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Cercando Pasolini

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“Scritti corsari” e “Lettere luterane” sono alcuni dei testi di Pasolini che più hanno influito sulla mia formazione. Un autore che ho amato al cinema, nei romanzi e persino nelle poesie che meno si addicono alla mia natura di arido divoratore di saggi.

Quando mi trasferii a Pietralata, dove ho vissuto per otto anni, mi piaceva inseguire la sua presenza nei luoghi che aveva descritto. Mi perdevo tra catapecchie e sfasciacarrozze, cercavo tracce della varia teoria umana e ambientale delle sue visioni romane, mi compiacevo dell’ironia brutale ma in fin dei conti bonaria di alcuni personaggi, annusavo la natura degradata lungo il fiume, dove ritrovavo i desolati spazi attorno ai caseggiati sgangherati fissati nei suoi fotogrammi.

Un giorno, con la mia vecchia Fiat uno, andai al mare, fuori stagione come piace a me. Arrivato a Ostia, lessi su un cartello “Via dell’Idroscalo”. Arrivai in riva al mare, dove c’erano baracche di nomadi che mi seguivano con sguardo incuriosito. Alla fine trovai quel che cercavo: il campo di calcio abbandonato, le porte sbilenche con le reti strappate, erbacce alte fino all’inguine. Superata una rete di recinzione arrugginita, il monumento eretto nel luogo in cui Pasolini fu massacrato, in circostanze mai chiarite. Una scena descritta meravigliosamente da Nanni Moretti in “Caro diario” sulle note del Köln Concert di Keith Jarrett.

Anche quando andai a insegnare a Rebibbia mi misi a girovagare nel quartiere che fronteggia il carcere. Ancora una volta sulle tracce di Pasolini, che qui visse dal 1951 al 1953. Case basse, balconi stracolmi, parabole e antenne, strade tranquille dove poliziotti e delinquenti trovano forme di convivenza. E i bambini giocano spingendo carelli o rincorrendo il pallone. Il tutto a due passi dal verde selvaggio e scintillante del parco di Aguzzano.

Poi, una piazzetta silenziosa e battuta dal sole e in mezzo, tra due panchine mezze sfasciate, su una lastra di marmo le parole del poeta:

“…ah giorni di Rebibbia.

che io credevo persi in una luce

di necessità. E che ora so così liberi!”

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