Montesilvano è stato definito un importante laboratorio nazionale per le elezioni amministrative 2012. Perché dopo aver vissuto l’onta di due giunte plurinquisite e affondate negli scandali, tutti giurano di voler dare un governo finalmente serio e specchiato alla cittadina di 52mila abitanti che fa da sfondo a Pescara (e a molte delle inchieste più clamorose vissute dall’Abruzzo negli ultimi anni).

Enzo Cantagallo, ultimo sindaco Pd della città arrestato il 15 novembre 2006 con l’accusa di aver accettato tangenti, è stato travolto da tre inchieste con addebiti variabili dall’abuso d’ufficio alla corruzione. In quello stesso anno Pasquale Cordoma, Pdl, portò in piazza Gianfranco Fini per raccogliere firme al suo banchetto della legalità, ma poi, eletto sindaco, ha concluso il mandato da indagato con cinque procedimenti sulle spalle.

Nonostante tutto, Cordoma aveva deciso di ripresentarsi, il partito gli ha preferito la giovane Manola Musa, sostenuta anche da una lista Arcobaleno, dalla lista Città Nuove della Polverini e da tre civiche. Nell’insieme una compagnia variegata (ci sono quattro ex assessori di Cantagallo, cioè di centrosinistra) e non illibata: cinque i rinviati a giudizio. Cui è stato chiesto di firmare un impegno etico: se dovessero esser condannati dopo l’elezione dovrebbero dimettersi all’istante (due non hanno accettato).

E a sinistra? In principio i propositi erano chiarissimi: liste pulite, fuori tutti gli indagati e naturalmente i condannati. Col passare dei mesi le posizioni si sono aperte a ventaglio. L’unica opzione è rimasta la candidatura di sindaci esenti da inchieste della magistratura. “Vero, ma per i consiglieri è andata molto diversamente – spiega Corrado Di Sante, giovane proposta di Rifondazione comunista – Solo noi e i Verdi abbiamo continuato a chiedere che anche tra i sostenitori dei sindaci ci fossero tutte facce pulite. Gli altri hanno abbozzato, nicchiato. Qualcuno ha sfilato dagli elenchi i più impresentabili giusto la notte prima della consegna delle liste, magari sostituendo il marito inguaiato con la moglie”.

Il candidato forte è l’Idv Attilio Di Mattia, 36 anni e un sorriso contagioso che l’ha aiutato a superare in scioltezza le primarie. Certo, un aiutino è venuto dal Pd, che ha deciso di tenere in panchina il veterano Enzo Fidanza: compare di nozze di Cantagallo, già assessore provinciale e consigliere comunale, riproposto ora in lista e papabilissimo personaggio leader di un’ipotetica giunta Di Mattia grazie alla sua lunga esperienza. Anche perché non sarà facile gestire la coalizione formata da Pd, Idv, Udc, Sel, Pdci e due civiche. “Il problema vero è un altro – insiste Di Sante – A sostegno del candidato Idv ci stanno un indagato nell’inchiesta ‘Partito dell’acqua’ e un condannato dalla Corte dei Conti per l’assunzione illegittima presso gli uffici comunali di propri parenti. Alla faccia della pulizia. Senza contare la coerenza ballerina: si candidano per lui due assessori e tre consiglieri della giunta uscente. Sembra un’operazione di facciata più che un rinnovamento reale”.

Ma Di Mattia è lanciatissimo, incassa visite in loco di prestigiosi supporter (dal margheritino Enrico Letta a Franco Giordano di Sel) e contrattacca con l’idea di spazzare via tutti i preconcetti. Il curriculum glielo consente: padre indigeno, madre americana, anni di brillante carriera all’estero come analista finanziario ma già dotato di cordone ombelicale nel suo ruolo di consigliere provinciale Idv, pare molto apprezzato da Di Pietro. Ora l’ipotesi di rientro definitivo, parlando di diritti e diversità, ecologia e ambiente, “per convincere a venire da noi non solo i turisti ma anche gli operatori economici e finanziari nazionali e internazionali che in una Montesilvano risanata e rilanciata troverebbero grandi opportunità di investimento e di business”, ha spiegato il candidato.

Insomma Di Mattia promette grandi novità, ma tra i suoi c’è chi si è affidato a vecchi trucchetti. Lo spiega ancora Di Sante: “Con l’Udc, per Di Mattia, c’è in lista un Daniele Cilli detto Paolo, e si tratta di una simpatica trovata. Perché il vero Paolo Cilli è fuori dall’Udc ed è candidato con il Pdl, né ci risulta che Daniele Cilli sia noto come Paolo. Mi fa venire in mente un fatto accaduto anni fa: Paolo Di Blasio nella lista Arcobaleno candidò suo figlio Stefano e fece scrivere “detto Paolo” accanto al nome del figlio, per far capire all’elettorato che, in fondo in fondo, lui c’era”.

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