Si tinge di giallo la giornata di consultazioni in Grecia per formare un governo di unità nazionale che permetta al Paese di mettere in pratica le misure di austerità volute dalla troika (Ue, Fmi e Bce) e soprattutto di rimanere nell’Eurozona. In un primo momento infatti era stato annunciato un accordo a tre tra i moderati di Nuova Democrazia, i socialisti del Pasok e i socialdemocratici di Sinistra Democratica. Notizia che era stata data dal leader del partito della sinistra radicale Syriza, Alexis Tsipras: “Hanno 168 deputati nel nuovo Parlamento – aveva commentato – hanno la maggioranza”. Un accordo che sarebbe dovuto durare per due anni.
In realtà a stretto giro di posta è arrivata la smentita secca e risentita del leader di Dimar, Sinistra Democratica appunto, Fotis Kouvelis: le affermazioni di Tsipras, ha detto, sono “bugie diffamatorie” e Tsipras “ha superato ogni limite di decenza politica”.
Kouvelis, in pratica, accusa il segretario di Syriza di aver spudoratamente mentito ai greci – con intento chiaramente denigratorio agli occhi dell’elettorato di sinistra – affermando che Sinistra Democratica aveva accettato di entrare a far parte di un governo di coalizione favorevole al piano di austerità (il cosiddetto “Memorandum”) concordato da Atene con i creditori internazionali. Vari analisti concordano nel ritenere che questa sera proprio Tsipras, parlando ad Atene ad una riunione di simpatizzanti del partito, in pratica aprirà la campagna elettorale per le prossime elezioni che potrebbero essere fissate a giugno.
Dal canto suo, nel commentare l’incontro avuto in mattinata con il capo dello Stato, il leader socialista Evangelos Venizelos ha detto di essere “limitatamente ottimista” in quanto la riunione era arrivata ad una “impasse” e l’unica speranza che resta per arrivare alla formanzione di un governo di unità nazionale è un eventuale accordo per tirare dentro anche il Sinistra Democratica di Kouvelis. Ma questo accordo, parola di Kouvelis, è molto di là da venire.
Verso nuove elezioni. Il lavoro del presidente della Repubblica Karolos Papoulias rischia così di diventare arduo, dopo i risultati delle elezioni di domenica scorsa, che hanno formatoun parlamento frammentato. Stamani Papoulias ha incontrato i leader dei tre partiti che hanno ottenuto più voti cioè, oltre a Tsipras, Nea Dimocratia e Pasok. Ma il vertice a tre non ha dato risultati, circostanza che fa riemergere con forza la possibilità che si torni alle urne già a giugno, fino a quando Papoulias potrebbe affidare l’ordinaria amministrazione del governo a alti magistrati della Corte suprema o della Corte dei Conti. Questo mese di ulteriore ritardo, tuttavia, mette la Grecia su uno scivolo, agli occhi dei vertici dell’Unione europea.
La posizione di Syriza. La sinistra radicale di Syriza, che non vorrebbe lasciare l’Ue ma vorrebbe una ricontrattazione delle misure di austerity, ha mantenuto la sua posizione, rifiutandosi di entrare o sostenere qualsiasi governo di coalizione. “Non ci chiedono solo di essere d’accordo, ma anche di essere complici” ha dichiarato oggi ancora Tsipras che ha chiesto al presidente di rendere pubblica la trascrizione dell’incontro di oggi in modo che “i cittadini possano trarre loro stessi le conclusioni”. “I partiti che ci hanno governato non solo non sono riusciti a cogliere il messaggio delle elezioni, ma ci ricattano anche. Nuova Democrazia, Pasok e i democratici di sinistra hanno 168 seggi in Parlamento. Possono andare avanti, se vogliono. La loro richiesta che Syriza faccia parte del governo è senza precedenti e illogica”
Incontri con le estreme. In serata sarebbero previste nuove consultazioni in serata tra Papoulias e i quattro partiti minori – i comunisti del Kke, Sinistra Democratica, Indipendenti di destra e i neonazisti di Alba Dorata – ma a questo punto non avranno, come minimo, senza colpi di scena.
I tentativi dei giorni scorsi. Ognuno dei tre esponenti politici usciti con più voti dalle elezioni nei giorni scorsi aveva provato a formare un governo senza riuscirvi. Prima ci aveva provato il capo di Nea Democratia Antonis Samaras, poi il leader del partito di sinistra Syriza Alexis Tsipras, infine il socialista del Pasok Venizelos. Al termine di rifiuti incrociati hanno dovuto tutti rimettere il mandato al presidente della Repubblica.
Il Paese in crisi. Dalle votazioni del 6 maggio i tentativi di dare forma ad un governo per la Grecia si sono scontrati con la dura realtà: il paese è sull’orlo del baratro con le casse dello Stato vuote, un tasso di disoccupazione al 20 per cento e lo spettro di un ritorno alla dracma. Insomma: chi si prenderà la responsabilità di governare dovrà prendere decisioni difficili e sicuramente impopolari sopratutto in materia di politica economica.