A fine marzo avevano presentato al Parlamento 5 mila firme raccolte un po’ in tutta Italia per modificare i test Invalsi, le prove che nei progetti del Ministero dell’istruzione dovranno misurare le prestazione del sistema scolastico italiano, dalle elementari alle superiori. Visto che però non hanno ricevuto risposta gli insegnanti di Bologna hanno organizzato tre giorni di sciopero, e sotto le Due Torri le conseguenze si sono viste subito. Per sciopero è rimasta chiusa ad esempio la storica Fortuzzi, scuola nata nel 1917 per dare assistenza ai bambini con tubercolosi. Tutto il corpo docente ha aderito al completo e mercoledì non ci sono state lezioni. Ma in realtà in molte altre scuole cittadine gli insegnanti si sono rifiutati a macchia di leopardo di consegnare i test Invalsi, senza contare i genitori che hanno aderito alla protesta tenendo direttamente i propri figli a casa. Alle scuole Tempesta hanno ad esempio scioperato tutti gli insegnanti incaricati di somministrare i test Invalsi, e con loro i colleghi che dovevano sostituirli in caso di assenza. Il motivo della protesta? “I test invalsi escludono gli alunni portatori di handicap e gli alunni con problemi di apprendimento“.

Il problema sta tutto in un documento, la “Nota sullo svolgimento delle prove 2011-2012 Invalsi per gli alunni con bisogni educativi speciali”, e la denuncia arriva da un gruppo di docenti di sostegno che punta il dito contro la “sospensione dei diritti di integrazione scolastica”. I risultati dei test degli alunni con disabilità intellettiva, visiva o con disturbi specifici dell’apprendimento non saranno conteggiati ai fini dell’elaborazione statistica ministeriale, e cioè non saranno usati per misurare e valutare il sistema educativo italiano. A meno che durante i test non sia possibile garantire “condizioni di somministrazione” standardizzate e uguali per tutti gli alunni.

In altre parole quando l’Invalsi presenterà il rapporto sulle conoscenza della matematica e dell’italiano degli alunni italiani, da quei dati mancheranno le prove di tutta una serie di bambini con problemi dell’apprendimento e disabilità varie. Verrebbe da dire: integrati in classe, separati nei test. E se l’alunno ha una disabilità particolarmente grave allora il dirigente scolastico dovrà a sua discrezione o escluderlo dalle prove, o al limite somministrargli sì il test, ma in un’aula separata rispetto ai compagni. L’ammissione in classe sarà possibile solo se la disabilità “non modifichi in alcun modo le condizioni di somministrazione, in particolare se si tratta di classi campione.”

 “Dal 1971 – spiegano gli insegnanti bolognesi in un comunicato – la scuola e la società italiana hanno intrapreso un lungo percorso di trasformazione che ha portato alla chiusura delle scuole speciali e all’abolizione delle classi differenziate rendendo effettivo il principio costituzionale che “la scuola è aperta a tutti”. E se la scuola di una volta non riusciva a prendersi cura di ogni bambino, abbiamo cambiato la scuola, perché avere un compagno di classe disabile è importante per tutti: per lui, per i suoi amici e per la nostra società che impara dai loro figli che ognuno di noi ha esigenze e capacità speciali che non possono essere standardizzate”. “Come credete si sentiranno quegli alunni disabili o con problemi di apprendimento a cui prima dei test sarà annunciata la loro esclusione di fronte ai compagni? – si chiede una maestra bolognese – E’ questa l’integrazione e la didattica che vogliamo? L’esclusione e la divisione tra “normali” e “non” che ormai avevamo estirpato dalla scuola pubblica la stiamo facendo rientrare dalla finestra con un test a crocette che divide e separa.”

A fare infuriare i docenti anche la regola che prevede l’uscita degli insegnati di sostegno dall’aula durante lo svolgimento dei test e la possibilità, durante le prove, di portare i bambini con disabilità o difficoltà di apprendimento “in un locale differente da quello utilizzato per gli altri allievi della classe, se ritenuto opportuno dal dirigente scolastico”. “L’Invalsi con la somministrazione dei propri test a crocette pretende di fotografare la scuola italiana in modo oggettivo – spiegano gli insegnanti bolognesi in un comunicato. Peccato che la foto che ci restituisce ha tanti buchi. Sì, perché cancella i circa 200.000 alunni disabili che frequentano la scuola pubblica statale e con loro i docenti di sostegno specializzati che li accompagnano nel percorso educativo di ogni giorno, riportando l’immagine della scuola italiana indietro di almeno 40 anni!”.

 Poi, ma non è secondario, c’è il problema della didattica, costretta ad adeguarsi alle esigenze di test che per gli insegnanti in protesta è un “inutile questionari che non misura realmente i progressi dei bambini”. “Pensi che i test Invalsi richiedono obbligatoriamente l’utilizzo della biro in seconda elementare – spiega un insegnate elementare – quando invece è ciascun insegnante che tenendo conto del progresso della classe sceglie se passare dalla matita alla biro in seconda o in terza elementare”.

 

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