Domanda: la comunicazione dispensa dai ragionamenti provvisti di un capo e di una coda? Insomma, non conta più fare affermazioni che stiano in piedi, visto che basta ripetere all’infinito una scemenza perché diventi automaticamente verità di fede?

Maurizio Gasparri – con quella faccia da Rugantino soddisfatto, “che ne ha prese tante, ma gliene ha dette…” – si piazza davanti ai microfoni dei Tg e annuncia l’opposizione del conglomerato berlusconiano contro le modifiche omeopatiche al testo sulla riforma del lavoro del duo Fornero-Monti; in quanto – dice lui – scarse di effetti occupazionali. Ossia la tesi sul demenziale andante che per aumentare il numero degli occupati occorre moltiplicare quello dei licenziati.

Ma – direte voi – l’ex giovane neofascista non fa testo; perché è un tipico “trota” ante litteram, nello stagno di pesci sprovvisti di fosforo a cui si è ridotta la nostra politica. Prendiamola – allora – più alla larga, in materia di accreditamento mediante mediatizzazione di qualsivoglia follia. Dall’Angela Merkel agli opinionisti de la Repubblica e del Corriere della Sera ci stanno sfinendo con il motivetto che per salvare l’economia bisogna tagliare la spesa sociale. Tesi avvalorata ai massimi livelli nazionali dagli uomini delle banche che attualmente ci governano. Un’altra baggianata comunicativamente certificata.

Facciamo mente locale: la contrazione degli investimenti pubblici (intrecciata con la crescente disoccupazione) ha il primo e principale effetto di abbassare la capacità d’acquisto delle famiglie. Allo stesso tempo un’economia risanata dovrebbe tradursi nell’aumentata immissione di beni sul mercato. Ma se impoveriamo un numero crescente di persone, scaraventandole oltre le soglie della pura sopravvivenza, chi se li comprerà quei beni sempre più abbondanti? Senza essere dei geni mercatisti, basta guardare le vetrine dei negozi dove spuntano come funghi i cartelli che annunciano i saldi, mentre nei retrobottega si accumulano cataste di prodotti invenduti, per darsi da soli la risposta. Qualcuno ti spiega che così facendo si favoriscono le esportazioni. Ritenete pensabile un mondo in cui tutti esportano e nessuno compra?

Nient’altro che il tipico esempio del cane che si mangia la coda; che non induce a eccessiva fiducia nel buon senso e nella lungimiranza dei signori del denaro, dei chierici imbonitori lautamente ingaggiati per fare da grancassa alle tesi a favore di tali signori, nonché dei politicanti che reggono loro bordone mettendo in pratica politiche fiscali che sembrano la rotta del Titanic. In sostanza, la conferma di un’incredibile smemoratezza. Visto che la società di massa, su cui le centrali capitalistiche continuano a basare il loro arricchimento, nacque quando Henry Ford sr. (nel suo intimo, simpatizzante fascista) ne comprese l’essenza: se voleva vendere un mucchio di automobili (il modello “T”), doveva mettere in condizione queste masse di potersele acquistare; per primi i suoi stessi operai, a cui aumentò il salario.

Roba da studenti della scuola dell’obbligo. Va bene che i politici come Gasparri non pare siano nelle condizioni di capire. Ma da pensosi soci del club degli straricchi e dai loro ben remunerati consulenti ci si attenderebbe qualcosina di più, in termini di comprensione degli effetti autolesionistici delle loro stesse azioni. Ovviamente al di là di ogni valutazione d’ordine morale o ideale, nel loro caso senza dubbio fuori luogo (difatti nessuno chiacchiera più di “etica degli affari”, fortunatamente).

Si vede che anche a loro le spire della comunicazione hanno avvolto le menti; convincendoli che le stupidaggini propagandistiche messe in giro a favore dei propri porci comodi non sarebbero più tali. Sono diventate verità egemonica. La verità vera, rimasta largamente incomunicabile, è che qui stanno scassando tutto.

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