Tengo spesso in giro per l’Italia delle conferenze sulla disinformazione scientifica e su come si propaga sui media. Uno dei casi che solitamente colpisce di più la platea è il caso delle chimere genetiche come il pomodoro-pesce o la fragola-pesce. Nella conferenza inizio raccontando come viene descritta la fragola-pesce dalla Coop in un suo dossier sulle biotecnologie (scaricabile qui). Dove dopo aver detto che “una fragola con l’anima di un pesce non è un animale, ma non è neppure una fragola” a pagina 20 scrive:
“Un gene prelevato dal pesce artico inserito in fragole e patate conferisce la resistenza al freddo e permette la coltivazione di questi prodotti in zone caratterizzate da bassissime temperature. E’ il caso della Finlandia, che ormai ha interrotto quasi del tutto le importazioni di fragole, consumando quelle coltivate sul proprio territorio, per lunghi periodi dell’anno costantemente coperto da spessi strati di ghiaccio.”
Voi lo sapevate che la Finlandia quasi non importa più fragole perché le coltiva sul ghiaccio? E dire che noi che le importiamo dalla Spagna.
In una puntata della popolare trasmissione Report un presunto “esperto” spiega meglio le proprietà di questa fragola (trovate la puntata di Report qui): “Si è prodotta, per esempio, una fragola che è stata resa resistente al gelo inserendo dei geni di pesci che vivevano in zone fredde. Questa fragola ha cominciato a produrre un prodotto secondario che era il glicoletilenico, il comune liquido antigelo dei radiatori. Quindi sono diventate immangiabili.“
Quindi l’hanno fatta ma non era buona. Però forse ai finlandesi piace.
Il fatto è che la fragola-pesce, questa chimera genetica che spesso viene descritta sui media, non esiste. Non è mai esistita. Nessuno ha mai pensato di produrre una cosa del genere, e probabilmente mai nessuno ci proverà. Eppure in molti la descrivono. E’ una leggenda urbana, un po’ come i coccodrilli nelle fogne di New York (ho descritto nel dettaglio la storia di questa leggenda urbana in un capitolo del mio libro Pane e Bugie, Chiarelettere, 2010). Viene spontaneo quindi chiedersi che competenze avesse chi ha scritto il rapporto di Coop: sicuramente una persona che non conosce bene il campo.
Stessa cosa viene da chiedersi per l’”esperto” intervistato da Report (professore di un istituto tecnico agrario a Todi). Un “vero” esperto evidentemente avrebbe saputo che la fragola-pesce non è mai esistita. E se anche fosse esistita non avrebbe certo prodotto il glicole etilenico (il liquido blu che mettiamo nei radiatori) perché una pianta viene modificata geneticamente per produrre una proteina, non certo il «liquido antigelo dei radiatori».
I giornalisti come scelgono chi intervistare? Sono in grado di valutare le competenze reali degli “esperti”? Hanno le competenze necessarie per collocare un argomento scientificamente complesso nel suo giusto contesto? Oppure semplicemente cercano qualcuno che confermi le loro convinzioni? I temi scientifici non si affrontano come si affronta un’inchiesta politica o economica: sono richieste delle competenze specifiche. E non si tratta solamente di sapere che cosa è una proteina o come funzionano le microonde di un cellulare ma di metodo. Si tratta soprattutto di collocare nel giusto contesto e con il giusto peso tutti gli studi pubblicati in un certo campo, alcuni dei quali possono anche essere in contraddizione gli uni con gli altri. E tenere presente che non tutti gli studi sono uguali. Si tratta anche di vedere dove è stato pubblicato e come la comunità scientifica ha reagito ad un certo studio: solo perché un articolo è stato pubblicato non significa che sia da prendere per oro colato. La tentazione è forte invece nei media nell’esaltare quegli studi che “lanciano un allarme” senza collocarli nella giusta prospettiva.
Chiacchieravo in rete in questi giorni, dopo il discusso servizio di Report sull’aspartame (trovate in rete reazioni di vario genere qui, qui, qui e qui), di come purtroppo i giornalisti non scientifici abbiano spesso grosse difficoltà nell’affrontare certi temi, al punto come abbiamo visto di non essere neanche in grado di distinguere un vero esperto da uno che non lo è. Difficoltà di cui probabilmente non si rendono neanche conto. La mancanza di strumenti culturali necessari per affrontare temi scientifici permea purtroppo i media italiani e non è ristretta, ci mancherebbe, solo a Report che già altre volte in passato ha suscitato perplessità per come ha trattato argomenti in cui la base scientifica e soprattutto la conoscenza dei meccanismi con cui funziona la scienza sono fondamentali (dagli aromi alimentari al presunto elettrosmog ai pericoli dei telefoni cellulari, alla cura Di Bella e così via).
Il comune cittadino non si può, ci mancherebbe, informare direttamente sulle riviste scientifiche, e non dovrebbe essere certo obbligato ad avere una laurea in chimica, in biologia, o fisica nucleare, per interpretare correttamente le notizie che legge. Spetterebbe ai giornalisti “tradurre” argomenti complessi, anche controversi, al lettore non specialista, cercando però di essere sempre accurati e controllando ogni volta le fonti. Quante fragola-pesce ci sono nei giornali italiani? In alcuni casi basterebbe una telefonata a un qualsiasi istituto universitario specializzato nell’argomento in questione per controllare i fatti e le fonti. Altre volte invece è necessario un lavoro più certosino, e leggersi magari qualche centinaio di articoli scientifici per avere una visione globale del tema che si vuole trattare.
Se poi usciamo dal campo del giornalismo le cose non migliorano, anzi. Rimanendo in tema accanto alla fragola-pesce come non ricordare il famoso pomodoro-pesce di cui ha parlato Beppe Grillo in un suo spettacolo
Grillo spiega come gli scienziati abbiano fatto «accoppiare» un merluzzo con un pomodoro per creare il pomodoro antigelo: Quante possibilità ci sono che un merluzzo si accoppi con un pomodoro? Eppure la biogenetica lo fa! Aggiunge il Dna del merluzzo al pomodoro per creare dei pomodori sempre duri. Sono morti sessanta ragazzi di shock anafilattico perché erano allergici al pesce e hanno mangiato il pomodoro.
Nello spettacolo citato, Beppe Grillo dice che «sono morti sessanta ragazzi di shock anafilattico perché erano allergici al pesce e hanno mangiato il pomodoro». Fortunatamente è falso! Nessuno è mai morto perché anche questo pomodoro non è mai esistito. Anche questa è una bufala. Ma chi ascolta gli spettacoli di Grillo e pensa che dica sempre cose documentate crederà sia tutto vero. Lo spettacolo è esilarante, ma non lo si può certo indicare come esempio di correttezza scientifica.
Siete convinti di ricevere informazioni sempre corrette da stampa e televisione? Io no. E se quando leggo articoli o vedo servizi televisivi che trattano argomenti che conosco bene mi accorgo delle imprecisioni (e delle bufale), o del modo squisitamente ideologico con cui viene trattato un determinato tema, non posso fare a meno di chiedermi “ma per i temi di cui io non so nulla posso essere sicuro che non stiano trattando l’argomento come una fragola-pesce? Posso fidarmi?”.
E la risposta non mi piace.