, all’assassinio di Carmine D’Antuono, una vecchia gloria del clan Imparato, ormai sgominato da tempo e sacrificato sull’altare dei nuovi assetti camorristici.
Al verbale ‘rompighiaccio’ del 4 novembre Belviso fa seguire quelli del 10, 17, 28 novembre, del 16 dicembre, del 23 febbraio. Lunghi omissis coprono – per ora – i passaggi più scabrosi. Per cui ancora non sappiamo i dettagli e le ragioni in base ai quali, nel riassunto del primo verbale, il pentito afferma che ‘il clan D’Alessandro alle comunali del 2005 ha fatto votare il sindaco Salvatore Vozza’, un ex sindacalista ed ex Pci che ha sempre combattuto la camorra e la cui candidatura fu benedetta da una trasferta di Piero Fassino. Certo, Vozza aveva tra i suoi alleati anche Tommasino e un altro consigliere comunale Pd, ex Margherita, Carlo Nastelli, del quale Belviso narra un episodio ai limiti dell’incredibile: pochi giorni dopo l’omicidio Tommasino, Nastelli lo avrebbe contattato per consegnargli “un libro che non era un libro, ma tutte pagine del Comune, c’erano tutti gli appalti da qua a tre anni, tutto quello che si doveva fare, quanti permessi ci volevano, quanti soldi erano. In base a quei soldi sapevamo chi doveva prendere l’appalto e quanti soldi ci doveva dare, se il 3% o il 5% dipendeva se era già una persona ‘amica’ della famiglia il 3%, altrimenti il 5%”. Nastelli vuole che il fascicolo arrivi al boss Enzo D’Alessandro e il postino Belviso, durante il tragitto, per curiosità lo apre e ne legge qualcosa.
Belviso sa sicuramente il movente dell’omicidio Tommasino. Ma per ora ne intuiamo solo qualche brandello sopravvissuto agli omissis: “L’ordine – dice il pentito – venne da Sergio Mosca direttamente a me, e nel darmelo, mi ha detto che Tommasino era diventato politicamente importante grazie all’appoggio del clan D’Alessandro, ma non aveva rispettato gli impegni prendendo le distanze”. Quali impegni? Solo il processo e la desecretazione delle parti di verbale coperte da omissis ci potrà dire qualcosa in più sul perché a Castellammare di Stabia un politico di spicco del Pd muore per uno sgarro alla camorra.
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Mondo
Trump: “Credo a Putin, più difficile trattare con l’Ucraina”. Media: “Mosca pronta a parlare di tregua”. Kiev: “Proposta Meloni ci interessa”
Politica
“Migranti bloccati sulla Diciotti, il governo risarcisca”. Salvini: “Cassazione vergognosa, li accolgano loro”. Anche Meloni attacca. La Corte: “Insulti inaccettabili”
Giustizia & Impunità
Il femminicidio diventa reato autonomo: cosa cambia. Meloni: “Avanti a tutela delle donne”. Roccella: “Svolta culturale”. La Lega in silenzio
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Lo scontro tra governo e toghe si arricchisce di un nuovo round, a pochi giorni dall'incontro tra la premier Giorgia Meloni e i vertici dell'Anm sulla riforma della separazione delle carriere. E questa volta il casus belli è la sentenza con cui la Cassazione ha accolto il ricorso presentato da alcuni migranti che erano stati trattenuti a bordo della nave della Guardia Costiera italiana Diciotti dal 16 al 25 agosto 2018, dopo essere stati soccorsi in mare.
Ma se su questo tema la coalizione di centrodestra è compatta nel criticare la decisione dei magistrati, sulla questione della difesa europea continuano a registrarsi dei distinguo, come dimostrano gli attacchi rivolti dal segretario della Lega Matteo Salvini al progetto di riarmo europeo avallato dal Consiglio Ue straordinario di Bruxelles e, soprattutto, nei confronti del presidente francese Emmanuel Macron (un "matto" che parla di "guerra nucleare", l'affondo del vicepremier).
Intanto, però, è la diatriba con la magistratura sulla questione migranti a unire la maggioranza, sulla scia dello scontro consumatosi con le toghe sul protocollo d'intesa siglato con l'Albania.
La Suprema Corte ha stabilito che lo Stato dovrà risarcire i danni non patrimoniali subiti dai migranti durante i giorni di permanenza forzata a bordo della Diciotti, definendo "illegittima" la restrizione della loro libertà personale voluta dall'allora governo giallo-verde con ministro dell'Interno Salvini.
La sentenza scatena dura reazione del centrodestra, a partire dalla premier Giorgia Meloni, che esprime il suo disappunto con un tweet molto critico: è "assai opinabile", secondo la presidente del Consiglio, il principio risarcitorio della "presunzione del danno", in contrasto "con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale".
In sostanza, scrive nel post la leader di Fdi, "per effetto di questa decisione, il governo dovrà risarcire - con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse - persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano". "Non credo", insiste Meloni, "siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante".
Anche altri esponenti della maggioranza di governo criticano la decisione della Cassazione, parlando di una sentenza che rischierebbe di creare un precedente pericoloso e che minerebbe la sovranità dello Stato nella gestione dei flussi migratori.
Durissimo Matteo Salvini, che all'epoca dei fatti contestati era a capo del Viminale. "Mi sembra un'altra invasione di campo indebita", dice il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, che bolla la sentenza come "vergognosa" invitando i giudici della Cassazione a pagare di tasca loro: "Chiedere che siano i cittadini italiani a pagare per la difesa dei confini, di cui ero orgogliosamente protagonista, credo sia indegno".
Non ci sta la presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, per la quale "sono inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto". "Di inaccettabile c'è solo una sentenza che obbliga gli italiani, compresi disoccupati e pensionati, a pagare chi pretende di entrare in Italia senza permesso", replica la Lega.
Al termine del Cdm che dà il via libera al disegno di legge sul femminicidio - presieduto da remoto dalla premier Meloni, di ritorno da Bruxelles dopo una tappa al Cern di Ginevra - anche i ministri dell'Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, vengono sollecitati sulla questione.
Il titolare del Viminale (che all'epoca del caso Diciotti era capo di gabinetto di Salvini) non nasconde il proprio dissenso verso la decisione dei giudici: "Con profondo rispetto eseguiremo in qualche modo questa sentenza, in quanto è una sentenza della Cassazione, ma non la condivido affatto", chiarisce Piantedosi, ricordando il voto con cui il Senato "stabilì l'inesistenza del reato in quanto si perseguiva un superiore interesse pubblico".
Netto anche il guardasigilli Nordio, che mette in guardia dagli effetti potenzialmente "devastanti" legati alla sentenza della Cassazione: "Sappiamo che in Africa ci sono centinaia di migliaia di potenziali migranti, forse addirittura milioni, gestiti da organizzazioni criminali... Se producessimo il principio che queste persone, anche entrando illegalmente, hanno diritto a dei risarcimento finanziari, le nostre finanze andrebbero in rovina".
In seno alla maggioranza, nel frattempo, si continua a discutere del progetto di difesa europeo che giovedì ha incassato il via libera del Consiglio Ue straordinario, con il sì dell'Italia (anche se accompagnato da qualche riserva). "La linea del governo è compatta", rimarca Salvini, "non c'è nessuna ipotesi di invio di militari italiani, non c'è nessuna ipotesi di usare i fondi di coesione invece che per sviluppare i territori per comprare armi". Ma c'è chi nelle file di Fdi critica la posizione del leader leghista, che continua a bocciare il piano di riarmo targato Ursula von der Leyen: "Meloni finora ha trovato una sintesi nella maggioranza" sul tema della difesa europea, e la sua "è una leadership molto rispettata nella Ue", osserva il capo delegazione di Fdi all'Europarlamento, Carlo Fidanza.
"Il ragionamento di Salvini - aggiunge - non mi convince, non è l'unico a farlo: è un po' demagogico contrapporre le spese sociali al tema delle armi". Fonti della delegazione di Fratelli d'Italia al governo, interpellate dall'Adnkronos sulle esternazioni di Salvini, invitano alla "prudenza". Tuttavia, fanno trapelare con un certo pragmatismo, "esprimere qualche critica può essere utile per evitare di lasciare all'opposizione il monopolio del 'no'...". Martedì a Parigi ci sarà un vertice con i capi di Stato maggiore, convocato da Macron. Ai lavori parteciperà anche il generale Luciano Portolano, ma solo in veste di osservatore, puntualizzano fonti italiane, ribadendo la contrarietà del governo di Roma all'invio di truppe in Ucraina.
Roma, 7 mar (Adnkronos) - La riforma dei criteri di acceso alla facoltà di medicina, la commemorazione di Fulco Pratesi e la mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio sono alcuni dei temi al centro dei lavori parlamentari della prossima settimana.
Alla Camera si riprende lunedì 10 marzo, alle 13, con la discussione generale sul Ddl Giubileo, già approvato dal Senato; l'esame delle mozioni sull'uso delle Pfas e sulla reintroduzione del 'bonus Renzi' e quella sulla Convenzione sugli ausili marittimi (approvata dal Senato). Da martedì all'Odg dell'aula c'è, nel pomeriggio, l'esame della delega al governo sulla revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria già approvata dal Senato. Mercoledì, dalle 9,30, la Camera deve esaminare la relazione della Giunta delle elezioni sull’elezione contestata della deputata Anna Laura Orrico (M5s) in Calabria. Poi, alle 16,15, è in programma la commemorazione di Fulco Pratesi.
Tra gli altri argomenti in calendario nella settimana ci sono anche le mozioni sul caro energia; la Pdl sulle intercettazioni già approvata in Senato previo esame e voto delle pregiudiziali di costituzionalità e di merito e la sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio presentata dalle opposizioni. Al Senato si riprende martedì alle 17 con il Ddl sulle spoglie delle vittime di omicidio e, a seguire, con il Ddl sulla responsabilità dei componenti del collegio sindacale, già approvato dalla Camera, e il Ddl sulle prestazioni sanitarie. Confermati i tradizionali appuntamenti, sia alla Camera che al Senato, con il Question time e gli atti di sindacato ispettivo.
Roma, 7 mar. (Adnkronos Salute) - "Nders Odv nasce con l'intento di dare un luogo sicuro a persone che hanno avuto esperienze di pre-morte, dove potersi raccontare e confrontare con chi ha avuto lo stesso tipo di esperienza in un ambiente sicuro e non giudicante. La maggiore criticità è che chi l'ha vissuta ha problemi, viene rifiutato dalla società. Non se ne può parlare. La morte è un tabù e l'esperienza di pre-morte è un tabù del tabù". Lo ha detto Davide De Alexandris, fondatore e presidente Nders Odv, in occasione del convegno 'Le esperienze di pre-morte (Nde). Fenomenologia e cambiamenti', che si è tenuto oggi a Roma presso il Centro Studi Americani.
"Sicuramente questo tabù è meno forte rispetto anni fa - prosegue De Alexandris - però il problema esiste. Nelle librerie, ad esempio, testi sulle esperienze di pre-morte sono al fianco a pubblicazioni su alieni e scie chimiche. Noi vorremmo che le esperienze di pre-morte fossero studiate e ci fosse un approccio scientifico orientato alla cura della persona".
Roma, 7 mar. (Adnkronos Salute) - "Oggi cerchiamo di trovare risposte scientifiche alle esperienze di pre-morte grazie a un gruppo multidisciplinare con fisici, medici e tutti quelli che possono dare una credibilità a questi fenomeni. Negli ultimi 10 anni 40mila persone hanno dichiarato di aver vissuto esperienze di pre-morte e la scienza deve fare la sua parte per dare concretezza a questi fenomeni, capirli e conoscerli. E' un obiettivo arduo, ma ci riusciremo". Lo ha detto Francesco Sepioni, medico di emergenza-urgenza della Asl Umbria 1 e autore del libro 'Al Confine con l'Aldilà', che ha moderato il convegno 'Le esperienze di pre-morte (Nde). Fenomenologia e cambiamenti'.
L'incontro, che si è tenuto a Roma presso il Centro Studi Americani, ha voluto affrontare un tema complesso e affascinante come quello delle esperienze di pre-morte (Near-death experiences, Nde), delle esperienze extracorporee (Out-of-Body experiences, Obe), non tralasciando la fenomenologia e i cambiamenti del soggetto successivamente all'esperienza in oggetto. Fenomeni che, pur essendo stati documentati in varie culture ed epoche storiche, continuano a suscitare grande interesse sia nel mondo scientifico che in quello religioso.
"Ci sono 3 casi documentati e comprovati a livello scientifico - spiega Sepioni - Uno, risalente al 2011, ha avuto come protagonista una persona intubata, priva di attività cardiaca e respiratoria, che incredibilmente ha visto e sentito la propria rianimazione. La persona, dopo essersi ripresa, ha raccontato le parole dei medici che lo rianimavano e ha perfino indicato dove era stata messa la protesi dentaria che un'infermiera aveva rimosso dalla sua bocca".
Roma, 7 mar (Adnkronos) - "È da leggere l"ordinanza n. 5992 depositata ieri dalle Sezioni Unite della Cassazione Civile. La restrizione della libertà personale avvenuta per giorni nell'agosto 2018 ai danni di 190 migranti che si trovavano a bordo della Nave Diciotti della Guardia Costiera italiana, per quanto possa non portare a una condanna penale, senz'altro rappresenta un illecito civile, avvenuto per colpa principalmente dell'allora ministro degli interni e vicepremier Matteo Salvini, urlatore ai quattro venti dello slogan dei "porti chiusi", portato avanti a spese dei diritti umani". Lo dice il senatore del Pd Dario Parrini.
"È per colpa delle scelte arbitrarie e disumane di Salvini che lo Stato deve pagare dei risarcimenti alle persone che hanno subito un danno. Eviti quindi Salvini, per il bene suo e nostro, di fare commenti-boomerang. E non sfugga alle sue responsabilità -prosegue Parrini-. E la Presidente del Consiglio impari a non calpestare una regola basilare della democrazia costituzionale: quella secondo la quale il potere esecutivo deve rispettare le sentenze del potere giudiziario, non attaccarle. Se non lo fa, commette un'indecenza".
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - A1 Charge, leader nella progettazione, produzione, installazione e assistenza per le infrastrutture di ricarica elettrica, presenta a Key Energy Expo 2025 una gamma di soluzioni all’avanguardia per la mobilità sostenibile, dalle Wallbox AC fino alle potenti stazioni di ricarica ultra-fast da 400 kW. Tra le novità in esposizione: Wallbox AC 1/3ph, perfette per installazioni domestiche e commerciali; Tower Ac Dc dual 20/30/60 kW, una soluzione flessibile per diverse necessità di ricarica; PoleBox, il rivoluzionario dispositivo di EVywhere, startup di Corporate Hangar del Gruppo Prysmian, che trasforma l’illuminazione pubblica esistente in un’infrastruttura di ricarica intelligente; stazioni di ricarica ultra-fast da 90 kW fino a 400 kW, disponibili sia in versione all-in-one che con dispenser, con accumuli da rinnovabili o dalla rete, con il supporto di StarCharge leader mondiale nel settore degli accumuli.
A1 Charge non si limita alla fornitura di soluzioni di ricarica, ma supporta i clienti con programmi di formazione e teaching per installatori e utenti finali. I sistemi sono connessi via Ocpp e Bus proprietari, permettendo il controllo da remoto e sfruttando le potenzialità dell’IoT per una gestione intelligente ed efficiente. L’impegno di A1 Charge per la sostenibilità si concretizza nell’offerta di servizi di remanufacturing, garantendo riparabilità, rigenero e riutilizzo delle apparecchiature, in linea con i target europei accedendo al futuro passaporto digitale dei prodotti.
A1 Charge è orgogliosa di avere tra i partner della propria Technology Valley un’eccellenza italiana come Barilla Group, con cui condivide valori di qualità, innovazione e sostenibilità. Tutto ciò si sposa con i concetti di Cer Comunità energetica atti a creare e generare opportunità.
Roma, 7 mar (Adnkronos) - "A chi continua a chiedermi come posso esser certo che l’articolo 25 sia stato scritto su misura per Musk la risposta è semplice. Perché lo ha ammesso lui stesso, condividendo questo tweet. Avanti a testa alta per difendere interesse nazionale e dignità del Parlamento. Ddlspazio". Lo scrive sui social il deputato del Pd Andrea Casu rilanciando un tweet di Elon Musk.